Civile

Medical malpractice: risarcimento in forma di rendita anche per i danni non patrimoniali

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di Marco Rodolfi

Il Tribunale di Milano, a distanza di tempo, torna a parlare di liquidazione del danno in forma di rendita, ma, questa volta, estende addirittura la possibilità di procedere a siffatta liquidazione, non più al solo danno patrimoniale, bensì anche a quello non patrimoniale, come anticipato dal Sole 24 Ore il 27 maggio scorso.

La vicenda - La vicenda riguarda una vertenza di medical malpractice in cui il Tribunale, dopo aver riconosciuto la responsabilità della struttura ospedaliera convenuta, sulla scorta delle risultanze dell'espletata Ctu medico-legale già svolta in sede di Accertamento tecnico preventivo ex articolo 669-bis del codice di procedura civile, passa ad affrontare il delicato tema della liquidazione dei gravissimi danni subiti dalla paziente in conseguenza dell'operato dei sanitari (82% di postumi permanenti a titolo di danno biologico iatrogeno differenziale).

La liquidazione del danno - Nel procedere alla liquidazione del danno non patrimoniale, giustamente il Tribunale osserva come: «si può ancora fare applicazione delle tabelle elaborate da questo Tribunale comunemente adottate per la liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c. del danno non patrimoniale derivante da lesione dell'integrità psico/fisica - criterio di liquidazione condiviso dalla Suprema Corte (Cass. 7/6/2011 n. 12408 e Cass. 22/12/2001 n. 28290). Infatti, pur tenendo conto dell'insegnamento della Corte costituzionale (sentenza 235/2014, punto 10.1 e ss.) e del recente intervento del legislatore sugli artt. 138 e 139 C.d.A. come modificati dall'art. 1, comma 17, della legge 4 agosto 2017, n. 124 - la cui nuova rubrica ("danno non patrimoniale", sostituiva della precedente, "danno biologico"), ed il cui contenuto consentono di distinguere, secondo un'interpretazione letterale che rende inutile il ricorso agli ulteriori criteri interpretativi, definitivamente il danno dinamico-relazionale causato dalle lesioni da quello morale - nel caso in esame, alla luce dell'entità delle lesioni e delle specifiche allegazioni di parte ricorrente, è possibile valutare, con i criteri di cui alle richiamate tabelle, sia l'aspetto interiore del danno sofferto quanto quello dinamico-relazione».
Orbene: «L'importo astrattamente liquidabile per una lesione dell'integrità psicofisica nella misura del 82% in soggetto di sesso femminile, di 80 anni alla data dell'intervento, risulta corrispondente alla somma di euro 594.913,00».
A tale voce risarcitoria dovrà sommarsi il: «danno biologico da inabilità temporanea, calcolata nella misura di cinque mesi» per una somma di euro 14.700,00.
Nulla viene invece riconosciuto a titolo di personalizzazione del danno: «in difetto di specifica allegazione sui caratteri anomali ed eccezionali delle conseguenze».
Per quanto riguarda i danni patrimoniali, viene riconosciuta alla paziente la somma di euro 30.070,00 per: «le opere necessarie per adeguamento dell'immobile in cui abita ed alle spese di sopralluogo».
All'istante spetta inoltre, sempre secondo il Tribunale: «il risarcimento dei danni futuri, relativi alle spese di assistenza necessarie per tutta la durata della sua vita».
Dalla Ctu è infatti emerso che: «Le condizioni della ricorrente richiedono trattamenti fisioterapici, non tanto volti al recupero funzionale, quanto piuttosto al mantenimento di quanto recuperato;- I predetti trattamenti possono essere effettuati tramite il SSN; - La ricorrente necessita di un'assistenza di tipo generico nelle ore diurne (12-14 h al giorno), dal momento che la condizione di emiplegia flaccida le impedisce la deambulazione, passaggi posturali autonomi e l'espletamento di atti quotidiani basilari (pratiche igieniche, vestizione e rimozione di abiti, preparazione dei pasti, spostamenti intra ed extra abitativi); Suddetta assistenza può essere espletata da un "badante", senza necessari requisiti in ordine ad una preparazione sanitaria».
Con riferimento alla quantificazione delle dette spese, peraltro, il magistrato ha considerato i seguenti elementi: «- Nulla può essere risarcito per i trattamenti fisioterapici atteso che gli ausiliari del Giudice hanno chiarito che gli stessi possono essere forniti dal SSN; - La ricorrente necessita di assistenza di tipo generico e, dunque, per la quantificazione delle spese dovute a tale titolo, può farsi riferimento ai notori importi erogati per le prestazioni mensili di una "badante" (pari ad euro 1.300,00)».

