Civile

Tribunali civili: le principali sentenze di merito della settimana

La selezione delle pronunce della giustizia civile nel periodo compreso tra il 2 e il 6 maggio 2022

di Giuseppe Cassano


Nel corso di questa settimana le Corti d'Appello sono chiamate a pronunciarsi in tema di contratti pubblici, conto corrente bancario, impresa in liquidazione coatta amministrativa (e tutela dei creditori), obbligazioni pecuniarie (e maggior danno).
Da parte loro i Tribunali si soffermano su contratto di locazione, inquadramento del lavoratore subordinato, società di capitali, appalto privato, divisione della comunione e, infine, diritto di autore.


CONTRATTI PUBBLICI
Contratti pubblici - Atto di risoluzione – Natura giuridica
(Cc, articolo 1456; Dlgs 18 aprile 2016 n. 50, articolo 108)
Precisa la Corte d'Appello di Milano come l'atto di risoluzione di un contratto di concessione di servizi non possa essere qualificato quale provvedimento amministrativo.
Invero, tale atto di risoluzione, adottato in base all'art. 108, III, D.Lgs. n. 50/2016, è espressivo della capacità generale di diritto privato della Pubblica Amministrazione e inerisce ad un'attività paritetica con riguardo ai soggetti privati, risolvendosi in un'ipotesi speciale di risoluzione per inadempimento.
Alla luce della natura privatistica del suddetto atto consegue, secondo l'argomentare dell'adito Collegio giudicante, come sia del tutto trascurabile ogni indagine circa la sussistenza di eventuali vizi formali.
Ne consegue altresì che le controversie che hanno ad oggetto il provvedimento di risoluzione anticipata del contratto adottato per grave inadempimento (grave irregolarità e grave ritardo) ex art. 108, III, in esame sono devolute alla cognizione del Giudice Ordinario, perché attinenti alla fase esecutiva e per la ragione che l'atto risolutivo va qualificato come una forma di autotutela contrattuale riconosciuta alla Pubblica Amministrazione che incide sul diritto soggettivo del contraente privato.
In particolare, la risoluzione anticipata del contratto disposta autoritativamente è di competenza del Giudice Ordinario solo se incide su un rapporto di natura privatistica in cui le parti sono in condizione di parità, come nel caso dell'inadempimento delle obbligazioni poste a carico dell'appaltatore, non implicando l'esercizio di poteri discrezionali dell'Amministrazione.
Così pure nel caso in cui l'Amministrazione pubblica ottenga la risoluzione del contratto invocando la clausola risolutiva espressa, ex art. 1456 c.c., la controversia tra le parti contraenti appartiene alla giurisdizione ordinaria per essere l'atto risolutivo esercizio di diritto potestativo governato dal diritto comune e non di poteri autoritativi di matrice pubblicistica dell'amministrazione pubblica nei confronti del privato.
(Appello Milano, sezione IV, 2 maggio 2022 n. 1411 )

CONTO CORRENTE BANCARIO
Conto corrente bancario - Addebiti – Contestazione – Onere della prova
(Costituzione, articolo 24; Cc, articolo 2697)
Sottolinea in sentenza la Corte d'Appello di Palermo come, nell'ipotesi in cui venga esperita un'azione di accertamento negativo del debito da parte del correntista, fondata sulla illiceità degli addebiti operati dalla controparte (istituto di credito) in relazione al rapporto inter partes (conto corrente bancario), elementi costitutivi dell'azione devono considerarsi le dedotte nullità, nonché la misura in cui le stesse hanno, eventualmente, inciso sulle reciproche ragioni di dare e avere, e, dunque, l'inesistenza in tutto o in parte della pretesa creditoria.
E quindi, nel caso in cui sia il correntista ad agire in giudizio ordinario, formulando domanda di accertamento negativo del debito e/o conseguenzialmente di ripetizione di indebito, è onere dell'attore provare i fatti costitutivi della domanda (ex art. 2697 c.c.), cosicché egli dovrà produrre in giudizio, oltre al contratto di cui sono contestate le pattuizioni, la sequenza completa degli estratti conto idonei a ricostruire il credito risultante a suo favore.
Si precisa sul punto come l'onere probatorio gravante, a norma della richiamata disposizione codicistica, su chi intenda far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisca la modifica o l'estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga quando abbia ad oggetto "fatti negativi", in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo; ciò è vero tanto più se l'applicazione di tale regola dia luogo ad un risultato coerente con quello derivante dal principio della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova, riconducibile all'art. 24 Cost. e al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l'esercizio dell'azione in giudizio.
Tuttavia, è anche vero che, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo.
( Appello Palermo, sezione III, 4 maggio 2022 n. 734)

