Una soluzione per il controllo dell’equilibrio sostanziale negli Enti locali
Una soluzione per colmare il vuoto, sotto il profilo metodologico, del quadro normativo e giurisprudenziale che afferma l’obbligo di perseguire l’equilibrio sostanziale, senza, tuttavia, definirne le modalità di accertamento, nelle tre distinte configurazioni di equilibrio economico, equilibrio finanziario ed equilibrio patrimoniale
Dato l’approssimarsi della scadenza prevista per la fase pilota della contabilità Accrual, ritornano di attualità le disposizioni in materia di equilibrio sostanziale e le relative possibilità di controllo da parte degli organi preposti.
Con la chiusura del rendiconto 2025, infatti, gli Enti partecipanti alla fase pilota sono chiamati ad implementare i modelli previsti dalla contabilità Accrual, apportando le integrazioni e le rettifiche necessarie per l’applicazione dei principi contabili ITAS.
L’accezione di equilibrio sostanziale è il risultato, soprattutto a livello giurisprudenziale, del progressivo processo di trasformazione dell’equilibrio da requisito formale a requisito effettivo.
L’origine di questo cambiamento è da individuare nel decreto legislativo 118/2011 e, segnatamente, nel principio contabile n. 15, secondo il quale il rispetto del principio di pareggio finanziario non basta per soddisfare il principio generale dell’equilibrio del sistema di bilancio di ogni pubblica amministrazione che coinvolge, invece, la corretta applicazione di tutti gli equilibri finanziari, economici e patrimoniali, da verificare in sede di previsione e durante la gestione, con il dispiegarsi delle operazioni di esercizio.
Tuttavia la prima vera e propria definizione di equilibrio sostanziale è stata fornita dalla giurisprudenza, con la sentenza n. 7/2022 delle Sezioni riunite della Corte dei Conti, le quali si sono pronunciate, rilevando che l’atto di asseverazione dell’Organo di revisione sugli incrementi di spesa del personale per assunzioni a tempo indeterminato, […] è funzionale a creare affidamento circa la capacità di equilibrio sostanziale dell’Ente da considerarsi non limitato al formale pareggio contabile tra entrate e spese, ma esteso a considerare la complessiva situazione finanziaria, economica e patrimoniale dell’Ente, fino a comportare la pregiudiziale validazione della veridicità ed attendibilità dei fattori posti alla base del giudizio e della loro significatività e completezza ai fini del giudizio stesso.
Rispetto a siffatto quadro di riferimento, l’odierno assetto contabile della PA, in cui l’economico-patrimoniale affianca il finanziario, che continua a rappresentare comunque il sistema contabile principale e fondamentale a fini autorizzatori, non risulta adeguato perché unicamente finalizzato all’accertamento dell’equilibrio di competenza e di cassa, senza poter misurare, monitorare e gestire gli equilibri finanziari, economici e patrimoniali.
Trattasi di un cambiamento di particolare rilevanza, soprattutto nella prospettiva dei soggetti preposti al controllo nella PA.
Da una parte l’organo di revisione assume una responsabilità aggiuntiva, stante la sostanza e la complessità dei controlli e delle analisi da effettuare, considerato quanto, invece, generalmente richiesto per i pareri e per le relazioni: l’atto di asseverazione implica la pregiudiziale validazione della veridicità ed attendibilità dei fattori posti a base del giudizio, sicché diviene necessaria una complessa attività di verifica che coinvolge l’Ente nel suo insieme, interessando tutti gli elementi, le circostanze e i fattori, in grado di influenzare l’equilibrio sostanziale.
Dall’altra, si può presumere che questa nuova accezione di equilibrio ponga alcune difficoltà operative ai Magistrati contabili nell’esercizio delle loro prerogative di cui all’art. 148-bis del TUEL, rubricato “Rafforzamento del controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti locali”, atteso che, contrariamente al pareggio di bilancio, il legislatore non ha ancora individuato le procedure più idonee a riguardo.
