Giustizia

Uncc, riforma del processo civile: eliminare le sanzioni economiche, nessuno deve essere punito per aver chiesto giustizia

Un estratto dell'intervento odierno del Presidente Antonio de Notaristefani dal convegno online "La riforma del processo civile tra garanzie e ragionevole durata", organizzato dall'Unione nazionale delle Camere civili


L'Unione nazionale delle Camere civili (UNCC), l'associazione maggiormente
rappresentativa degli avvocati civilisti italiani, ha organizzato quest'oggi il convegno dal titolo "La riforma del processo civile tra garanzie e ragionevole durata" per riflettere sui temi oggetto del maxi-emendamento del governo. Riportiamo a seguire un estratto dell'intervento del Presidente dell'UNCC, Antonio de Notaristefani di Vastogirardi.
"Oggi, la giustizia civile è sotto i riflettori. Si spera che questo possa garantire quell'afflusso di risorse che tutti giudichiamo indispensabile, ma la necessità di affrettare la ripresa non deve far dimenticare che nei giudizi civili si decide della vita di milioni di cittadini. La disciplina del processo civile deve essere conformata per permettere di stabilire, in un tempo ragionevole, chi ha ragione e chi ha torto. Chi cerca giustizia, non deve trovare soltanto la legge, e oggi si discute di preservare diritti, libertà, equità, solidarietà. Non di una
memoria in meno, o una in più.
Le Camere civili ed io siamo convinti che le garanzie del processo non si toccano e che, soprattutto in un momento in cui è in pericolo la stessa coesione sociale, nessuno deve rischiare di perdere la casa, il lavoro, i figli, l'attività, i mezzi di sussistenza, per non essere stato abbastanza pronto nel fare valere le sue ragioni, magari poi risultate evidenti. Siamo certi che per rendere ragionevole la durata dei processi occorra aumentare le risorse che vi sono destinate e migliorare la organizzazione, non riformare il codice.
Per uscire dalla pandemia, nell'immediato è possibile accettare un compromesso tra il dovere dello Stato di garantire la giustizia dei processi, e la richiesta dell'Europa di far loro produrre ricchezza. Nei suggerimenti della Commissione presieduta dal Prof. Luiso mi è parso di intravederne uno che sembra tenere conto di molte delle proposte precedenti, che erano state caratterizzate dal confronto e dalla riflessione.
Mi metto nella prospettiva di chi la riforma dovrà approvarla e voglio evidenziare che quella proposta (contraddistinta dalla lettera A nella relazione della Commissione) ricalca in larga misura quella avanzata molto tempo fa dall'allora Ministro Orlando, fondata su di un'estensione ampia del procedimento sommario, del quale peraltro limita quell'eccesso di discrezionalità che aveva provocato le reazioni dell'avvocatura; voglio sottolineare che quella ipotesi non nasce dalla imposizione dei mercati finanziari esteri, e fa salve almeno in parte le garanzie di cui abbiamo più volte discusso nelle riunioni cui ho avuto l'onore
di essere invitato da lui; voglio rimarcare che quella soluzione è in buona misura sovrapponibile al risultato cui era approdato il tavolo presieduto dall'ex ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, e che ha dato vita al disegno di legge 1662, oggi affidato a chi ha la più alta delle responsabilità: quella di rappresentare quel popolo nel cui nome la giustizia è amministrata.
Quella proposta non è la nostra, ma voglio sperare che possa servire per scongiurare la scelta sbagliata, secondo la opinione unanime espressa dalla stessa Commissione (a pag. 36), di inasprire fino alla divinazione, in tutti i giudizi, quelle preclusioni che rendono meno equi i processi, e ne consentono la moltiplicazione, rallentando così la giustizia nel suo complesso. Non lo dico solo io: lo affermano le Sezioni Unite, e la relazione Luiso. Se sarà inevitabile, lo segnaleremo alla Commissione europea.
Soprattutto, sempre in nome della rapidità imposta dal mercato, si è deciso di comprimere la domanda di giustizia attraverso l'introduzione di sanzioni economiche alle quali, per la loro capacità afflittiva, avrei qualche esitazione nell'attribuire natura civile, e che costringeranno Avvocati e Giudici al conformismo giudiziario, e quindi finiranno con il trasformare coloro che erano difensori e garanti dei diritti dei cittadini in funzionari della amministrazione della giustizia.
Noi avvocati, naturalmente, non lo accetteremo mai. Non dobbiamo. Non possiamo. Non vogliamo. Il processo civile ha consentito il progresso della società, dando per la prima volta il voto alle donne nel 1906 (in Finlandia, è stato riconosciuto un anno dopo) una retribuzione sufficiente a garantire un'esistenza libera e dignitosa ai lavoratori, tutela alle famiglie anche nuove, ed alla dignità della vita pure nel momento in cui si sta spegnendo: davvero si vuole bloccare questa capacità di adeguamento dell'ordinamento che i processi civili hanno sempre assicurato? Come ho detto, questo è il momento delle proposte, e quindi ne voglio formulare una anche su questo punto: sopprimete quelle sanzioni, nessuno deve essere punito per avere chiesto giustizia".

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