Civile

Vittime del terrorismo, benefici per i familiari anche se il superstite muore successivamente per altre cause

Lo ha precisato la Corte di Appello di Genova con la sentenza n. 254/2021

di Andrea Alberto Moramarco

In tema di benefici previdenziali ed assistenziali, non è ammissibile ancorare il riconoscimento delle provvidenze ad una circostanza assolutamente casuale e non connessa ai fatti oggetto di tutela, pena la palese violazione del principio di parità di trattamento di situazioni identiche. Pertanto, gli assegni vitalizi per le vittime del terrorismo spettano a tutti i familiari di vittime che abbiano riportato a seguito dell'attentato una invalidità permanente non inferiore al 50%, a nulla rilevando se e quando tale vittima sia deceduta per cause indipendenti dall'attentato stesso.
In questi termini si è espressa la Corte d'appello di Genova con la sentenza n. 254/2021, bacchettando severamente il Ministero dell'Interno – e ancor di più il giudice di primo grado che ne aveva avallato la tesi – che aveva negato l'assegno vitalizio di cui all'articolo 5 comma 3-bis della legge n. 206/2004, così come modificato dalla legge finanziaria 2014, al figlio di un uomo rimasto invalido nella misura del 57% in seguito ad un attentato terroristico e deceduto per altra causa nel 2010.

La posizione del Viminale
Il Viminale negava il beneficio ritenendo che la volontà del legislatore era quella «di riconoscere lo speciale assegno vitalizio al coniuge e ai figli dell'invalido nella sola ipotesi in cui la vittima era ancora in vita alla data del primo gennaio 2014». E nel caso di specie, il padre del richiedente era morto in precedenza per altra causa, dopo essere sì rimasto vittima di un attentato terroristico.

Il nodo della permanenza in vita
Per i giudici d'appello però la tesi della permanenza in vita della vittima al momento dell'introduzione della nuova disciplina non coglie nel segno. Ebbene, afferma il Collegio, con la nuova normativa «le provvidenze sono state estese dal 1 Gennaio 2014 anche a favore del coniuge e dei figli della vittima sopravvissuta con gravi invalidità, oltre che a favore dei superstiti della vittima deceduta a causa dell'attentato; ma ciò non significa affatto che la vittima sopravvissuta debba essere ancora in vita alla data di entrata in vigore della legge da cui può cominciare a decorre la corresponsione dei benefici». Non c'è, infatti, alcun collegamento tra il decesso e l'evento lesivo, ragion per cui «nessuna rilevanza può assumere la morte della vittima prima o dopo l'entrata in vigore» della novella legislativa.
In altri termini, spiega la Corte, «la circostanza per cui la vittima dell'atto terroristico sia ancora in vita o deceduta al momento di entrata in vigore della normativa de qua non può assurgere a criterio di discrimine per la concessione dell'invocato beneficio assistenziale». Tale interpretazione, infatti, comporterebbe «l'assurda conseguenza che i famigliari di vittima del terrorismo deceduto in data 1/1/2014 potrebbero giovarsi a vita della percezione dell'assegno vitalizio, mentre i famigliari di vittima deceduta pochi minuti prima dell'1/1/2014 vedrebbero sfumare inesorabilmente tale possibilità con conseguente violazione del principio di uguaglianza sia formale che sostanziale».

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