La Cassazione riconosce l’importanza dell’ascolto del minore
L’ascolto del bambino di almeno dodici anni, e anche di età inferiore se capace di discernimento, costituisce una modalità tra le più rilevanti di riconoscimento del suo diritto fondamentale di essere informato e di esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse, anche se le sue dichiarazioni non vincolano il giudice nell'adozione dei provvedimenti nel superiore interesse del bambino. Questo è quanto ha stabilito, con sentenza 12018 del 7 maggio 2019, la prima sezione civile della Corte di Cassazione.
Un padre presenta ricorso in Cassazione contro il decreto della Corte d’appello territoriale per ottenere la modifica delle condizioni di divorzio congiunto concernenti, tra le altre cose, la collocazione del figlio minorenne già disposta presso la madre, trasferitasi in un’altra città. Nel caso di specie, il padre lamenta che, ai fini della decisione, la Corte d’appello non ha disposto una nuova audizione diretta del figlio, poiché già ascoltato in primo grado, così come non ha accolto la richiesta di effettuare nuova consulenza tecnica d'ufficio sul bambino.
La Corte di cassazione, nel caso di specie, si allinea con quanto deciso dalla Corte d’appello, ritenendo soddisfacente ed esaustiva sia l'audizione del bambino che la consulenza tecnica d'ufficio già effettuate in primo grado, valutando manifestamente superflua la richiesta del padre.
La Suprema Corte chiarisce che «l’audizione dei minori è divenuta adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardino, e in particolare in quelle relative al loro affidamento ai genitori, salvo che l’ascolto possa essere in contrasto con gli interessi superiori del minore. Costituisce, pertanto, violazione del principio del contraddittorio e dei principi del giusto processo il mancato ascolto che non sia sorretto da espressa motivazione sull’assenza di discernimento che ne può giustificare l’omissione, in quanto il minore è portatore di interessi contrapposti e diversi da quelli del genitore, in sede di affidamento e diritto di visita e, per tale profilo, è qualificabile come parte in senso sostanziale (Cassazione a Sezioni unite, 22238 del 21 ottobre 2009) e che l’audizione del minore infradodicenne capace di discernimento può avvenire direttamente da parte del giudice ovvero, su mandato di questi, di un consulente o del personale dei servizi sociali, salvo che il giudice non ritenga, con specifica e circostanziata motivazione, l’esame manifestamente superfluo o in contrasto con l’interesse del minore (Cassazione, 3913 del 16 febbraio 2018, tra molte)».
La Cassazione puntualizza, infatti, che in primo grado il consulente tecnico d’ufficio aveva tenuto in considerazione le dichiarazioni del bambino nell’ambito dell’approfondita valutazione delle risultanze istruttorie raccolte nell’elaborato peritale posto a fondamento dei provvedimenti adottati dal giudice di prime cure. Per la Cassazione, risultano inoltre espresse in maniera logica e chiara le ragioni per cui la Corte di appello disattende il desiderio manifestato dal figlio di tornare a vivere dal padre. Nello specifico, la Corte evidenzia che tale desiderio appare derivare dal comportamento tenuto dal padre in opposizione alla madre, tale da indurre il bambino a schierarsi nel conflitto tra i genitori a favore del padre e a manifestare l’insistente desiderio di tornare a vivere dallo stesso e la sua impossibilità di inserirsi nell’ambiente materno così da coinvolgerlo in scelte e decisioni che competono ai genitori.
Questa recente sentenza della Suprema Corte sul tema della rilevanza dell’audizione del bambino nei procedimenti di famiglia si presenta in linea con un orientamento giurisprudenziale andato via via consolidandosi negli ultimi anni, e ciò concordemente con quanto previsto sul punto, in ambito internazionale, dall’articolo 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo e dall’articolo 6 della Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei bambini e in Italia dall’articolo 336-bis del Codice civile, introdotto dalla legge 54 del 2006, proprio sull’ascolto del bambino.
Corte di Cassazione, sentenza n. 12018 del 7 maggio 2019