Vendita prima della confisca per l’auto in sequestro penale
Un’autovettura in sequestro può essere venduta anche se il procedimento è ancora in corso e non ne è stata disposta in via definitiva la confisca. Lo afferma la Cassazione con la sentenza 1916 dello scorso 16 gennaio.
La controversia - La vicenda riguarda un indagato, al quale erano stati sequestrati diversi beni in vista della confisca per equivalente prevista per i reati a lui contestati; tali beni costituivano il valore corrispondente al profitto illecito conseguito con la commissione dei delitti e per questo erano stati sottratti alla disponibilità dell’indagato. Il Gip aveva disposto la vendita di un’auto applicando l’articolo 260 del Codice di procedura penale che consente l’alienazione del bene sequestrato, suscettibile di alterazione.
L’indagato si era opposto, lamentandosi del fatto che la norma autorizza la vendita solo di beni deteriorabili; e contro la decisione del Gip che aveva respinto la sua opposizione, aveva proposto ricorso per Cassazione sostenendo che il provvedimento era abnorme e che gli impediva irrimediabilmente di tornare in possesso del suo bene, nel caso in cui fosse stato assolto con conseguente revoca del sequestro.
Il giudizio - La Cassazione ha evidenziato che la cosa sequestrata ai fini della confisca per equivalente non rileva in sé, ma in quanto espressiva di un valore prossimo a quello da tutelare. Ne consegue che in sede di amministrazione di tali beni è necessario preservarne il valore. Il deterioramento da evitare non è quindi quello della cosa ma quello del suo valore e, a questo fine, è operazione effettivamente conservativa non tanto la mera custodia, quanto piuttosto la vendita immediata con acquisizione del prezzo.
La Cassazione ha quindi ritenuto corretto il provvedimento di vendita, che costituisce l’esito del legittimo esercizio delle prerogative funzionali del giudice della cautela reale. Ma occorre che il giudice dia puntualmente conto delle ragioni che rendono necessario e opportuno procedere all’alienazione, mediante un giudizio di fatto coerentemente argomentato; a questo obbligo di motivazione aveva assolto il provvedimento impugnato.
Il concetto di deterioramento quindi non deve essere inteso in un’accezione prettamente fisica. In questa nozione rientra anche il deprezzamento, cioè la perdita di valore intrinseco, secondo la definizione elaborata dalla giurisprudenza in materia di danneggiamento: qualsiasi modifica della cosa che diminuisce in modo apprezzabile il valore o impedisce anche parzialmente l’uso.
La Cassazione ricorda poi che al giudice è attribuito il potere di determinare una conseguenza che va ben oltre quella connessa naturalmente all’imposizione del vincolo coercitivo, perché si realizza il trasferimento, in capo al giudice, di uno dei contenuti del diritto di proprietà: la facoltà di disporre definitivamente di un bene. E ciò tanto più quando il vincolo reale è strumentale alla confisca. Del resto, l’articolo 260 del Codice di procedura civile pone un’alternativa tra alienazione e distruzione e così richiama un indispensabile vaglio in ordine alla circostanza se la cosa possa o meno avere un valore economico. Solo se la cosa è intrinsecamente criminosa o pericolosa, il giudice non può rimetterla in circolazione.