Civile

Titolo esecutivo giudiziale, no agli interessi maggiorati se non è specificato

Lo hanno chiarito le Sezioni unite civili, con la sentenza n. 12449 depositata ieri, con riguardo alla possibilità di applicare il saggio previsto per i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali

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di Francesco Machina Grifeo

Se il titolo esecutivo giudiziale - nella sua portata precettiva individuata sulla base del dispositivo e della motivazione - dispone il pagamento di “interessi legali”, senza alcuna specificazione e in mancanza di uno specifico accertamento del giudice della cognizione sulla spettanza di interessi, per il periodo successivo alla proposizione della domanda giudiziale, secondo il saggio previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (ex art. 1284, comma 4, c.c.), la misura degli interessi maturati dopo la domanda corrisponde al saggio previsto dall’art. 1284, comma 1, c.c., stante il divieto per il giudice dell’esecuzione di integrare il titolo. Lo hanno chiarito le Sezioni unite civili, con la sentenza n. 12449 depositata ieri, risolvendo un contrasto giurisprudenziale.

La questione parte dalla opposizione di una Spa al precetto per il pagamento di circa 115mila euro, oltre agli interessi maturandi sulla sorte capitale. La società aveva denunciato l’erroneo calcolo degli interessi di mora dal momento in cui era stata proposta la domanda giudiziale, nonostante il titolo esecutivo giudiziale non recasse la condanna al pagamento degli stessi con la decorrenza indicata (né vi era stata domanda in tal senso) ed il credito riconosciuto dal titolo giudiziale escludesse l’applicazione dell’articolo 1284, comma 4, cod. civ., trattandosi di credito risarcitorio ai sensi dell’articolo 2049 cod. civ.

A questo punto il Tribunale di Milano, avvalendosi del rinvio pregiudiziale introdotto dalla riforma Cartabia, ha posto alla Suprema corte il seguente quesito: «Se in tema di esecuzione forzata - anche solo minacciata - fondata su titolo esecutivo giudiziale, ove il giudice della cognizione abbia omesso di indicare la specie degli interessi al cui pagamento ha condannato il debitore, limitandosi alla loro generica qualificazione in termini di “interessi legali” o “di legge” ed eventualmente indicandone la decorrenza da data anteriore alla proposizione della domanda, si debbano ritenere liquidati soltanto gli interessi di cui all’art. 1284 primo comma c.c. o - a partire dalla data di proposizione della domanda - possano ritenersi liquidati quelli di cui al quarto comma del predetto articolo».

In sostanza la Corte è chiamata a chiarire se la mera previsione degli «interessi legali» nella pronuncia di condanna da parte del giudice della cognizione, possa essere interpretata, per la parte di interessi decorrenti dopo il momento della proposizione della domanda giudiziale, nei termini del saggio di interessi previsto dal comma quarto dell’articolo 1284 cod. civ., oppure se, per l’assenza di specificazioni nella decisione, il saggio degli interessi debba restare limitato a quello previsto dal primo comma della medesima disposizione.

La decisione riporta il testo dell’intera disposizione dell’articolo 1284 (“Saggio degli interessi”):
« 1. Il saggio degli interessi legali è determinato in misura pari al 5 per cento in ragione d’anno. Il Ministro del tesoro, con proprio decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana non oltre il 15 dicembre dell’anno precedente a quello cui il saggio si riferisce, può modificarne annualmente la misura, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell’anno. Qualora entro il 15 dicembre non sia fissata una nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l’anno successivo.
2. Allo stesso saggio si computano gli interessi convenzionali, se le parti non ne hanno determinato la misura.
3. Gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto; altrimenti sono dovuti nella misura legale.
 4. Se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
5. La disposizione del quarto comma si applica anche all’atto con cui si promuove il procedimento arbitrale
».

Il giudice dell’esecuzione, al cospetto del titolo esecutivo giudiziale, spiega la Corte, non ha poteri di cognizione, ma deve limitarsi a dare attuazione al comando contenuto nel titolo esecutivo medesimo, mediante un’attività che ha natura rigorosamente esecutiva. Se il titolo esecutivo è silente, continua la decisione, il creditore non può conseguire in sede di esecuzione forzata il pagamento degli interessi maggiorati, stante il divieto per il giudice dell’esecuzione di integrare il titolo, ma deve affidarsi al rimedio impugnatorio. Il titolo esecutivo giudiziale, nel dispositivo e/o nella motivazione, alla luce del principio di necessaria integrazione di dispositivo e motivazione ai fini dell’interpretazione della portata del titolo, deve così contenere la previsione della spettanza degli interessi maggiorati.

Da qui l’enunciazione del seguente principio di diritto: “Ove il giudice disponga il pagamento degli «interessi legali» senza alcuna specificazione, deve intendersi che la misura degli interessi, decorrenti dopo la proposizione della domanda giudiziale, corrisponde al saggio previsto dall’art. 1284, comma 1, cod. civ. se manca nel titolo esecutivo giudiziale, anche sulla base di quanto risultante dalla sola motivazione, lo specifico accertamento della spettanza degli interessi, per il periodo successivo alla proposizione della domanda, secondo il saggio previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”.

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