Whistleblowing due anni dopo: dalle linee guida all’esperienza aziendale
Le principali criticità operative sulle modalità di implementazione e gestione dei canali interni di segnalazione riscontrate nell’esperienza aziendale. Focus sullo Schema delle nuove Linee Guida di ANAC, non ancora pubblicate in via definitiva
Il Decreto Legislativo n. 24 del 10 marzo 2023 ha recepito in Italia la Direttiva (UE) 2019/1937 sulla protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato.
Con tale intervento, il legislatore ha voluto rafforzare le misure di prevenzione e contrasto delle condotte illecite all’interno delle organizzazioni complesse, imponendo nuove regole e una più stringente procedimentalizzazione delle attività inerenti il c.d. whistleblowing.
A distanza di due anni dalla pubblicazione del citato Decreto, appare quindi opportuno interrogarsi sul grado di recepimento interno di tale disciplina, tentando di fornire le possibili risposte ai dubbi e alle criticità che ancora permangono nell’applicazione.
L’attuazione della Direttiva in Italia: le indicazioni di ANAC
In un contesto europeo che ha palesato un’applicazione disomogenea e frammentata della disciplina nei diversi stati membri, l’Italia ha saputo fornire una corretta attuazione della Direttiva, riconoscendo all’intero sistema whistleblowing un ruolo centrale nel complessivo sistema dei controlli interni e degli assetti organizzativi delle imprese.
Questo è stato possibile anche grazie all’incisivo ruolo di garanzia che il Decreto ha conferito ad ANAC e che ha portato l’Autorità ad adottare, sin dalle prime fasi, specifiche Linee Guida per fornire alle imprese i chiarimenti necessari e i principi interpretativi della normativa.
Inoltre, l’attività di monitoraggio svolta, nonché l’intervento e le raccomandazioni ricevute dalle associazioni di rappresentanza delle imprese e dagli altri soggetti istituzionali coinvolti ha portato recentemente ANAC ad elaborare lo Schema di nuove Linee Guida, ad oggi non ancora pubblicate in via definitiva, destinate ad integrare le precedenti e a fugare i dubbi applicativi ancora presenti.
Le modalità di segnalazione: forma scritta o orale?
Ripercorrendo brevemente le principali criticità riscontrate dalle imprese, in primo luogo, gli interpreti si sono lungamente interrogati se le modalità di segnalazione, previste dal Decreto sia in forma scritta che in forma orale, dovessero essere intese in via alternativa ovvero cumulativa.
Mentre inizialmente si era ritenuto preferibile quest’ultima interpretazione, nella recente pubblicazione ANAC ha stabilito che la segnalazione in forma orale può essere effettuata in via alternativa.
La scelta tra la segnalazione scritta e segnalazione orale è oggi quindi demandata esclusivamente al segnalante, ferma restando invece l’obbligatorietà per l’ente di predisporre entrambe le modalità di segnalazione e l’opportunità di farne menzione nel Modello 231.
Quanto alla forma scritta, per rafforzare le garanzie di riservatezza, lo Schema di nuove Linee Guida esprime una chiara preferenza per l’utilizzo di una piattaforma informatica, chiarendo però che una tale scelta debba essere comunque effettuata alla luce delle specificità del contesto organizzativo di riferimento e assicurando un livello di sicurezza adeguato agli specifici rischi.
Il gestore del canale interno
Con riferimento alla figura del gestore delle segnalazioni, fatta salva l’autonomia degli enti nell’individuare le figure in possesso dei requisiti richiesti dal Decreto, occorre evidenziare come, secondo ANAC, un ruolo centrale sia oggi ricoperto dall’Organismo di Vigilanza (OdV).
Si osserva, infatti, che anche qualora l’ente individui un soggetto diverso dall’OdV come gestore della segnalazione, sia comunque opportuno prevedere necessariamente forme di raccordo tra le due figure, tenuto conto che l’OdV deve poter sempre vigilare sul funzionamento e sull’osservanza del Modello.
In questo senso, muovono le principali esperienze aziendali dove flussi informativi tra il gestore del canale whistleblowing e l’OdV costituiscono prassi consolidate e dove spesso l’oggetto delle segnalazioni non è più limitato alle materie previste dal Decreto, bensì comprende ogni violazione delle procedure interne e del Codice Etico rilevanti ai fini del D.Lgs. 231/2001.
Al contrario, con riferimento alla possibilità che il ruolo di gestore della segnalazione venga ricoperto dal Data Protection Officer (DPO), l’ANAC ritiene preferibile tenere distinti i due ruoli, considerato che entrambi comportano numerose responsabilità e compiti da svolgere che determinerebbero una limitazione dell’effettività delle funzioni svolte.
Il canale di segnalazione interno nei gruppi societari
Altro tema particolarmente dibattuto su cui si è cercato di fornire indicazioni pratiche è quello della condivisione del canale di segnalazione per i grandi gruppi di imprese con numero di dipendenti superiore a 249 unità.
In linea con quelle che erano state le indicazioni di Confindustria, lo Schema di nuove Linee Guida ha ribadito che per i grandi gruppi non è consentita la condivisione del canale interno di segnalazione ma ha aperto alla possibilità di esternalizzare il servizio di ricezione e gestione della segnalazione - tramite appositi contratti di affidamento - ad un soggetto terzo che può essere individuato anche nella società capogruppo.
Tale scelta mira a fornire adeguata risposta alle esigenze operative diffuse all’interno delle realtà aziendali e ad adeguarsi a quella che era una prassi già diffusa nel contesto dei grandi gruppi aziendali, in cui spesso si riscontrano contratti di service nei confronti della capogruppo per l’utilizzo della piattaforma comune e gestione delle segnalazioni invece ramificata in sotto canali articolati in base alle singole società controllate.
Formazione e informazione
Infine, particolare attenzione è posta da ANAC sull’attività di formazione e informazione al personale e ai soggetti gestori delle segnalazioni, laddove sia il Decreto che lo Schema di nuove Linee Guida sottolineano come questa sia essenziale per creare una cultura di trasparenza e integrità all’interno dell’organizzazione aziendale.
Sotto questo profilo, ANAC fornisce alcuni suggerimenti di cui gli enti e le amministrazioni possono tener conto nell’orientare la loro attività formativa, ribadendone il ruolo centrale per garantire una gestione consapevole e accurata delle segnalazioni whistleblowing e sottolineando come la mancata partecipazione alle sessioni formative da parte del dipendente possa costituire violazione del Modello 231.
I dubbi interpretativi e applicativi rimasti irrisolti
Fermi i punti appena descritti, restano ancora da chiarire, invece, alcuni aspetti operativi su cui ANAC non ha fornito le opportune risposte come, ad esempio, in merito alla necessità o meno di adottare una procedura per descrivere il sistema di segnalazione o alla possibilità che tale sistema venga disciplinato direttamente all’interno del Modello 231. Si auspica sul punto un intervento chiarificatore che possa tener conto anche dei suggerimenti avanzati dagli altri soggetti istituzionali che hanno partecipato alle consultazioni.
La partita, dunque, non può dirsi certamente conclusa, sia perché, come detto, si attende la pubblicazione delle nuove Linee Guida ANAC, sia perché entro il 2026 la Commissione Europea presenterà il proprio rapporto sulla disciplina whistleblowing, con cui verranno avanzate proposte di modifica alla Direttiva che, inevitabilmente, avranno rilevanti conseguenze applicative anche sulla legislazione nazionale.
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*Avv. Edoardo Asta, LCG Studio Legale