Famiglia

Vincolo di affinità e divorzio, rimessa la questione alla Consulta

Il vincolo di affinità non si estingue con la morte, anche senza prole, dell'altro coniuge, mentre cessa se il matrimonio è dichiarato nullo. Nulla si dice invece, con riferimento al divorzio

di Valeria Cianciolo


L'art. 78, comma 3, c.c., stabilisce la regola per cui il vincolo di affinità non si estingue con la morte, anche senza prole, dell'altro coniuge, mentre cessa se il matrimonio è dichiarato nullo, salvi gli effetti di cui all'art. 87, n. 4», cioè salvo il divieto di matrimonio tra gli affini in linea retta.
Nulla si dice invece, con riferimento al divorzio.
Ritiene che il problema, da tempo sollevato, non possa essere risolto attraverso un'operazione interpretativa costituzionalmente orientata della normativa da applicare, la Cass. Civ., Sez. I, ord. interl. 23 giugno 2023, n. 18064 ha rimesso la questione dell'affinità in caso di divorzio alla Corte Costituzionale.

Il caso - Un Consiglio comunale rigettava la richiesta presentata da Tizio e Caio perché fosse revocata la nomina di Mevio alla carica di vicesindaco, giudicando la stessa come legittima e coerente con il disposto dell'art. 64 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di seguito, per brevità, T.U.E.L.), benché Mevio fosse già stato sposato con Sempronia, sorella del sindaco, dalla quale aveva divorziato il 18 ottobre 2016.
L'articolo 64, 3 comma del D. Lgs. 264 del 2000 (T.U.E.L.), nel disporre che "Il coniuge, gli ascendenti, i discendenti, i parenti e affini entro il terzo grado, del sindaco o del presidente della giunta provinciale, non possono far parte della rispettiva giunta né essere nominati rappresentanti del comune e della provincia" secondo l'ordinanza interlocutoria in esame "mira ad evitare il rischio, anche potenziale, di commistione tra gli interessi pubblici dell'ente territoriale, che il sindaco ha l'obbligo di garantire, e gli interessi privati dei suoi prossimi congiunti…" Ma aggiungono gli Ermellini: "L'annullamento del matrimonio e il suo scioglimento sono situazioni accomunate da un'evidente vicinanza sotto il profilo effettuale, dato che in entrambi i casi interviene un'iniziativa giudiziale funzionale alla demolizione del vincolo matrimoniale….Ciò nonostante, in caso di annullamento del matrimonio il venir meno del vincolo coniugale comporta la cessazione del rapporto di affinità e abilita l'(oramai ex) affine a ricoprire la carica pubblica. Accesso alla carica che, invece, è precluso all'affine del divorziato."

L'ordinanza interlocutoria - La Cass. Civ., Sez. I, ord. interl. 23 giugno 2023 n. 18064 ha ritenuto: " rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3 e 51 Cost., dell'art. 78, comma 3, cod. civ., implicitamente richiamato dall'art. 64, comma 4, T.U.E.L., nella parte in cui stabilisce che "l'affinità non cessa per la morte, anche senza prole, del coniuge da cui deriva, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati. Cessa se il matrimonio è dichiarato nullo, salvi gli effetti di cui all'art. 87, n. 4", così prevedendo che il vincolo di affinità permanga per il parente del coniuge divorziato, malgrado il rapporto di coniugio da cui tale vincolo è stato determinato sia oramai sciolto, e impedendo la partecipazione di quest'ultimo alla giunta municipale a seguito di designazione ad opera dell'ex coniuge di un parente."

