Professione e Mercato

Valido l'incarico al professionista per fatti concludenti

La Cassazione ricorda che per la prestazione d'opera professionale, il conferimento dell'incarico può avvenire in qualsiasi forma idonea, anche per fatti concludenti

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di Marina Crisafi

Il conferimento dell'incarico al professionista può avvenire in qualsiasi forma idonea, anche per fatti concludenti. È quanto ricorda la Cassazione (ordinanza n. 25941/2021) accogliendo definitivamente le ragioni di un ingegnere che aveva adito le vie giudiziarie per vedersi riconosciuti i propri compensi professionali per oltre 11mila euro.

La vicenda
Nella vicenda, il professionista aveva ottenuto decreto ingiuntivo per ottenere il saldo del compenso per la propria prestazione d'pera professionale consistita nella redazione del progetto di un piano di lottizzazione. Il cliente presentava opposizione ma la corte d'appello nel respingerla premetteva innanzitutto che l'incarico professionale può essere conferito in qualsiasi forma idonea a manifestare la volontà di avvalersi dell'attività del professionista e che lo scambio di consenso tra le parti in merito al conferimento dell'incarico e alla relativa accettazione può intervenire anche per facta concludentia, oltre che per testi e presunzioni, purché gravi, precise e concordanti.
Nessun dubbio poteva sorgere, invero, nel caso di specie, dato che i documenti prodotti dal professionista dimostravano tanto il suo coinvolgimento professionale che la conoscenza da parte del cliente di tale coinvolgimento.
Per cui, la corte ha concluso senza esitare che tra le parti fosse stato stipulato un regolare contratto d'opera professionale e ha accolto l'appello.
Dal canto suo, l'ex cliente si rivolge al Palazzaccio censurando l'errata ricostruzione e il travisamento del fatto nonché l'errata applicazione delle norme di legge in ordine alla corretta qualificazione giuridica del rapporto professionale intercorso con il professionista, oltre all'omesso e/o errato esame delle dichiarazioni testimoniali rese, ritenendo che il giudice d'appello avesse sbagliato nel ritenere provato il conferimento dell'incarico all'ingegnere.

La decisione
Ma neanche la Suprema Corte ha dubbi e ritiene i motivi del ricorrente inammissibili.
Invero, l'uomo in sostanza finisce solo per sollecitare il giudice di legittimità ad un inammissibile riesame delle prove raccolte nel giudizio, valutazione che, come noto, "costituisce un'attività riservata in via esclusiva all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione (cfr. tra le altre Cass. n. 11176/2017).
Il compito della S.C., infatti, ricordano da piazza Cavour, "non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito, dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto nei limiti del ragionevole e del plausibile".
Ciò in effetti è accaduto nel caso in esame, in cui la corte d'appello, dopo aver valutato le prove raccolte in giudizio, ha ritenuto, in modo logico e coerente, conferito l'incarico professionale e sussistente il diritto al pagamento del saldo del compenso dovuto.

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