Tempi certi sulle decisioni anche in fase di riesame
Le più rilevanti modifiche apportate dalla legge 47/2015 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 23 aprile e in vigore dall’8 maggio) all’articolo 309 Cpp riguardano la disciplina dei termini che scandiscono il giudizio di riesame.
L’ordinanza applicativa di una misura coercitiva oggetto di impugnazione perde efficacia qualora gli atti sulla base della quale è stata adottata non pervengano al Tribunale entro il quinto giorno successivo a quello in cui sono stati richiesti e comunque se la decisione del giudice del riesame non interviene entro 10 giorni dalla ricezione dei suddetti atti. La disposizione è stata interpretata nel senso che entro il termine perentorio deve intervenire la deliberazione, non il deposito dell’ordinanza, completa della motivazione, che deve avvenire entro 5 giorni dalla deliberazione, termine la cui inosservanza è sfornita di sanzione processuale.
Questa linea interpretativa ha generato prassi che hanno comportato in molti casi l’eccessiva dilatazione dei tempi di deposito delle motivazioni. Il legislatore, pur scegliendo di mantenere l’assetto originario del giudizio di riesame, ha ora deciso di risolvere il problema configurando un termine perentorio anche per il deposito dell’ordinanza del giudice del riesame, termine quantificato in 30 giorni.
Conseguentemente, la caducazione della misura è stata estesa anche all’inosservanza di questo nuovo termine, oltre a quelli contemplati nei commi 5 e 9 dell’articolo 309 Cpp.
La congruità di questo nuovo termine è questione di opinioni ed è pertanto facile immaginare che non mancheranno lamentele sulla sua eccessiva dilatazione o denunce sulla sua brevità e sull’impatto che la sua introduzione avrà sulla tenuta della giurisdizione del riesame.
Il legislatore si è posto il problema della compatibilità di questo termine con i tempi necessari all’esame di provvedimenti cautelari spesso assai articolati. E in tal senso ha previsto che, qualora la stesura dell’ordinanza risulti particolarmente complessa in ragione del numero degli “arrestati” o per la gravità delle “imputazioni”, il Tribunale possa disporre per il deposito della motivazione un termine più lungo, comunque non eccedente i 15 giorni rispetto ai 30 assegnati in via ordinaria. Il comma 10 dell’articolo 309 non vincola il giudice a disporre la proroga al momento della decisione e appare dunque lecito ipotizzare la facoltà di provvedervi anche in seguito, con decreto, purché depositato in cancelleria in data certa anteriore alla scadenza del termine di trenta giorni.
Scelte analoghe sono state compiute dal legislatore con riguardo al deposito della motivazione dell’ordinanza adottata nell’appello cautelare ai sensi del comma 2 dell’articolo 310 Cpp, nel quale parimenti è stato introdotto in tal senso il termine di 30 giorni, eventualmente prorogabile fino a 45 se ricorrono i presupposti illustrati in precedenza.
Va peraltro precisato come in questo caso il termine – così come quello di 20 giorni previsto dalla stessa disposizione per la deliberazione – sia meramente ordinatorio, atteso che l’articolo 310 non richiama il comma 10 dell’articolo 309, né prevede in maniera autonoma la perdita di efficacia della misura ovvero altre sanzioni processuali per l’inosservanza dei termini nello stesso previsti.
La volontà di rendere effettivi i termini entro cui deve completarsi il giudizio di riesame ha portato il legislatore a intervenire anche sull’articolo 311 c.p.p., nel quale ha inserito il comma 5-bis: dove ha trovato collocazione la disciplina dei tempi del giudizio di rinvio a seguito dell’annullamento da parte della Cassazione di un provvedimento de libertate.
La giurisprudenza di legittimità afferma che nel giudizio di rinvio conseguente all’annullamento di un’ordinanza del Tribunale del riesame non trova applicazione la disciplina dei termini prevista dall’articolo 309 Cpp, bensì quella dettata dall’articolo 127.
La ritenuta inesistenza di termini perentori nel giudizio di rinvio la cui inosservanza comporti la caducazione della misura è apparsa al legislatore una stortura cui era necessario porre rimedio. E in tal senso la novella ha stabilito che la decisione e il deposito dell’ordinanza, qualora il rinvio sia stato disposto a seguito di ricorso dell’imputato (con conseguente esclusione degli annullamenti promossi dal pubblico ministero), debbano intervenire, rispettivamente, la prima entro 10 giorni dalla ricezione degli atti trasmessi a seguito dell'annullamento disposto dalla Cassazione e il secondo entro 30 giorni dalla decisione, pena la perdita di efficacia della misura cautelare.
In definitiva, il giudizio di rinvio è stato sostanzialmente equiparato a quello di riesame in ordine alla tempistica e alla sua perentorietà.