Lavoro

Trasferimento d'azienda: derogabile l'art. 2112 c.c. in tutte le procedure concorsuali liquidatorie

Nota a Cass. sez. lavoro, sent. 14.09.2021 n. 24691, Pres. Raimondi , Rel. Boghetich

di Gianfranco Benvenuto*

La Cassazione, con la sentenza del 14 settembre 2021 n. 24691 , offre un contributo decisivo nell'interpretazione dell'art. 47 L. 428/1990 applicabile, con riguardo ai diritti dei lavoratori, ai trasferimenti di aziende in crisi.

Gli interessi che si affrontano (o che si scontrano) sono, da un lato, la tutela dei diritti individuali di tutti i lavoratori e, dall'altro, il diritto ad una libera e agevole circolazione dell'impresa i cui ostacoli alla riduzione del personale eccedentario possono costituire un tema di insormontabile difficoltà.

Come è noto, l'art. 47 della L. 428/90 rispettivamente nei commi 4bis e 5 , detta le regole di comportamento delle parti in caso di trasferimento di azienda in crisi, distinguendo il caso in cui l'imprenditore si proponga il superamento della crisi attraverso procedure quali il concordato, l'accordo di ristrutturazione dei debiti, o l'amministrazione straordinaria che presuppongano la continuità aziendale, dal caso in cui le procedure concorsuali, tra cui il fallimento, siano orientate alla liquidazione del patrimonio e attraverso essa si propongano di soddisfare i creditori.

Il confine è dettato dall'art. 2112 c.c. la cui normativa è derogabile o meno a seconda che si ricada in uno dei due differenti commi.

La Cassazione, con la sentenza n. 10414/2020 , aveva già chiarito il perimetro del comma 4bis dell'art. 47 L. 428/90 stabilendo che, in caso di continuazione o di mancata cessazione dell'attività in seno ad una procedura concorsuale, le modifiche al rapporto di lavoro che possono intervenire grazie all'accordo con le rappresentanze sindacali possono riguardare solo le condizioni di lavoro fermo restando il trasferimento dei rapporti di lavoro al cessionario.

Quanto, invece, al comma 5, la Cassazione, con la sentenza n. n. 31946/2019 ne ha esteso l'operatività, con conseguente disapplicazione dell'art. 2112 c.c., alle ipotesi di concordato preventivo ove sia accertata l'impossibilità della continuazione dell'attività.

E', appunto, su tale aspetto che si coglie appieno il carattere innovativo della sentenza in commento che ha riconosciuto la piena derogabilità dell'art. 2112 c.c., anche in termini di riducibilità di personale eccedentario, in tutte le procedure concorsuali liquidatorie e fallimentare, in quanto entrambe sono ontologicamente ed esclusivamente preordinate alla liquidazione della società, non occorrendo il requisito della cessazione dell'attività di impresa.

L'espressione di novità è costituita dall'assunto che, la temporanea continuità aziendale non contraddice la funzione liquidativa della procedura, rappresentando eventuali sintomi della prosecuzione dell'attività, quali l'affitto o la vendita del ramo d'azienda, solamente strumenti finalizzati a conservare ed incrementare il valore di avviamento dell'azienda sul mercato per un maggior soddisfacimento dei creditori.

In definitiva, in caso di concordato, è possibile derogare in toto all'art. 2112 c.c. se la procedura ha un fine liquidatorio ed esprime l'obiettivo di destinare tutto il patrimonio aziendale come risorsa per soddisfare il ceto creditorio. Quando, invece, la procedura mira ad utilizzare il patrimonio aziendale come risorsa per la continuazione dell'attività di impresa, allora saranno possibili solo le più timide deroghe previste dal comma 4bis dell'art. 47 l. 428/90.

Tuttavia, il nuovo orientamento espresso della giurisprudenza di legittimità, non pare conformarsi al testo dell'art. 47 L. 428/90 che dal 16 maggio 2022 entrerà in vigore.
Infatti, l' art. 368 del D.Lgs. n. 14/2019 (c.d. Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza), avvicinandosi alla direttiva 2001/23/CE - concernente il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese o parti di esse - ha riformato i commi 4bis e 5 dell'art. 47 L. 428/90:
-Nel comma 4bis, rimuovendo la possibilità (equivoca) del "mantenimento anche parziale dell'occupazione";
-Nel comma 5, invece, stabilendo come regola base che "i rapporti di lavoro continuano con il cessionario" ed escludendo dunque la prospettiva datoriale di ridurre il personale per facilitare la ristrutturazione, facendo salva solo la possibilità di accordi individuali da sottoscriversi nelle sedi protette di cui all'art. 2113 c.c..

In conclusione, la Cassazione sembra giunta in ritardo a fare chiarezza su di una norma il cui disposto è destinato a cambiare nei prossimi mesi in una prospettiva che non favorirà più la ristrutturazione dell'impresa ma costringerà gli imprenditori a ridurre il costo del lavoro attraverso "vie alternative", anche senza richiedere come passaggio necessario l'accordo con la controparte sindacale, come ad esempio quella delle conciliazioni individuali plurime ex art. 2113 c.c..

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*A cura dell' Avv. Gianfranco Benvenuto, Studio legale Gianfranco Benvenuto

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