Le lacune in tema di divorzio e affinità - Secondo quanto dispone l'art. 78 cod. civ., l'affinità è il vincolo che si stabilisce tra un coniuge e i parenti dell'altro coniuge. Dunque, l'affinità poggia su due presupposti: il matrimonio e la parentela di ciascun coniuge.
La legge regola gli effetti dell'affinità in diversi settori dell'ordinamento: per esempio, determina l'insorgenza di diritti in tema di partecipazione all'impresa familiare (art. 230 bis c.c.), di successione nel contratto di locazione della casa di abitazione (art. 6, L. n. 392/1978), di scelta del tutore, curatore, amministratore di sostegno (artt. 348, 417, 406 c.c.). Molto importante il tema degli impedimenti al matrimonio (art. 87 c.c.) e di divieto di assumere la posizione di curatore fallimentare, né votare nel concordato fallimentare e nel concordato preventivo (artt. 28, 173, 127 e 177, Legge fallimentare).
L'art. 78, comma 3, c.c., stabilisce la regola per cui il vincolo di affinità non si estingue con la morte, anche senza prole, dell'altro coniuge, mentre cessa se il matrimonio è dichiarato nullo, salvi gli effetti di cui all'art. 87, n. 4, cioè salvo il divieto di matrimonio tra gli affini in linea retta.
Nulla si dice invece, con riferimento al divorzio, posto che nel 1942, momento dell'entrata in vigore del codice, non era ammesso nel nostro ordinamento. Né si è modificata la norma dopo la sua introduzione. Solo la Legge 19 maggio 1975, n. 151 è intervenuta, ma non sull'art. 78 cod. civ. che riguarda la disposizione generale in tema di affinità, bensì sull'art. 87 cod. civ., che dell'affinità regola lo specifico effetto del divieto matrimoniale. E quindi, l'impedimento matrimoniale tra affini in linea retta, sussistente per il testo originario dell'art. 87, n. 4, cod. civ. anche in caso di annullamento del matrimonio dal quale deriva l'affinità, viene dichiarato sussistente pure nell'ipotesi di divorzio.
Si assiste all'incongruenza, rilevata da tempo che tutti gli effetti, sia attributivi sia preclusivi, che gli affini condividono con gli sposi, resterebbero per i parenti del coniuge, pur essendo venuti meno per quest'ultimo…e quindi, si arriva all'assurdo che il fratello o il padre del coniuge divorziato ha il potere di chiedere l'interdizione o l'inabilitazione dell'altro coniuge, mentre a ciò non è più titolato lo stesso coniuge dal quale l'affinità deriva. Come pure…il coniuge esce con il divorzio dall'impresa familiare, ma, ai sensi dell'art. 230- bis cod. civ., vi rimangono i suoi parenti entro il secondo grado, quali affini dell'imprenditore.
Un vero bisticcio logico e giuridico sul quale, c'è stato ampio dibattito: in dottrina, si è sostenuta la tesi della persistenza dell'affinità in considerazione del fatto che la sentenza di divorzio, contrariamente alla dichiarazione di nullità, ha efficacia ex nunc e non cancella retroattivamente il matrimonio.

Le divisioni della giurisprudenza - La giurisprudenza si è divisa tra gli orientamenti antitetici di legittimità (ormai risalente) e di merito (più recente). Da un lato, la Corte di cassazione ha affermato che il vincolo di affinità e l'obbligo della corresponsione degli alimenti tra affini non vengono meno né con lo scioglimento del matrimonio né con la cessazione dei suoi effetti civili (viene richiamata dall'ordinanza interlocutoria, Cass. civ., sez. I, 7 giugno 1978, n. 2848: La pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio non determina la caducazione del vincolo di affinità fra un coniuge ed i parenti dell'altro coniuge, atteso che il venire meno di tale vincolo è previsto dall'art. 78, comma 3, c.c. solo nella diversa ipotesi di declaratoria della nullità del matrimonio, e cioè, della sua invalidità originaria).
Dall'altro lato, una sentenza di merito più recente ha ritenuto che la cessazione degli effetti civili del matrimonio determina in via generale la caducazione del vincolo di affinità, e che la permanenza dell'impedimento matrimoniale ex art. 87, comma 1, n. 4, c.c., costituisce una deroga rispetto alla regola generale (viene richiamata dall'ordinanza interlocutoria, Trib. Grosseto 9 ottobre 2003: "La pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio determina la caducazione del vincolo di affinità tra un coniuge ed i parenti dell'altro coniuge. Si comprende infatti dal complesso della normativa, che la permanenza dell'impedimento matrimoniale ex art. 87, 1º comma, n. 4, costituisce una deroga rispetto alla regola generale in base alla quale l'affinità viene meno con la pronuncia di divorzio, così come deroga analoga è prevista per l'ipotesi della nullità matrimoniale").
Il tutto in palese violazione dell'art. 3 della Costituzione.

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