IMPRESA IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA
Impresa in liquidazione coatta amministrativa – Creditori – Tutela
(Rd 16 marzo 1942 n. 267, articolo 52)
Il quadro normativo di riferimento per la decisione in esame, resa dalla Corte d'Appello di Napoli, è dato essenzialmente dall'art. 52 R.D. n. 267/1942 (L.F.) le cui previsioni, in quanto inserite nel Titolo II, Capo III, sezione II della citata Legge Fallimentare, si applicano (pur con talune peculiarità) anche alle imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, a decorrere dalla data del provvedimento che la ordina.
Rilevano, in particolare, i primi due commi delle norma secondo cui, da un lato, il fallimento <<apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito>> e, ancora, dall'altro lato, ogni credito, nonché ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, deve essere accertato secondo le norme stabilite dalla Legge Fallimentare.
In punto di diritto l'adita Corte afferma così che qualsiasi credito nei confronti di un'impresa posta in liquidazione coatta amministrativa dev'essere fatto valere in sede concorsuale, nell'àmbito del procedimento di verifica affidato al commissario liquidatore, mentre il Giudice può conoscerne in sede ordinaria solo in un momento successivo, sulle opposizioni o impugnazioni dello stato passivo formato in detta sede.
Di conseguenza di determina una situazione di improponibilità, o, se proposta, di improseguibilità della domanda, che concerne sia le domande di condanna che quelle di mero accertamento del credito, sicché la domanda formulata in sede di cognizione ordinaria diventa improcedibile in virtù di norme inderogabilmente poste a tutela del principio della par condicio creditorum.
(Appello Napoli, sezione VII, 5 maggio 2022 n. 1915)

OBBLIGAZIONI PECUNIARIE
Obbligazioni pecuniarie – Maggior danno – Riconoscimento
(Cc, articoli 1224 e 1284)
Afferma in punto di diritto l'adita Corte d'Appello di Roma che: a) nelle obbligazioni pecuniarie, in difetto di discipline particolari dettate da norme speciali, il maggior danno – art. 1224, II, c.c. - rispetto a quello già coperto dagli interessi legali moratori non convenzionali che siano comunque dovuti è in via generale riconoscibile in via presuntiva, per qualunque creditore che ne domandi il risarcimento nell'eventuale differenza, a decorrere dalla data d'insorgenza della mora, tra il tasso del rendimento medio annuo netto dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e il saggio degli interessi legali determinato per ogni anno ai sensi del primo comma dell'art. 1284 c.c.; b) il creditore che domandi a titolo di maggior danno una somma superiore a tale differenza è tenuto ad offrire la prova del danno effettivamente subìto, quand'anche sia un imprenditore, mediante la produzione di idonea e completa documentazione, e ciò sia che faccia riferimento al tasso dell'interesse corrisposto per il ricorso al credito bancario sia che invochi come parametro l'utilità marginale netta dei propri investimenti; e) in entrambi i casi la prova potrà dirsi raggiunta per l'imprenditore solo se, in relazione alle dimensioni dell'impresa e all'entità del credito, sia presumibile, nel primo caso, che il ricorso o il maggior ricorso al credito bancario abbia effettivamente costituito conseguenza dell'inadempimento, ovvero che l'adempimento tempestivo si sarebbe risolto nella totale o parziale estinzione del debito contratto verso le banche e, nel secondo caso, che la somma sarebbe stata impiegata utilmente nell'impresa.
( Appello Roma, Impresa, 6 maggio 2022 n. 3013)

