Civile

Ufficio del processo, le risposte del Cnf su praticanti e partita Iva

L'assunzione non comporta la sospensione del tirocinio. Sospesa invece la possibilità di sostituire il dominus. Per gli avvocati infine è irrilevante la titolarità della partita Iva durante la sospensione

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di Francesco Machina Grifeo

L'Ufficio del processo, come noto, ha fatto il pieno di avvocati e di praticanti. Numerosi, fin da subito, sono stati i dati sulla compatibilità tra le due attività. Investito da una messe di quesiti, il direttore della Direzione generale degli affari interni – Ufficio II Ordini professionali, Giovanni Mimmo, ha chiesto lumi al Consiglio nazionale forense. In particolare, le questioni poste sono due: se il praticante possa proseguire il periodo di tirocinio per l'accesso alla professione forense, pure a seguito dell'assunzione presso l'ufficio del processo; se l'avvocato possa mantenere la titolarità di partita Iva e se l'eventuale cessazione della stessa sia compatibile con la sospensione d'ufficio dall'esercizio della professione.

Il Cnf nel proprio parere per prima cosa ricorda che l'articolo 11, comma 2-bis, del Dl n. 80/2021, dispone che: "L'assunzione […] configura causa di incompatibilità con l'esercizio della professione forense e comporta la sospensione dall'esercizio dell'attività professionale per tutta la durata del rapporto di lavoro con l'amministrazione pubblica. L'avvocato e il praticante avvocato devono dare comunicazione dell'assunzione […[ al consiglio dell'ordine presso il quale risultino iscritti. La mancata comunicazione costituisce causa ostativa alla presa di possesso nell'ufficio per il processo".

In sede di conversione in legge, è stato poi aggiunto il seguente periodo: "Ai soli fini del conseguimento del certificato di compiuta pratica, il praticante avvocato può ricongiungere il periodo già svolto a titolo di pratica forense a quello di svolgimento della funzione di addetto all'ufficio per il processo, anche nel caso in cui l'ufficio o la sede siano diversi rispetto a quella del consiglio dell'ordine presso il quale risulti iscritto".

Così ricostruito il quadro normativo, il Cnf osserva che la norma "non contiene una specifica previsione relativa alla sospensione ovvero all'interruzione del tirocinio in conseguenza dell'assunzione presso l'ufficio del processo". La disposizione prevede infatti unicamente: a) che il praticante comunichi al COA l'assunzione; b) che il periodo svolto presso l'ufficio del processo possa essere ricongiunto con il periodo di pratica forense. Per cui "non è possibile ritenere che l'assunzione presso l'ufficio per il processo comporti la sospensione del tirocinio, anche considerando che la sospensione sarebbe pregiudizievole per il praticante".

Del resto, la stessa legge professionale (articolo 41, comma 4, della legge n. 247/12) prevede che: "il tirocinio può essere svolto contestualmente ad attività di lavoro subordinato pubblico e privato, purché con modalità e orari idonei a consentirne l'effettivo e puntuale svolgimento e in assenza di specifiche ragioni di conflitto di interesse". L'insussistenza di una clausola di incompatibilità dunque "consentirà al praticante di continuare a svolgere il tirocinio". Inoltre la disposizione che prevede il ricongiungimento del periodo trascorso alle dipendenze dell'ufficio del processo "potrà applicarsi senz'altro all'ipotesi in cui il praticante decida di interrompere il tirocinio ovvero addirittura di cancellarsi volontariamente dal registro". Ma, prosegue, potrà trovare applicazione anche nel caso di "eventuali valutazioni negative da parte del COA con riferimento a singoli semestri le quali, in altri termini, non potranno inficiare il diritto al ricongiungimento".

Le cose cambiano invece per il praticante abilitato all'esercizio della professione in sostituzione del dominus. In questo caso, gli si applicherà la disciplina della sospensione dall'esercizio della professione prevista per l'avvocato. "Ne consegue che il praticante abilitato al patrocinio assunto presso l'ufficio del processo non potrà continuare a svolgere la professione in sostituzione del dominus". Pertanto, dovrà essere sospesa unicamente l'iscrizione nel registro dei praticanti abilitati al patrocinio sostitutivo.

Quanto al secondo quesito, il Consiglio afferma di non avere "specifica competenza in materia tributaria e fiscale" e che, pertanto, analogo quesito "andrebbe più utilmente rivolto al Ministero dell'Economia e delle Finanze, specie per quel che riguarda la compatibilità tra la titolarità di partita Iva e lo svolgimento di attività di lavoro subordinato alle dipendenze della P.A.".

Quanto invece alla seconda parte del quesito - e cioè se l'eventuale cessazione sia compatibile con la sospensione d'ufficio dalla professione – il Cnf afferma che la titolarità di partita Iva è annoverata (articolo 2, comma 2, lett. a) del Dm Giustizia 25 febbraio 2016 n. 47) tra gli indicatori dell'esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione, ai fini della iscrizione alla Cassa (articolo 21 della legge n. 247/12). Ragion per cui, conclude il parere, "in caso di sospensione dall'esercizio della professione – circostanza che, di per sé, esclude l'applicazione del predetto articolo 21 – la titolarità di partita Iva diviene irrilevante, dovendo beninteso la stessa essere riattivata al termine della sospensione".

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