Al momento, quindi, non ricorrono i presupposti per svolgere in maniera efficace l’attività di controllo preventivo sull’equilibrio sostanziale e sulla veridicità delle relative asseverazioni rilasciate dall’organo di revisione, sicché generalmente si prende atto dei disequilibri quando ormai si appalesano come vera e propria crisi dell’Ente.
Senza, alcuni miglioramenti si registreranno con la contabilità Accrual e l’allineamento agli standard internazionali che consentiranno una rappresentazione più completa della situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’Ente.
Ad ogni modo, per rispondere compiutamente alle esigenze conoscitive degli organi di controllo, sarà necessario predisporre una specifica procedura di accertamento dell’equilibrio, metodologicamente robusta e coerente con la finalità pubblica della PA.
Data, come detto, l’assenza di linee guida o note ministeriali sull’argomento, una potenziale soluzione sarebbe verificare l’equilibrio sostanziale attraverso tre successive fasi, di cui la prima è rappresentata dall’analisi quantitativa, normalizzazione e riclassificazione dei conti economici e degli stati patrimoniali, la seconda dalla costruzione del budget economico, finanziario e patrimoniale, e la terza dal calcolo dei valori associati alle grandezze scelte per misurare gli equilibri.
In particolare, la normalizzazione ha la finalità di depurare la gestione passata dai componenti positivi o negativi di reddito, qualificabili come straordinari e, dunque, da annullare per ottenere un risultato normale e ricorrente, in grado di approssimare l’equilibrio prospettico dell’Ente.
L’equilibrio sostanziale, infatti, è la condizione economica e finanziaria che, dovendo permanere nel tempo, occorre sterilizzare da elementi o circostanze di natura straordinaria: un equilibrio generato, ad esempio, da una componente straordinaria di reddito, appostata nel conto economico dell’esercizio trascorso, può fornire una percezione errata della reale capacità dell’Ente di coprire i costi, considerato che il venir meno negli anni futuri di quella componente potrebbe portare, invece, ad uno squilibrio economico.
La metodologia così proposta rende, pertanto, confrontabili i risultati contabili consuntivi e prospettici mediante la trasformazione dei flussi contabili in flussi ripetibili e depurando la gestione storica dai componenti straordinari di reddito, al fine di stimare le ordinarie capacità dell’Ente, in termini di effettivo equilibrio economico-finanziario.
Una volta normalizzati, i valori di bilancio vengono, pertanto, riclassificati secondo criteri e modalità ovviamente congeniali all’accertamento dell’equilibrio patrimoniale, economico e finanziario.
In particolare, l’equilibrio patrimoniale rappresenta la fotografia delle condizioni strutturali ad una certa data, determinate dalle gestioni passate. Di conseguenza, l’analisi storica ha lo scopo di individuare il suo processo di formazione e la sua significatività, atteso che un equilibrio patrimoniale permanente e continuo nel tempo è più robusto rispetto ad un equilibrio limitato ad un anno.
Tutto ciò non può, in ogni caso, prescindere dalla verifica anche del persistere della solidità patrimoniale per effetto delle gestioni future.
Da qui, la seconda fase rappresentata dall’elaborazione dello stato patrimoniale prospettico, sulla base del bilancio di previsione e considerate le informazioni riportate nel Piano integrato attività e organizzazione (PIAO).
Per entrambe le determinazioni, storica e prospettica, gli impieghi e le fonti sono riclassificate in ordine al tempo di monetizzazione.
Gli impieghi vengono distinti in Disponibilità liquide immediate, già monetariamente disponibili, Disponibilità liquide differite, rappresentate dai crediti esigibili entro l’esercizio successivo, Disponibilità finanziarie, ossia le rimanenze e, infine, Attivo immobilizzato netto, costituito dalle attività con monetizzazione nel medio e lungo termine.
Analogamente, le fonti sono suddivise in Fonti elastiche, corrispondenti ai debiti con scadenza nel breve termine, Fonti consolidate, coincidenti con i debiti con scadenza nel medio e lungo periodo e, da ultimo, Patrimonio netto.
Gli indicatori utilizzabili per l’equilibrio patrimoniale sono l’Indice primario di struttura e l’Indice secondario di struttura.