CONTRATTO DI LOCAZIONE
Contratto di locazione – Cessione del contratto – Limiti
(Legge 27 luglio 1978 n. 392, articolo 6)
Il Tribunale di Milano si sofferma (tra l'altro) sull'incidenza nel contratto di locazione del provvedimento di assegnazione giudiziale della casa coniugale ricordando come, a mente dell'art. 6, II, L. n. 392/1978, in caso di separazione giudiziale il coniuge cui sia stata assegnata dal Tribunale la casa familiare succede all'altro coniuge nel contratto di locazione.
La norma de qua regola dunque l'ipotesi della separazione personale del conduttore in caso di assegnazione della casa coniugale all'altro coniuge (che si realizza in prevalenza in quanto affidatario dei figli), e tutela il superiore interesse di questi a mantenere il proprio ambiente familiare nel momento della crisi della famiglia con il subentro dell'affidatario nel contratto di locazione che prosegue alle stesse condizioni.
Identica regola opera per l'ipotesi che la separazione, iniziata conflittualmente, si traduca in una separazione consensuale, ove l'identico problema di tutela del minore e del genitore affidatario al mantenimento dell'ambiente familiare va risolto nello stesso modo (trattandosi non di un mero accordo privato, ma di una regolamentazione consensuale delle condizioni della separazione controllata dal tribunale con l'omologazione e già da allora privilegiata come formula meno conflittuale di composizione della crisi, da incoraggiare e sostenere con adeguate tutele).
La disposizione de qua prevede dunque un'ipotesi di cessione del contratto ex lege in favore del coniuge assegnatario, con effetto immediato, e comporta l'automatica estinzione del rapporto in capo al coniuge originariamente conduttore. Il coniuge assegnatario subentra, così, in tutti i diritti e gli obblighi non ancora esauriti facenti capo a quest'ultimo.
Tale norma - si precisa ancora in sentenza - conferisce al coniuge del conduttore deceduto il diritto di succedere nel contratto di locazione, così come conferisce lo stesso diritto, in caso di separazione giudiziale, al coniuge, non titolare del rapporto locatizio, cui il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal Giudice.
Qualora, tuttavia, il provvedimento di omologazione della separazione giudiziale personale di un coniuge porti una data successiva alla cessazione "de iure" del contratto di locazione, al coniuge non assegnatario fa capo solo una situazione di occupazione "de facto" e pertanto non sono integrati gli estremi per la successione del coniuge assegnatario della casa familiare nel relativo contratto di locazione (tale subentro presupponendo la sussistenza di un contratto di locazione in corso tra le parti de iure).
( Tribunale Milano, sezione XIII, 3 maggio 2022 n. 3789)