La quantificazione della rendita - A questo punto, tuttavia, il Tribunale ha ritenuto di dover procedere con la liquidazione sia dei danni non patrimoniali che di quelli patrimoniali sotto forma di rendita.
Questa la motivazione: «Stante la oggettiva gravità della situazione della sig. omissis, il carattere permanente del danno e l'impossibilità di stabilire, in modo oggettivo, una durata presumibile della vita della danneggiata (ormai già in età molto avanzata), ritiene il Tribunale di provvedere, ai sensi dell'art. 2057 c.c., mediante la costituzione di una rendita vitalizia (art. 1872 c.c.)».
Per la quantificazione di tale rendita: «devono essere presi in considerazione i seguenti elementi:
- Le somme dovute alla ricorrente a titolo di danno non patrimoniale (come sopra indicate);
- L'importo di euro 30.070,00 a titolo di danno patrimoniale (per le spese di adeguamento dell'immobile);
- Una presumibile aspettativa di vita decennale (in considerazione dell'età della ricorrente, ma anche del carattere ormai cristallizzato delle lesioni, che non incidono, per quanto evidenziato dai CTU, sulle aspettative di vita), presa in considerazione ai soli fini della quantificazione della rendita».
Alla luce dei predetti elementi: «in via equitativa, la rendita vitalizia viene quindi quantificata in euro 5.350,00,00 mensili -, pari ad euro 64.200,00 annui - da versarsi in via anticipata all'inizio di ciascun anno - per tutta la durata della vita della beneficiaria e con rivalutazione».
Tale rendita: «attraverso la quale si risarcisce un danno già integralmente verificatosi» deve essere fatta decorrere dal momento dell'illecito, con la conseguenza che la struttura convenuta sarà obbligata a: «provvedere al pagamento della somma capitale di euro 299.600,00, calcolata moltiplicando l'importo della rendita mensile per 56» pari al numero di mesi compreso tra l'illecito e la data della pronuncia.
Ma non basta.
Il Tribunale prevede inoltre la costituzione di una apposita rendita pari a euro 1.300,00 mensili: «relativa alle spese necessarie per l'attività di assistenza generica sopra indicata».
Questa seconda rendita, tuttavia, potrà: «essere fatta decorrere solo a far data dalla presente decisione, atteso che, per il periodo antecedente, nulla è stato dimostrato dalla difesa. Né può essere considerato il fatto che la danneggiata abbia rinunciato alle spese di assistenza per ragioni economiche, atteso che tale circostanza - che potrebbe aver rilievo ai fini della valutazione di un danno non patrimoniale - non è stata allegata».
A questo punto il magistrato spiega che: «ancora, con riferimento alla costituzione di una rendita, si osserva che, nonostante la sua scarsissima applicazione pratica, tale strumento (come già affermato dalla Suprema Corte, cfr. Cass. 24451/2005) offre un importante criterio di liquidazione del lucro cessante, consentendo al giudice, d'ufficio (e dunque senza la necessità di una specifica domanda in tal senso), di valutare la particolare condizione della parte danneggiata e la natura del danno, con tutte le sue conseguenze».
In definitiva, la struttura convenuta è stata quindi condannata al pagamento, in favore dell'attrice di una rendita vitalizia così composta:
«- Euro 5.350,00,00 mensili - pari ad euro 64.200,00 annui - in via anticipata - per tutta la durata della vita della beneficiaria, a far data dalla data dal 4.9.2014 (ndr data illecito);
- Euro 1.300,00 mensili - pari ad euro 15.600,00 annui - in via anticipata -per tutta la durata della vita della beneficiaria, a far data dalla data dalla presente pronuncia».
La rendita dovrà essere altresì rivalutata annualmente, secondo l'indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi membri dell'Unione europea (Ipca) e a: «A garanzia della predetta rendita vitalizia (ed in ossequio a quanto previsto dall'art. 2057 c.c., in merito alle cautele)», la struttura convenuta dovrà essere: «condannata a stipulare una polizza sulla vita, a premio unico, a vita intera ed in forma di rendita» a beneficio della paziente.

Tribunale di Milano - Sezione civile - Sentenza 14 maggio 2019 n. 14703

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