Penale

Traffico di influenze illecite, non conta che il "faccendiere" sfoggi conoscenze effettive o soloapparenti

La ratio fondante della legge Spazzcorrotti intende prevenire "qualunque" pericolo della corresponsione di indebite utilità

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di Pietro Alessio Palumbo

La scelta operata dal legislatore italiano con la legge anticorruzione del 2012, mediante l'introduzione del nuovo reato di traffico di influenze illecite e il contestuale mantenimento in vita della figura del millantato credito, aveva posto una serie di problemi interpretativi e di coordinamento non facilmente risolvibili, sui quali la stessa giurisprudenza di legittimità aveva fornito risposte disomogenee; e che, comunque, rendevano "sdrucciolevoli" e discutibili i confini tra le due fattispecie, nonché difficile la prova in giudizio. Ebbene con la recente sentenza n. 1869/2021, la Corte di Cassazione ha dissipato le nebbie interpretative fattesi ancor più fitte in seguito alla successiva legge cosiddetta Spazzacorrotti del 2019, chiarendo che la ratio fondante del nuovo intervento normativo ha trovato il fuoco più intenso proprio nel prevenire "qualunque" pericolo della corresponsione di indebite utilità a un "faccendiere": che abbia le "giuste" relazioni, ovvero semplicemente le ostenti a una vittima di "credulità". Ossia a prescindere dal fatto che la relazione di influenza "sfoggiata" si traduca poi concretamente in un contatto con i pubblici ufficiali e nella possibilità di una concreta corruzione di questi ultimi. A ben vedere, in ogni caso, la "faccenda" crea il significativo rischio che un pubblico ufficiale possa essere "avvicinato" e persuaso a corruzione. In altre parole il disvalore del fatto sta nella compravendita stessa di una mediazione illecita: condotta di per sé meritevole di sanzione, in quanto (anche solo) potenzialmente suscettibile di produrre "forze distorsive" della pubblica funzione.

Il buon nome dell'Amministrazione pubblica
Il "millantare credito" è stato inizialmente interpretato come vanteria di un'influenza inesistente, idonea a ingannare il cosiddetto "compratore di fumo", il quale, credendo alle parole del millantatore, cede il denaro destinato a compensare una (presunta) mediazione. Successivamente, accentuando le valutazioni sul presupposto che il reato in questione è stato concepito per tutelare il "prestigio" della Pubblica amministrazione, l'attenzione degli interpreti si è focalizzata sulla (essenziale) condotta dell'agente che si fa dare il denaro. Si è così consolidato l'indirizzo secondo cui, per integrare la millanteria, non è necessaria una condotta ingannatoria o raggirante, dal momento che a bene vedere, ciò che rileva è la vanteria dell'influenza sul pubblico ufficiale, che, da sola, a prescindere dai rapporti effettivamente intrattenuti, offende l'immagine della Pubblica amministrazione.

Legge "Spazzacorrotti" e continuità normativa
In seguito alla novella introdotta dalla cosiddetta Legge Spazzacorrotti del 2019 è stato affermato che sussiste continuità normativa tra il reato di millantato credito, formalmente abrogato dalla stessa legge e quello di traffico di influenze, atteso che in quest'ultima fattispecie risultano ricomprese le condotte di chi, "ostentando" un'influenza, effettiva o meramente affermata, presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, si faccia dare denaro ovvero diversa utilità quale "prezzo" della propria mediazione. Invero il Legislatore del 2019 ha riscritto la formulazione del delitto di traffico di influenze illecite previsto dall'articolo 346-bis e vi ha incorporato la condotta già sanzionata sotto forma di millantato credito nella disposizione precedente. In particolare il comma primo dell'articolo 346-bis punisce la condotta di chi sfruttando o vantando relazioni "esistenti" ovvero "asserite" con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o differente utilità quale contropartita del proprio "intervento" illecito verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio. In altri termini, la nuova ipotesi di traffico di influenze illecite punisce la condotta del soggetto che si sia fatto dare o promettere da un privato vantaggi personali rappresentandogli la possibilità di intercedere presso un pubblico funzionario, a prescindere – si badi – dalla reale sussistenza delle "giuste" conoscenze.

La normativa sovranazionale
Va precisato al riguardo che la doppia punibilità, sia di chi dà, sia di chi riceve il vantaggio indebito per il traffico illecito d'influenze, è stata imposta al Legislatore dalla necessità di adeguamento agli obblighi assunti dal nostro Paese sul piano delle Convenzioni internazionali. Queste ultime, invero, non distinguono affatto la posizione degli aderenti al patto - il "compratore" e il "venditore" dell'influenza - entrambi ugualmente punibili per le rispettive condotte; né distinguono a seconda delle dinamiche intersoggettive sottese alla conclusione dell'accordo. In altre parole, nelle normative sovranazionali, l'eventuale "inganno" di una parte a danno della "credulità" dell'altra e il conseguente errore sul buon esito dell'operazione non incidono in alcun modo sulla configurabilità della fattispecie e sulla responsabilità dei soggetti coinvolti.

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