Variazioni di zona e recesso per giusta causa da parte dell'agente: i principi applicabili secondo il Tribunale e la Corte d'Appello di Milano
Recedere per giusta causa a fronte di una variazione unilaterale, ove la condotta non sia valutata da parte di un giudice come ingiustificata e colpevole comporta la perdita del diritto a percepire le indennità di fine rapporto
In tema di rapporto di agenzia, il Tribunale milanese e la Corte d'Appello di Milano sono intervenuti recentemente con due interessanti pronunce chiarendo il rapporto fra variazioni di zona e recesso per giusta causa.
Come rammentato dal Tribunale di Milano (Sentenza 5629/2021, Sez. XI), un rapporto di agenzia implica in capo alla preponente l'obbligo di agire secondo lealtà e buona fede, in particolare nei casi in cui si preveda che il volume delle operazioni commerciali sarà notevolmente inferiore a quello che l'agente potrebbe ragionevolmente attendersi: la preponente, pertanto, deve non solo rispettare la normativa di riferimento in tema di variazione di zona, ma anche uniformarsi a tali principi. Nel caso specifico, la sezione undicesima ha ritenuto illegittima la condotta di una società che ha sì rispettato l'articolo 2 dell'AEC Commercio, ma che è stata connotata da una modifica con cadenza mensile delle voci provvigionali, con comunicazione trasmessa all'agente nei primi giorni di ciascun mese, tali pertanto da determinare per l'agente una sostanziale imprevedibilità del proprio fatturato: ne consegue che decidere unilateralmente l'andamento delle provvigioni dell'agente in base alle proprie esigenze commerciali, secondo il Tribunale tradirebbe in modo plateale l'obbligo di lealtà integrando una condotta abusiva, passibile di recesso per giusta causa da parte dell'agente come nel caso di specie.
In aggiunta a quanto sopra, la Corte d'appello meneghina (Sentenza 2487/2021, Sez. II) ha, invece, approfondito le differenze fra recesso per mancata accettazione di una variazione di zona (nel caso specifico ai sensi dell'AEC Commercio) e recesso per giusta causa. Il primo conferisce ad un agente il diritto di comunicare il proprio dissenso per determinate tipologie di variazione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della comunicazione unilaterale: la conseguenza del diniego è la cessazione del rapporto al termine del periodo di preavviso (previsto dall'AEC e durante il quale il rapporto prosegue immodificato fra le parti) con liquidazione in favore dell'agente di tutte le indennità di cessazione, ad eccezione di quella di mancato preavviso in quanto svolto. Il secondo invece, si verifica qualora l'agente receda per una condotta della Preponente ritenuta ingiustificata e colpevole e tale da non consentire neppure una momentanea prosecuzione del rapporto, con conseguente diritto, qualora la giusta causa risulti insussistente, a percepire ogni indennità ivi compresa quella di mancato preavviso.
Fatta questa premessa, ne consegue che ove l'agente receda per asserita giusta causa a fronte della comunicazione di variazione unilaterale di cui all'art. 2 AEC Commercio, qualora venga accertata l'inesistenza del titolo da lui invocato, non potrà avvalersi del diritto alle indennità per mancata adesione alla variazione unilaterale a lui comunicata e non contestata. Risulta, infatti, evidente come le due fattispecie abbiano causa, origine e tempi diversi, non potendo, per così dire, operare la cessazione del contratto secondo le modalità di cui all'art 2 AEC qualora risulti infondata l'invocata cessazione per giusta causa. Recedere per giusta causa a fronte di una variazione unilaterale, ove la condotta non sia valutata da parte di un giudice come ingiustificata e colpevole (ovvero come stabilito dal Tribunale di Milano nel caso sopra esposto) comporta pertanto la perdita del diritto a percepire le indennità di fine rapporto.