LAVORO SUBORDINATO
Lavoro subordinato – Inquadramento – Onere della prova
(Cc, articoli 1218, 2013 e 2103)
In sentenza il Tribunale di Roma osserva come, nel procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell'inquadramento di un lavoratore subordinato, non possa prescindersi da un motivato percorso articolato in tre fasi tra di loro ordinate in successione, e cioè: dall'accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, dall'individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e dal raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda.
L'accertamento della natura delle mansioni concretamente svolte dal dipendente, ai fini dell'inquadramento del medesimo in una determinata categoria di lavoratori, costituisce comunque giudizio di fatto riservato al giudice del merito ed è insindacabile, in sede di legittimità, se sorretto da logica ed adeguata motivazione.
Consegue che il lavoratore, che invochi l'inquadramento in una qualifica superiore, deve indicare specificamente quali siano i profili caratterizzanti le mansioni di detta qualifica, raffrontandoli con quelli concernenti le mansioni che egli deduce di avere concretamente svolto e deve inoltre dimostrare la natura ed il periodo di tempo durante il quale le mansioni sono state svolte, il contenuto delle disposizioni individuali, collettive o legali in forza delle quali la superiore qualifica viene rivendicata, la coincidenza delle mansioni svolte con quelle descritte dalla norma individuale, collettiva o legale.
È bene poi ricordare come il divieto di variazione peggiorativa, sancito dall'art. 2103 c.c., escluda che al prestatore di lavoro possano essere affidate, anche se soltanto secondo un criterio di equivalenza formale, mansioni sostanzialmente inferiori a quelle in precedenza disimpegnate, dovendo il Giudice di merito accertare, in concreto, se le nuove mansioni siano aderenti alla competenza professionale specifica del dipendente, salvaguardandone il livello professionale acquisito e garantiscano al contempo lo svolgimento e l'accrescimento delle sue capacità professionali (l'equivalenza dovendo essere valutata in concreto dal giudice di merito, al fine di verificare che le nuove mansioni siano aderenti alla specifica competenza tecnico professionale acquisita dal dipendente).
Né basta, al fine di giustificare il demansionamento, la generica deduzione di una ragione riorganizzativa aziendale, posto che, quando il lavoratore alleghi un demansionamento riconducibile ad inesatto adempimento dell'obbligo gravante sul datore di lavoro ai sensi dell'art. 2103 c.c., su quest'ultimo incombe l'onere di provarne l'esatto adempimento o attraverso la prova della mancanza in concreto del demansionamento, ovvero attraverso la prova della sua giustificazione per il legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali (dimostrando l'inesistenza, all'interno del compendio aziendale, di altro posto di lavoro disponibile, equiparabile al grado di professionalità in precedenza raggiunto dal lavoratore) o disciplinari oppure, in base all'art. 1218 c.c., per impossibilità della prestazione derivante da una causa a sé non imputabile.
Sicché, nel caso di un nuovo assetto organizzativo disposto dal datore di lavoro, che comprenda la riclassificazione del personale concordata con le organizzazioni sindacali, non sussiste violazione del divieto di dequalificazione qualora le mansioni del lavoratore, a seguito del riclassamento, non mutino rispetto al precedente inquadramento, poiché si realizza una violazione dell'art. 2013 c.c. solo se il dipendente venga adibito a differenti mansioni (quand'anche compatibili con la nuova classificazione, ma) incompatibili con la sua storia professionale.
(Tribunale di Roma, sezione lavoro, 3 maggio 2022 n. 3910)

SOCIETÀ DI CAPITALI
Società di capitali – Amministratori – Responsabilità – Natura giuridica
(Cc, articoli 2394 e 2740; Rd 16 marzo 1942 n. 267, articolo 146)
L'amministratore di una società a responsabilità limitata – secondo quanto afferma il Tribunale di Napoli - risponde verso la società dei danni derivanti dalla inosservanza dei doveri ad esso imposti dalla legge o dall'atto costitutivo sussistendo la responsabilità in presenza di una violazione dei predetti obblighi, della causazione del danno al patrimonio sociale e della presenza di un nesso causale tra la violazione dei doveri e la produzione del danno.
Mentre sull'attore (società o curatore fallimentare) grava esclusivamente l'onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni agli obblighi (trattandosi di obbligazioni di mezzi e non di risultato), il nesso di causalità tra queste ed il danno verificatosi, incombe, per converso, sugli amministratori, l'onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell'osservanza dei doveri e dell'adempimento degli obblighi loro imposti.
L'azione di responsabilità incardinata ai sensi dell'art. 2394 c.c., costituisce conseguenza dell'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale e presuppone un comportamento funzionale ad una diminuzione del patrimonio sociale di entità tale da rendere lo stesso inidoneo per difetto ad assolvere la sua funzione di garanzia generica (art. 2740 c.c.), con conseguente diritto del creditore sociale di ottenere, a titolo di risarcimento, l'equivalente della prestazione che la società non più in grado di compiere.
In particolare, la responsabilità degli amministratori di società di capitali per danni cagionati alla società amministrata ha natura contrattuale sicché la società (o il curatore, nel caso in cui l'azione sia proposta ex art 146 R.D. n. 267/1942 - L.F.) deve allegare le violazioni compiute dagli amministratori ai loro doveri e provare il danno e il nesso di causalità tra le violazioni ed il danno , mentre spetta agli amministratori provare, con riferimento agli addebiti contestatigli, ferma l'applicazione della "business jungement rule".
Ha invece natura extracontrattuale l'azione volta alla tutela dei creditori sociali, verso i quali gli organi amministrativi e di controllo hanno l'obbligo generale di agire correttamente e secondo buona fede, si dà rispondere dei comportamenti dolosi o colposi che abbiano arrecato ai creditori un pregiudizio suscettibile di ristoro patrimoniale.
(Tribunale di Napoli, Impresa, 5 maggio 2022 n. 4424)