Il primo, dato dal rapporto tra patrimonio netto e immobilizzazioni, quando risulta superiore o uguale all’unità indica che il capitale proprio finanzia interamente le immobilizzazioni, al contrario di quando assume valori inferiori ad uno, nel qual caso indica che una parte delle immobilizzazioni è finanziata mediante capitale di terzi.
Il secondo, uguale al rapporto tra capitale permanente e immobilizzazioni, quando è superiore o uguale all’unità indica che il capitale proprio e i debiti a media lunga scadenza coprono nel complesso le immobilizzazioni, mentre quando risulta inferiore ad uno indica che una parte delle immobilizzazioni è finanziata mediante debiti a breve termine, per cui il recupero finanziario dell’attivo non avverrà in tempo per il rimborso dei prestiti in essere.
In breve, per l’equilibrio patrimoniale è indispensabile che almeno l’Indice secondario di struttura sia maggiore di uno: l’equilibrio ha alta intensità e bassa intensità se, rispettivamente, l’Indice primario di struttura assume valori superiori e inferiori all’unità.
Di contro, l’equilibrio economico e l’equilibrio finanziario hanno una prospettiva più rivolta al futuro, mediante la verifica della capacità dell’Ente di generare ricavi sufficienti a coprire i costi e a produrre risorse finanziarie per soddisfare i fabbisogni programmati, per cui i risultati economici e finanziari del passato, vengono studiati unicamente per valutare l’attendibilità dell’equilibrio stimato.
Tra questi, le marginalità economiche utilizzabili sono il Reddito netto normalizzato, Reddito operativo normalizzato e Margine operativo lordo normalizzato, la cui analisi combinata è in grado di fornire una stima attendibile e articolata del segno e dell’intensità dell’equilibrio economico.
Segnatamente, il Reddito netto normalizzato, il Reddito operativo normalizzato e il Margine operativo lordo normalizzato misurano la capacità dell’Ente di coprire rispettivamente: per il primo tutti i costi, per il secondo soltanto i costi operativi e per il terzo i costi operativi al lordo degli ammortamenti che, come noto, non hanno rilevanza finanziaria e scontano anche una certa discrezionalità di determinazione.
Di riflesso, l’Ente è in equilibrio economico (squilibrio economico) se il Reddito netto normalizzato è positivo (negativo): l’equilibrio (squilibrio) ha alta intensità se il Reddito operativo normalizzato e il Margine operativo lordo normalizzato sono entrambi positivi (negativi), media intensità se il Reddito operativo normalizzato è negativo mentre il Margine operativo lordo normalizzato è comunque positivo, bassa se il Reddito operativo normalizzato e il Margine operativo lordo normalizzato sono entrambi negativi (positivi).
In ordine alla stima dell’equilibrio finanziario, gli indicatori possono essere il Servizio del debito di primo livello e il Servizio del debito di secondo livello: il primo misura la capacità di coprire i flussi finanziari connessi agli interessi e alle quote capitale da rimborsare; il secondo misura la stessa capacità, ma considerando anche la disponibilità di cassa.
L’equilibrio finanziario è rispettato se i flussi finanziari netti operativi (FFO), aumentati della disponibilità di cassa, sono capienti rispetto ai flussi finanziari dei finanziamenti (FFF): ha alta intensità se il rapporto tra gli FFO e gli FFF è superiore all’unità, atteso che, l’Ente è in grado di adempiere alle proprie obbligazioni con i flussi prodotti dalla gestione ordinaria; ha sufficiente intensità se il rapporto tra gli FFO e gli FFF è inferiore all’unità e l’incapienza dei primi viene coperta con le disponibilità di cassa.
In questo modo, dunque, si potrebbe tendere a colmare il vuoto, sotto il profilo metodologico, del quadro normativo e giurisprudenziale che afferma l’obbligo di perseguire l’equilibrio sostanziale, senza, tuttavia, definirne le modalità di accertamento, nelle tre distinte configurazioni di equilibrio economico, equilibrio finanziario ed equilibrio patrimoniale.
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*A cura di Giulia Intrisano, Capitano della Guardia di Finanza e Dario Allegrucci, Avvocato, socio del Centro Studi Borgogna
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