Vendite online, scatta la truffa se il bene non viene consegnato
Il reato ricorre se l’acquirente è indotto in errore durante i contatti preliminari, anche senza particolari messe in scena
La truffa, nelle vendite online, scatta ogni volta che l’acquirente – anche senza particolari messe in scena – sia indotto in errore con raggiri perpetrati durante i contatti preliminari, nella pattuizione del prezzo o nel concordare le modalità di consegna del bene. Lo puntualizza il Tribunale di Ferrara con la sentenza 142 del 9 maggio 2022.
Imputato è un uomo che, contando sulla fumosità degli annunci telematici, propone su un sito la vendita di un drone e, carpendo la fiducia di un malcapitato cliente, lo convince della serietà dell’offerta fino a farsi versare 450 euro per l’acquisto. Incassati i soldi, però, non gli invia alcunché.
Preso atto del racconto della vittima ed esaminata la documentazione – tra cui gli screenshot delle conversazioni intercorse tra i due, i dati della carta prepagata usata per il versamento del prezzo e copia del bonifico – il giudice dichiara il finto venditore responsabile di truffa e, vista la recidiva, lo condanna a dieci mesi di reclusione e 400 euro di multa, oltre che alle spese di lite.
Da quanto emerso, nel corso della contrattazione avvenuta con messaggistica, l’acquirente non era stato incauto e, prima di sborsare il denaro richiesto, si era fatto inviare dal venditore una foto del documento di identità e un selfie per verificarne la corrispondenza. Solo che, successivamente, non avendo ricevuto il drone, lo aveva contattato esigendo delle spiegazioni ma il venditore dapprima aveva imputato la mancata consegna al corriere, poi aveva accampato pretesti di ogni genere, ipotizzando la restituzione del prezzo e, infine, aveva troncato i contatti.
Gli accertamenti svolti dai Carabinieri, comunque, avevano consentito di rintracciarlo. Peraltro, dalle ulteriori indagini effettuate, si era scoperto che il codice Iban fornito per il pagamento era associato a una carta intestata a terzi. Insomma, tutte le prove ne sancivano la responsabilità penale al di là di ogni ragionevole dubbio.
Del resto, sottolinea il Tribunale, circa il profilo oggettivo, gli artifizi e raggiri richiesti dalla norma incriminatrice erano chiari nel comportamento del reo che, accordandosi sul costo e sulle altre modalità di vendita, si era guadagnato il consenso del cliente facendosi versare il prezzo pattuito per il drone senza mai spedirlo, anzi, rassicurandolo della bontà dell’affare per poi rendersi definitivamente irreperibile. E la truffa, ricorda la sentenza, può configurarsi anche durante i contatti con la vittima volti a concordare i termini della vendita, dalla pattuizione del prezzo del bene alle modalità di consegna, a prescindere da una specifica messa in scena.
Insomma, perché sussista il raggiro richiesto dall’articolo 640 del Codice penale, sono sufficienti comportamenti tali da provocare un falso convincimento nella psiche della vittima e così indurla in errore. Raggiri che, nella fattispecie, erano idonei a carpirne la buona fede. Ecco che, accertata anche la sussistenza del dolo, cioè della finalità fraudolenta del finto venditore, il Tribunale di Ferrara non poteva che condannarlo per truffa.