Società

Trasformazioni cross-border con regole Ue

La società trasformata viene cancellata dal Paese d’origine e rispetta la legge locale

di Angelo Busani

Fusione transfrontaliera quasi integralmente revisionata e introduzione, per la prima volta, nel nostro ordinamento, di norme regolatrici delle operazioni di scissione e trasformazione cross-border: sono le novità recate dal decreto legislativo, approvato dal Consiglio dei ministri il 23 febbraio scorso in attuazione della direttiva (Ue) 2019/2121 che modifica la direttiva (Ue) 2017/1132 in tema di trasformazioni, fusioni e scissioni transfrontaliere.

Le nuove norme si applicano alle operazioni per le quali il relativo progetto sia depositato dal 3 luglio 2023 in avanti; se il progetto è depositato in data precedente, l'operazione si attua con le regole oggi vigenti.

La normativa in questione si applica sia alle operazioni effettuate tra società italiane e società regolate dalla legge di uno Stato Ue (sono queste le operazioni “transfrontaliere”) sia alle operazioni tra società italiane e società regolate dalla legge di Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea (queste sono le operazioni “internazionali”).

A prima vista, il termine “trasformazione” inganna: l'operazione in effetti consiste nel trasferimento di sede all'estero di una società italiana (e, viceversa, nel trasferimento di sede in Italia di una società straniera) con sottoposizione della società trasformata alla legge del Paese di destinazione e sua cancellazione nello Stato di partenza.

Il procedimento prevede l'elaborazione di un “progetto” da parte dell'organo amministrativo e poi la sua approvazione da parte dei soci; dopo di che una autorità del Paese di partenza (in Italia è il notaio) emette il certificato “preliminare”, attestante il regolare adempimento del procedimento. In ultimo, una autorità operante nello Stato di destinazione emana un attestato di eseguito controllo di legalità (il certificato “definitivo”), finalizzato a dare efficacia all'operazione.

La nuova normativa abroga il Dlgs 108/2008 che attualmente regola la fusione, riscrive quali tutte le norme inerenti a questa materia e, dettando regole “specchiate” rispetto a quelle relative alla fusione, disciplina le operazioni di scissione cross-border, fino a oggi effettuate in mancanza di una esplicita regolamentazione.

Il procedimento è analogo a quello attualmente praticato: si parte dal progetto comune, lo si sottopone all'approvazione assembleare, vi è il rilascio del certificato preliminare, si stipula l'atto pubblico di fusione o scissione e, infine, una volta rilasciato il certificato definitivo, si iscrive tale atto nel Registro imprese (o nel corrispondente Registro straniero). Vi sono però importanti novità, che, a prima vista, complicheranno non poco la procedura rispetto a quanto attualmente accade. In particolare:
O la relazione degli amministratori al progetto comune dovrà menzionare se la società italiana abbia ricevuto benefici pubblici nonché se vi siano eventuali procedimenti di revoca o di decadenza da tali benefici;
O è inoltre previsto che il certificato preliminare sia oggetto di una richiesta formale, la quale dovrà essere corredata da una complicata certificazione inerente all'esistenza di debiti della società italiana nei confronti di amministrazioni o enti pubblici.

A sua volta, il certificato preliminare dovrà dar conto della eventuale concessione dei predetti benefici pubblici, della loro restituzione o dell'esistenza di garanzie inerenti alla loro restituzione.

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