Civile

Vitalizio assistenziale, alea esclusa solo in caso di rapido decesso del beneficiario

Per il Tribunale di Lanciano il negozio si configura come un contratto atipico di mantenimento

di Andrea Alberto Moramarco

Il contratto di vitalizio assistenziale è da ritenersi nullo per difetto di alea soltanto quando l’età o le condizioni di salute del beneficiario rendono estremamente probabile un rapido decesso di quest’ultimo. Se così non è, il contratto è valido, essendo l’alea, ovvero l’elemento che lo contraddistingue, correlata a un duplice fattore di incertezza, costituito dalla durata della vita del vitaliziato e dalla variabilità e discontinuità delle prestazioni in rapporto al suo stato di bisogno e di salute. Questo è quanto si afferma nella sentenza del Tribunale di Lanciano n. 96/2021.

Il caso

La controversia riguarda le sorti di un “contratto di assistenza” stipulato da un uomo con i propri genitori, che prevedeva il trasferimento in suo favore del diritto di nuda proprietà su un immobile e la piena proprietà su altro immobile, in cambio dell’assistenza fornita ad entrambi i genitori “vita natural durante”, comprensiva di vitto, alloggio e cure mediche. Al momento della morte del padre, a distanza di circa due anni dalla pattuizione, il fratello dello stipulante citava in giudizio quest’ultimo e la madre, ritenendo che il contratto posto in essere fosse affetto da nullità per mancanza di alea. Il padre, infatti, aveva già diverse patologie e il contratto era stato firmato proprio dopo un ictus di cui il genitore era rimasto vittima, circostanza che ne aveva compromesso la mobilità.

L’alea nel contratto di vitalizio assistenziale

Il Tribunale non condivide però la lettura fornita dal fratello dello stipulante e ritiene, invece, che il contratto de quo sia pienamente valido. Innanzitutto, il Collegio qualifica il negozio posto in essere come un “vitalizio alimentare o assistenziale”, ovvero un contratto atipico di mantenimento, caratterizzato «dall’essenziale requisito dell’aleatorietà, da individuare attraverso la comparazione delle prestazioni secondo un giudizio di presumibile equivalenza o palese sproporzione da impostarsi con riferimento al momento di conclusione del contratto ed al grado ed ai limiti di obiettiva incertezza, sussistenti a detta epoca, in ordine alla durata della vita ed alle esigenze assistenziali del vitaliziato». In tale tipologia contrattuale, inoltre, l’alea è necessariamente più accentuata rispetto al contratto di rendita vitalizia di cui all’articolo 1872 del codice civile, poiché le prestazioni non sono predeterminate ma variano a seconda dei bisogni del beneficiario e in relazione all’età e al suo stato di salute.

Ciò posto, l’alea deve ritenersi esclusa soltanto se «al momento della conclusione del contratto, il beneficiario era affetto da malattia che, per natura e gravità, rendeva estremamente probabile un rapido esito letale, e che ne abbia in effetti provocato la morte dopo breve tempo, ovvero se il beneficiario abbia un’età talmente avanzata da non poter certamente sopravvivere, anche secondo le previsioni più ottimistiche, oltre un arco di tempo determinabile». L’elemento dell’alea, in altri termini, è costituito dalla «impossibilità di prevedere in anticipo i vantaggi e le perdite ai quali le parti sarebbero andate incontro con la stipulazione dell’atto ovvero dall’incertezza in ordine al rapporto tra il valore complessivo delle prestazioni dovute dal vitaliziante» ed il valore dei beni ceduti in corrispettivo al vitaliziante.

Ebbene, afferma il Tribunale, nel caso di specie l’alea è ben presente, avendo il padre beneficiario, al momento della stipula, 64 anni ed essendo costui deceduto dopo due anni non in conseguenza del suddetto ictus ma per problemi cardiaci. D’altra parte, l’alea è da ritenersi sussistente anche in relazione agli obblighi assunti dal vitaliziante nei confronti della madre, ulteriore beneficiaria del vitalizio assistenziale, di anni 57 e in buono stato di salute.

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