Traffico di influenze, quando la condotta finalizzata all’abuso d’ufficio è ancora reato
La Cassazione, sentenza n. 5041 depositata oggi, ha respinto il ricorso dell’ex Sindaco di Roma Gianni Alemanno che chiedeva la revoca della condanna dopo l’abolizione del reato di abuso d’ufficio
A seguito dell’abrogazione del delitto di abuso d’ufficio, non può essere revocata la sentenza di condanna per “traffico di influenze illecite”, qualora la condotta sia riconducibile alla nuova fattispecie di reato di “indebita destinazione di denaro o beni mobili”, prevista dall’art. 314-bis cod. pen. (introdotto dall’art. 9 Dl 4 luglio 2024, n. 92. Con questa motivazione la Prima Sezione penale, sentenza n. 5041 depositata oggi, ha respinto il ricorso dell’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno.
Il politico ricorreva contro l’ordinanza con cui, nell’ottobre del 2024, la Corte di appello di Roma (come giudice dell’esecuzione) aveva rigettato l’istanza di revoca parziale della condanna (del 2022) che la difesa proposto motivandola con la sopravvenuta abrogazione dell’abuso d’ufficio (art. 323 c.p.).
Va ricordato che nei giorni scorsi, la Suprema corte, sentenza n. 4520/2025 della VI Sezione penale, aveva affermato che la nuova fattispecie di “indebita destinazione” interviene solo sulle condotte di “abuso distrattivo” di fondi pubblici, finora sussunte nell’abuso d’ufficio (articolo 323 cod. pen.), quelle cioè consistenti nel «mero mutamento della destinazione di legge del denaro o delle cose mobili pubbliche», pur sempre compatibili con i fini istituzionali dell’ente di appartenenza dell’agente pubblico. Le condotte di indebita destinazione, originariamente ascrivibili alla fattispecie di abuso di ufficio, spiegava la Cassazione, stante la continuità nella rilevanza penale, continueranno ad essere punibili ai sensi dell’articolo314-bis cod. pen.. Fermo restando che quest’ultima previsione realizza comunque una parziale abolitio criminis, rendendo non più punibili, tra l’altro, le condotte distrattive che non comportino violazioni di specifiche disposizioni di legge, da cui non residuino margini di discrezionalità. Mentre, concludeva sul punto, non risulta modificato l’ambito applicativo del peculato ex art. 314 Cp.
E allora, prosegue la decisione, tirando le fila, si osserva che la finalità illecita perseguita, quello cioè che aveva ad oggetto l’utilizzazione di risorse pubbliche per pagare debiti in violazione (Cassazione n. 40518 del 2021) della normativa sui pagamenti della pubblica amministrazione, già sussumibile nella fattispecie incriminatrice dell’abuso d’ufficio, continua oggi ad assumere rilievo penale nella misura in cui, pur in presenza di un oggettivo, concorrente interesse della pubblica amministrazione (ciò che esclude la qualificazione come peculato di cui all’art. 314 cod. pen.), esprimeva l’intento di realizzare una destinazione dei beni ad un uso diverso da quello previsto da specifiche disposizioni di legge dai quali non residuano margini di discrezionalità, intenzionalmente procurando a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o ad altri un danno ingiusto.
E allora, prosegue la I Sezione, si deve prendere atto che la Cassazione (40518/2021) nel qualificare la condotta di Alemanno come finalizzata alla consumazione da parte dei soggetti operanti nel Comune di Roma e nelle società pubbliche interessate (nei cui confronti si era impegnato ad intervenire ed è intervenuto) di un delitto di abuso di ufficio, secondo l’ultima formulazione dell’art. 323 cod. pen., “ha esplicitamente qualificato le norme destinate ad essere violate come regole di condotta previste dalla legge sugli enti locali dalle quali non residuano margini di discrezionalità, sicché tale punto non può essere rimesso in discussione in questa sede”. Identiche conclusioni, prosegue, valgono in relazione all’elemento soggettivo e ai restanti elementi rispetto ai quali, alla stregua delle superiori considerazioni, si è giustificata la conclusione della continuità normativa.
Pertanto, agli effetti dell’art. 314-bis cod. pen., conclude la Cassazione “si deve affermare la puntuale continuità normativa con l’abrogato art. 323 cod. pen. quale norma incriminatrice nella quale è sussumibile l’obiettivo perseguito dall’imputato”.
In definitiva, in tema di delitti contro la pubblica amministrazione, la I Sezione penale ha affermato che, a seguito dell’abrogazione del delitto di abuso d’ufficio, non è suscettibile di revoca, ex art. 673 cod. proc. pen., la sentenza di condanna per il delitto di traffico di influenze illecite, con riguardo al quale il giudice della cognizione abbia ritenuto che l’illiceità dell’interferenza derivasse dalla sua finalizzazione alla realizzazione del delitto di abuso di ufficio, nel caso in cui la condotta cui l’interferenza era finalizzata conservi disvalore penale a norma dell’art. 314-bis cod. pen., introdotto dall’art. 9 d.l. 4 luglio 2024, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2024, n. 112.