CONTRATTO DI APPALTO
Vizi o difformità dell'opera - Garanzia
(Cc, articoli 1453, 1667, 1668 e 1669)
Il Tribunale di Napoli, in sentenza, fa suo il principio di diritto per il quale, in tema di appalto, l'art. 1668 c.c., nell'enunciare il contenuto della garanzia prevista dall'art.1667 c.c., attribuisce al committente, oltre all'azione per l'eliminazione dei vizi dell'opera a spese dell'appaltatore o di riduzione del prezzo, anche quella di risarcimento dei danni derivanti dalle difformità o dai vizi nel caso di colpa dell'appaltatore; sicché, trattandosi di azioni comunque riferibili alla responsabilità connessa alla garanzia per vizi o difformità dell'opera e destinate ad integrarne il contenuto, i termini di prescrizione e di decadenza di cui al citato art. 1667 c.c. si applicano anche all'azione risarcitoria, atteso che il legislatore ha inteso contemperare l'esigenza della tutela del committente a conseguire un'opera immune da difformità e vizi con l'interesse dell'appaltatore ad un accertamento sollecito delle eventuali contestazioni in ordine a un suo inadempimento nell'esecuzione della prestazione.
Peraltro, le norme in tema di inadempimento del contratto di appalto (artt. 1667, 1668, 1669 c.c.) integrano, ma non escludono i principi generali in tema di inadempimento contrattuale, che sono applicabili quando non ricorrano i presupposti delle norme speciali, nel senso che la comune responsabilità dell'appaltatore ex art. 1453 c.c. e ss. sorge allorquando egli non esegue integralmente l'opera o, se l'ha eseguita, si rifiuta di consegnarla o vi procede con ritardo rispetto al termine di esecuzione pattuito, mentre la differente responsabilità dell'appaltatore per vizi o difformità dell'opera, previste dagli artt. 1667 e 1668 c.c., ricorre quando l'appaltatore abbia consegnato un'opera completa ma affetta da vizi o non conforme all'accordo.
In caso di completamento dell'opera è dunque consentito il solo ricorso alla disciplina della garanzia.
(Tribunale di Napoli, sezione XI, 5 maggio 2022 n. 4432)

