Civile

Verifiche e transfer pricing: quando la controversia è una questione di metodo

E' necessario dare prova concreta dell'erroneità del metodo selezionato dal contribuente

di Daniela Bainotti, Valentina Stecca*

In sede di controllo fiscale, i Verificatori non possono disconoscere il metodo di pricing adottato dai Contribuenti, sovvertendone quindi i risultati, in assenza di un motivo logico, sufficientemente giustificato e convincente. Questo il principio affermato di recente dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano con la Sentenza 5 luglio 2021, n. 2982 , che – recependo di fatto le disposizioni della novellata normativa sui prezzi di trasferimento – si pone in stretto rapporto di continuità con precedenti pronunce giurisprudenziali.

Nel caso esaminato dai giudici di primo grado, l'Ufficio – contestata l'adozione del Transactional Net Margin Method nell'ambito della determinazione della remunerazione riconosciuta da una banca londinese alla branch italiana per le attività promozionali e di vendita da questa svolte sul territorio nazionale – operava la rideterminazione di detta remunerazione in applicazione del Profit Split Method, ma senza addurre alcuna argomentazione a supporto di detta scelta.

La CTP milanese, dopo aver richiamato l'applicazione del separate entity approach nell'ambito della determinazione dei profitti in capo ad una stabile organizzazione, ha considerato non adeguatamente fondato l'approccio tenuto dall'Ufficio, posto che – non essendo sufficiente affermare che un metodo è migliore di un altro – occorre dare concreta prova dell'erroneità del metodo selezionato dal contribuente. Al di fuori di detti casi, infatti, l'adozione di un metodo piuttosto che di un altro rientra nell'autonomia organizzativa insindacabile dell'imprenditore.

La decisione maturata in seno al collegio giudicante nel mese di luglio non stupisce, posto che la condotta tenuta dai Verificatori che traspare dal testo della sentenza è evidentemente disancorata rispetto al dettame normativo; l 'art. 4, co. 6 del D.M. 14 maggio 2018 , afferma infatti che "Qualora un'impresa abbia utilizzato un metodo che rispetta le disposizioni dei commi da 1 a 5 per valorizzare un'operazione controllata, la verifica da parte dell'amministrazione finanziaria sulla coerenza di detta valorizzazione con il principio di libera concorrenza si deve basare sul metodo applicato dall'impresa".

I citati commi, in linea con le Linee Guida OCSE del 2017, prescrivono infatti che la selezione del metodo più appropriato, da realizzare sulla base delle circostanze del caso specifico, deve tenere conto dei punti di forza e di debolezza di ciascun metodo, della disponibilità di informazioni affidabili e delle caratteristiche economicamente rilevanti dell'operazione controllata.

Laddove i metodi basati sulla transazione (in primis, il metodo di confronto di prezzo) restituiscano risultati aventi pari grado di affidabilità rispetto a quelli conseguibili con l'adozione di metodi basati sull'utile della transazione (quale il Transactional Net Margin Method), i primi devono essere preferiti (art. 4, co. 3, D.M. 14 maggio 2018).

Nondimeno, la scelta del metodo permane in ogni caso in capo al contribuente che, per espressa previsione normativa, può addirittura selezionare un diverso metodo se è in grado di dimostrare che quelli prescritti per legge non possono essere ragionevolmente applicati.
In ogni caso, la scelta del metodo più appropriato (sia esso previsto o meno per legge) è subordinata alla dimostrazione che detto metodo è quello oggettivamente più idoneo; in tali casi la verifica dell'Amministrazione Finanziaria dovrà essere svolta in conformità alla scelta del contribuente.

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*A cura di Daniela Bainotti e Valentina Stecca – BGR tax and legal

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