Civile

Transazione fiscale imposta dal tribunale anche senza l’ok del Fisco

Lo prevede un emendamento al Dl 125/2020 che anticipa una previsione contenuta nel Codice della crisi

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di Giulio Andreani

Il tribunale può omologare gli accordi di ristrutturazione e il concordato preventivo anche senza l’adesione dell’amministrazione finanziaria alla proposta di transazione fiscale formulata dalle imprese nell’ambito di tali procedimenti, quando:
- l’adesione è decisiva al fine del raggiungimento delle percentuali dei crediti previste per la omologazione degli accordi stessi e
- il soddisfacimento dei crediti fiscali offerto dall’impresa debitrice sia, anche sulla base delle risultanze dell’attestazione resa da un professionista indipendente, più conveniente di quello derivante dall’alternativa liquidazione.

L’emendamento

È questo l’effetto dell’emendamento approvato lo scorso 11 novembre dalla commissione Affari costituzionali del Senato in sede di conversione del Dl 7 ottobre 2020, n.125, con cui vengono integrati gli articoli 180, 182-bis e 182-ter della legge fallimentare, anticipando nella sostanza l’entrata in vigore di alcune disposizioni previste dal Codice della crisi d’impresa (articoli 48, comma 5, 63 e 88) e del decreto correttivo di tale Codice.

L’emendamento pone rimedio a due delle principali criticità emerse nel corso degli anni in merito all’attuazione della transazione fiscale, costituite, una, dal ritardo con cui gli uffici dell’agenzia delle Entrate di solito esaminano le proposte di transazione fiscale e, l’altra, dal fatto che talvolta tali uffici hanno mostrato di rigettare delle proposte di transazione, sebbene fossero più convenienti per l’Erario di qualsiasi altra soluzione, solo perché prevedevano il soddisfacimento dei crediti tributari in misura percentualmente troppo limitata.

È una prassi errata, poiché il Fisco non dispone di una discrezionalità tale da poter approvare o respingere liberamente le proposte di transazione fiscale che gli vengono formulate, ma deve approvarle se sono più convenienti delle alternative possibili e respingerle nel caso opposto. Ciò nonostante questo (talvolta) è stato l’approccio adottato; ora dovrà essere modificato, perché altrimenti provvederà il tribunale.

La tansazione contributiva

Le medesime norme si applicano anche in merito alla transazione contributiva. Verranno quindi meno le disposizioni previste dal decreto 4 agosto 2009, le quali condizionano l’approvazione delle transazioni contributive al pagamento integrale dei contributi e dei premi, limitano la riduzione degli oneri accessori e non consentono dilazioni di pagamento superiori a sessanta mesi; conseguentemente i benefici conseguibili attraverso di esse sono estremamente contenuti e generalmente irrilevanti ai fini del risanamento aziendale di chi formula la proposta di transazione.

Grazie alle nuove norme non sarà più così: potranno essere falcidiati anche i debiti relativi al mancato versamento dei contributi e le dilazioni potranno essere adeguate alle esigenze finanziarie delle imprese debitrici.

Le lacune

Si deve tuttavia segnalare una lacuna da colmare nella disposizione introdotta nell’articolo 182-bis della legge fallimentare, relativa all’accordo di ristrutturazione dei debiti. Essa infatti non prevede il termine allo spirare del quale si può ritenere mancante l’adesione alla proposta, che il Codice della crisi individua invece (articolo 63, comma 2) con precisione nel sessantesimo giorno successivo a quello di deposito della proposta di transazione (modificato nel novantesimo giorno dal decreto correttivo). Un’analoga lacuna non sussiste peraltro relativamente al concordato.

Infine, è auspicabile che sia prevista l’applicazione delle norme di cui trattasi anche alle proposte già presentate alla data della loro entrata in vigore: essendo disposizioni utili, perché dovrebbero valere solo per i procedimenti non ancora avviati?

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