COMUNIONE
Comunione - Divisione in natura – Creditori – Tutela
(Cc, articoli 718 e 1113)
Osserva il Tribunale di Palermo come lo scopo della divisione in natura di una comunione, ai sensi dell'art. 718 c.c., sia quello di attribuire ai singoli condividenti una porzione del bene comune che, tenuto conto della misura delle quote di ognuno, appaia omogenea a quella degli altri e tale da offrire utilità proporzionalmente analoghe a quelle che avrebbe potuto offrire l'intero bene, occorrendo, in definitiva, fare riferimento alla possibilità di ripartire il bene nella sua attuale consistenza e nella sua concreta destinazione, di guisa che la porzione da attribuire a ciascuno configuri un'entità autonoma e funzionale e venga inoltre evitato che dal frazionamento possa derivare un deprezzamento dell'originario ed intrinseco valore del bene medesimo, in modo che ai partecipanti siano attribuite quote suscettibili di autonomo e libero godimento, non compromesse da pesi, servitù e limitazioni eccessive, anziché porzioni non correlate alla funzione economica dell'intero bene.
E dunque, in caso di scioglimento della comunione ereditaria od ordinaria, fine primario della divisione è la conversione del diritto di ciascun condividente alla quota ideale in diritto di proprietà esclusiva di beni individuali, sicché in presenza di un immobile indivisibile, o non comodamente divisibile, ed in assenza di domanda di attribuzione del bene da parte di alcuno dei comproprietari, deve disporsi la vendita, con attribuzione del ricavato in favore degli aventi diritto.
Sempre in tema di scioglimento della comunione, si precisa ancora in sentenza che i creditori iscritti e gli aventi causa da un partecipante, pur avendo diritto ad intervenire nella divisione, ai sensi dell'art. 1113, I, c.c., non sono parti in tale giudizio, al quale devono partecipare soltanto i titolari del rapporto di comunione, potendo i creditori iscritti e gli aventi causa intervenire in esso, al fine di vigilare sul corretto svolgimento del procedimento divisionale, ovvero proporre opposizione alla divisione non ancora eseguita a seguito di giudizio cui non abbiano partecipato, senza avere alcun potere dispositivo, in quanto non condividenti.
(Tribunale di Palermo, sezione II, 5 maggio 2020 n. 1920)

DIRITTO D'AUTORE
Diritto d'autore - Tutela – Ambito
(Legge 22 aprile 1941 n. 633, articolo 1)
Osserva il Tribunale di Firenze come l'art. 1 L. n. 633/1941 comprenda la protezione delle opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.
L'elenco ha natura non tassativa e va a ricomprendere nel perimetro della protezione creazioni intellettuali estremamente eterogenee per natura, caratteristiche, modalità di creazione e finalità.
Elemento imprescindibile ai fini del riconoscimento della protezione ex art. 1 cit. è il carattere creativo, inteso come necessità che l'opera esprima il modo personale dell'autore di vedere e rappresentare la realtà.
A tal fine, il concetto giuridico di creatività, non coincide con quello di creazione, originalità e novità assoluta, riferendosi, per converso, alla personale e individuale espressione di un'oggettività appartenente alle categorie elencate, in via esemplificativa, nell'art. 1 della legge citata, di modo che un'opera dell'ingegno riceva protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore, con la conseguenza che la creatività non può essere esclusa soltanto perché l'opera consiste in idee e nozioni semplici, ricomprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia.
Pertanto, allo scopo di delineare con maggiore precisione i confini della protezione accordata dalla legge sul diritto d'autore, occorre tener distinta l'idea, od il contenuto dell'opera, dalla forma espressiva con cui questa si presenta: il diritto d'autore non protegge le idee ma solo la forma espressiva che l'autore dà all'opera, poiché è nella forma espressiva che l'autore manifesta la propria creatività ed esprime la propria personalità. L'idea dell'opera, invece, rimane nella sfera di ciò che è liberamente appropriabile da chiunque, a tutela degli interessi della collettività.
L'accertamento se l'opera dall'ingegno abbia carattere originale o, comunque, creativo, tale da meritare la protezione della legge nei confronti di altra, che si assume plagiarla, è rimesso all'incensurabile accertamento dal giudice di merito, quando sia sorretto da congrua motivazione ad esenta da errori logici a giuridici.
(Tribunale Firenze, Imprese, 6 maggio 2022 n. 1372)

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