Penale

Violazione dei sigilli anche se il provvedimento era illegittimo

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 16984 depositata oggi, segnalata per il massimario

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di Francesco Machina Grifeo

L'inefficacia o l'illegittimità del provvedimento di sequestro o di apposizione di sigilli non esclude il delitto previsto dall'articolo 349 del c.p., e cioè la loro violazione, "atteso che la norma richiede soltanto che l'apposizione dei sigilli derivi da una disposizione di legge o da un ordine dell'autorità, così che, una volta che il vincolo sia stato apposto a tutela della identità e della conservazione della cosa, esso non può essere violato dal privato sino a che non venga formalmente rimosso dall'autorità competente". Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 16984 depositata oggi e segnalata per il "Massimario". La condanna della Corte di appello di Milano è stata comunque annullata senza rinvio per prescrizione.

La vicenda riguardava la violazione da parte del legale rappresentante di una Srl dei sigilli apposti dai Carabinieri di Trezzo d'Adda sui terminali adibiti all'accettazione delle scommesse a seguito di una ordinanza del Questore di Milano in quanto mancava a prescritta licenza di polizia. Tuttavia, dalla lettura della sentenza di appello emergerebbe come il mancato rilascio della licenza non sia dipeso dalla carenza di requisiti soggettivi, bensì unicamente dalla circostanza che il bookmaker a cui lo stesso era affiliato non aveva potuto partecipare al bando di gara per violazione delle prescrizioni comunitarie vigenti in materia. E le irregolarità commesse nell'ambito di una procedura volta al rilascio di una concessione cagionano l'irregolarità anche delle susseguenti autorizzazioni di polizia, la cui mancanza, dunque, non potrebbe essere addebitata ai soggetti che non ne abbiano potuto beneficiare a causa di una violazione del diritto comunitario.

La III Sezione penale ricorda invece che l'eventuale illegittimità dell'atto o del procedimento laddove "non comportino l'inesistenza del titolo dispositivo dei sigilli (ad esempio, per incompetenza assoluta), sono stati ritenuti dalla giurisprudenza prevalente irrilevanti per la configurabilità del delitto, con conseguente permanere del vincolo d'intangibilità della cosa". "Ed invero - prosegue -, gli eventuali vizi dell'atto o del procedimento generalmente non comportano l'adozione di provvedimenti di revoca in autotutela che si sostanzino anche nella diretta rimozione o in altra forma di alterazione dei sigilli. Di conseguenza, i vizi dell'atto amministrativo di apposizione dei sigilli dovranno essere fatti valere con i normali rimedi e nei modi di legge, diretti all'annullamento ovvero alla revoca del provvedimento, con consequenziale elisione del vincolo cautelare sulla res mediante pubblica rimozione dei sigilli".

Inoltre, prosegue la Corte, va privilegiata un'interpretazione "non rigidamente formalistica e letterale della finalità di conservazione della cosa indicata dalla norma incriminatrice, attesa l'idoneità dei sigilli ad impedire anche l'utilizzo delle cose sequestrate. La norma incriminatrice, dunque, tutela il vincolo di indisponibilità previsto ex lege al fine di garantire l'immodificabilità della res per finalità pubbliche. Conseguentemente, gli eventuali vizi del provvedimento appositivo dei sigilli idonei ad inficiarne la validità o l'efficacia consentono all'autorità amministrativa di agire in autotutela, ma devono essere fatti valere nei modi di legge e, in ogni caso, non consentono di escludere la configurabilità del delitto di cui all'art. 349 c.p.".

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