Violenza sessuale: procedibilità d’ufficio con connessione investigativa
In materia di delitti di violenza sessuale, la procedibilità d'ufficio determinata dalla ipotesi di connessione prevista dall'articolo 609-septies, comma 4, numero 4, del Cp si verifica non solo quando vi è connessione in senso processuale (articolo 12 del Cpp), ma anche quando v'è connessione investigativa, cioè ogni qualvolta l'indagine sul reato perseguibile di ufficio comporti necessariamente l'accertamento di quello punibile a querela: ciò che si verifica nei casi previsti dall'articolo 371, comma 2, del Cpp. Lo stabilito la Cassazione con la sentenza 43330/2016.
Sui delitti contro la libertà sessuale - Come è noto, i delitti contro la libertà sessuale (in primo luogo, quello di violenza sessuale di cui all'articolo 609-bis del Cp), ordinariamente procedibili a querela della persona offesa, sono procedibili d'ufficio quando, tra l'altro, risultano “connessi” «con un altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio» (articolo 609 -septies, comma 4, numero 4, del Cp). Secondo un'interpretazione consolidata, la connessione rilevante ai fini che interessano non è solo quella processuale di cui all'articolo 12 del Cpp, ma anche quella materiale, essendo quindi sufficiente che tra il reato di violenza sessuale e l'altro perseguibile d'ufficio vi sia “connessione investigativa” (cioè, ogni qual volta l'indagine sul reato perseguibile d'ufficio comporti necessariamente l'accertamento di quello punibile a querela).
È conclusione che si spiega con il rilievo che la ratio della disposizione deve individuarsi nel venir meno dei motivi posti alla base della perseguibilità a querela dei reati in materia di libertà sessuale e, in particolare, dell'esigenza di riservatezza, giacché l'indagine investigativa sul delitto procedibile d'ufficio comporta necessariamente l'accertamento degli altri e, quindi, la diffusione della notizia, non sussistendo più ragione per tutelare la riservatezza della persona offesa (cfr., tra le altre, sezione III, 10 dicembre 2003, Carlone). In termini, cfr. sezione III, 24 settembre 2009, R., laddove si è così affermato che, in materia di violenza sessuale, la procedibilità d'ufficio determinata dall'ipotesi di connessione (connessione con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio), si verifica non solo quando vi è connessione in senso processuale, ma anche quando vi è la connessione meramente investigativa di cui all'articolo 371, comma 2, del Cpp, ovvero quando si è in presenza di reati commessi in occasione di altri reati, di reati commessi per eseguirne altri o quando la prova di un reato o di una circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un'altra circostanza. Infatti, la procedibilità d'ufficio per il delitto di violenza sessuale in caso di connessione con altro delitto procedibile d'ufficio ricomprende qualsiasi ipotesi di connessione idonea a fare venire meno le esigenze di riservatezza collegate al reato di cui all'articolo 609-bis del Cp.
Va poi ricordato che la motivazione che sta alla base della procedibilità d'ufficio in caso di connessione con delitto procedibile d'ufficio – ricollegata, come si è visto, all'essere venute meno le ragioni di riservatezza della persona offesa - spiega come a tale procedibilità d'ufficio non si deroghi neppure allorquando il delitto “connesso” originariamente procedibile d'ufficio sia poi dichiarato estinto e neppure allorquando questo già lo fosse all'atto della contestazione del reato in materia sessuale (Sezione III, 18 novembre 2003, Devescovi). Ma va peraltro anche ricordato, in linea con la rilevata ratio della procedibilità d'ufficio, che la mera contestazione di tale delitto connesso non è di per sé sola sufficiente, dal momento che, qualora il giudice di merito accerti l'insussistenza del delitto connesso e quindi, quantomeno, l'erroneità della sua contestazione, tale accertamento fa venir meno fin dall'inizio la pretesa connessione e perciò la possibilità di procedere d'ufficio per il delitto di violenza sessuale, perseguibile a querela, in difetto di quest'ultima (cfr. Sezione III, 6 giugno 2007, Riera).
Corte di cassazione – Sezione VI penale – Sentenza 13 ottobre 2016 n. 43330