Amministrativo

Via libera ai permessi per paternità anche se la madre-compagna è "casalinga"

L'esercizio della funzione genitoriale costituisce anche espressione del diritto "proprio" dei genitori ad accompagnare la crescita del figlio quale espressione della loro personalità

immagine non disponibile

di Pietro Alessio Palumbo

Secondo l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza n.17 del 28 dicembre 2022) non può essere condivisa l'interpretazione normativa secondo la quale se la madre è ‘casalinga' un genitore strutturalmente è già presente in casa; con ciò soddisfacendo in radice quei bisogni a cui l'istituto del riposo per maternità e paternità è preordinato. I periodi di riposo vanno invece riconosciuti al padre lavoratore dipendente anche qualora la madre svolga attività lavorativa in ambito familiare; senza che sia necessario, a tal fine, che ella sia impegnata in attività che la distolgono dalla cura del neonato ovvero sia affetta da infermità. A ben vedere infatti l'esercizio della funzione genitoriale tende, da un lato, alla piena realizzazione dei diritti del bambino ad ottenere la migliore assistenza da parte dei genitori, ma da altro lato costituisce anche espressione del diritto "proprio" dei genitori – e di ciascuno di essi - ad accompagnare la crescita del figlio quale espressione della loro personalità.

Il diritto/dovere dei genitori
Ha evidenziato il massimo giudice amministrativo che i doveri dei genitori sono non solo strumentali all'assistenza del bambino, per assolvere la propria funzione genitoriale, ma hanno anche un fondamento autonomo, collegato all'espressione della personalità. Infatti i diritti del bambino e quelli di ciascuno dei genitori sono riconducibili ai diritti inviolabili dell'uomo, che la Costituzione riconosce e tutela sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. Ciò che, dunque, distingue la posizione della madre da quella del padre non è l'esclusività della titolarità del diritto in capo alla prima – di modo che la titolarità paterna dei diritti si porrebbe come subalterna o derivata da quella della madre – quanto la modalità di esercizio del medesimo. Poiché il diritto-dovere di mantenere, istruire, educare i figli è posto dalla Costituzione in capo ad entrambi i genitori, la titolarità dei singoli diritti non può che essere riconosciuta pariteticamente ad entrambi; ferma come è ovvio la titolarità in capo alla madre di quei distinti diritti che propriamente si riconnettono alla esclusività della funzione biologica ed alla sua tutela.

Diritto del genitore dipendente al periodo di riposo
Sul piano del concreto esercizio dei diritti, una volta che la legge ha riconosciuto il diritto a periodi di riposo per il genitore lavoratore dipendente, la non considerazione della presenza nel nucleo familiare della madre non lavoratrice dipendente comporterebbe una irragionevole esclusione dalla titolarità del diritto del padre lavoratore dipendente. A bene guardare ciò che il legislatore ha inteso disporre è la più completa attuazione del diritto del genitore lavoratore dipendente al periodo di riposo. In altre parole, perché si possa godere dei periodi di riposo da parte del padre, occorre solo il duplice presupposto che egli sia un lavoratore dipendente e che la madre non lo sia; null'altro essendo previsto dalla legge. Una volta riconosciuto alla lavoratrice madre il diritto di fruire dei periodi di riposo, ed affermata la parità dei genitori nella titolarità di tale diritto, poiché ne è alternativa la sola fruizione, il difetto nella madre della condizione di lavoratrice dipendente, finirebbe per escludere anche il lavoratore dipendente padre dalla titolarità del diritto; venendosi così a costituire una intera categoria di genitori esclusa da questa forma di tutela. Tutto ciò in aperto contrasto col dettato costituzionale.
Il riconoscimento al padre lavoratore dipendente del diritto a periodi di riposo, anche nel caso di madre ‘casalinga', non solo non comporta alcun danno a carico delle famiglie composte da due lavoratori dipendenti, poiché un solo diritto a periodi di riposo è comunque esercitabile da parte dei genitori; ma al contrario, consente di realizzare in modo pieno e diffuso, nei limiti di legge, l'accesso alla misura di tutela da parte di tutti i genitori dei quali almeno uno sia lavoratore dipendente. Per altro verso non vi sono ragioni per distinguere, sul piano qualitativo o quantitativo con riferimento alla posizione genitoriale, il lavoro svolto nell'ambito "domestico" o "familiare" ossia ‘casalingo', da quello svolto dalla donna in via subordinata, o in via autonoma; né tantomeno è possibile disconoscere il "valore economico" dell'attività lavorativa domestica. A tal fine - secondo l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato - è quindi decisivo considerare che la stessa Costituzione recita espressamente che "la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni". Occorre pertanto evidenziare che non vi è, né potrebbe esservi dunque, alcuna ragione per distinguere i lavoratori in dipendenza delle mere modalità di esplicazione della prestazione lavorativa. Ciò anche quando questa condizione costituisca il presupposto per il riconoscimento di diritti e tutele inerenti alla responsabilità, e più in generale alla funzione genitoriale, che trova specifici ed imprescindibili riferimenti nella nostra Carta costituzionale.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©