Nelle parcelle dei legali costi dettagliati per prevenire le liti
I giudici stringono sui rischi per i professionisti “indisciplinati” a due anni dal debutto della legge sulla concorrenza 124/2017 che, cancellando dall’articolo 13, comma 5, della legge professionale forense 247/2012 le parole «a richiesta», ha introdotto l’obbligo degli avvocati di fornire ai clienti una «comunicazione» (più che un vero e proprio preventivo) del costo della difesa.
Oggi, per i clienti, sapere a priori quanto si dovrà sborsare per poter contare sull’assistenza legale è un diritto. E rappresenta, tra l’altro, un aiuto anche per gli avvocati che, dettagliando attività e costi, potrebbero prevenire le contestazioni e assicurarsi il pagamento del compenso. Nonostante questo, sono numerose le liti sulla parcella. Ad alimentarle sono anche le zone d’ombra lasciate da una norma molto sintetica che, essendosi limitata a sopprimere un inciso, presta agilmente il fianco a dubbi interpretativi.
Le indicazioni del Cnf...
A guidare la risoluzione delle questioni più complesse sono le indicazioni stilate dal Consiglio nazionale forense, che hanno messo a fuoco l’esatto contenuto dell’informativa (scheda 67/2017). Intanto, ha precisato il Cnf, la stima deve essere affiancata da una relazione ampia e dettagliata che dia conto di quali attività saranno presumibilmente svolte, delle eventuali alternative o vie stragiudiziali per risparmiare tempo e denaro, della possibilità per i clienti che non sforino il tetto di reddito previsto di fruire del patrocinio gratuito, della durata approssimativa della causa e delle particolari difficoltà che potranno far lievitare il “conto”.
Tante le variabili. All’avvocato, quindi, converrà apporre nel carteggio da far sottoscrivere all’assistito una clausola di salvaguardia che lo avvisi del fatto che – a fronte di imprevisti o evoluzioni inattese – la somma pattuita potrebbe subire variazioni al rialzo.
Non è invece obbligatorio indicare nel prospetto i compiti urgenti quali il colloquio con l’arrestato o la partecipazione a un giudizio direttissimo.
Ma che succede se il professionista non comunica alcunché o, nel chiedere il compenso, pretende più di quanto previsto in precedenza? Di certo l’avvocato rischia di andare incontro a misure disciplinari, come l’avvertimento. Il mandato però resterà valido; e il professionista potrà esigere il compenso, che però - in caso di lite - sarà calcolato sulla base dei parametri ministeriali, disciplinati dal decreto 55 del 2014.
... e quelle dei giudici
Sono le pronunce dei giudici, comunque, a fornire indicazioni su cosa aspettarsi nel caso in cui avvocato e cliente litighino sul compenso per l’attività legale.
Così, ad esempio, la Cassazione (ordinanza 28856/2018) ha chiarito che la parcella dell’avvocato che, in sede extra processuale, abbia curato gli interessi di uno degli eredi nella divisione dell’asse ereditario deve essere calcolata in base alla quota effettivamente attribuita al cliente e non in proporzione al valore dell’intero asse ereditario.
Peraltro, nel conteggiare le spettanze del legale, il giudice può determinare in modo discrezionale gli onorari, sempre all’interno della forbice prevista dagli scaglioni nel decreto sui parametri. Invece, per quel che riguarda le spese e le spettanze dell’avvocato, che sono determinate dal decreto in misura fissa, il giudice deve riscontrare la parcella voce per voce e verificare la ricorrenza delle prestazioni e la corrispondenza ai rispettivi importi (Cassazione, ordinanza 5798/2019). Ancora: i diritti per l’esame dei carteggi prodotti da controparte devono essere quantificati in misura fissa a prescindere dal numero dei documenti, mentre all’avvocato spetta un compenso per ogni scritto difensivo e per il relativo deposito (Cassazione, ordinanza 21906/2019).
Se poi il professionista, dopo avere emesso una parcella, ne redige un’altra chiedendo al cliente un compenso maggiore, spetta al giudice appurare la legittimità della seconda richiesta, a meno che la prima non sia vincolante perché conforme a un accordo pregresso o perché accettata dall’assistito (Tribunale di Roma, sentenza 2377/2018).
Esiste, tuttavia, una soluzione indolore per spegnere i conflitti sul nascere: rivolgersi al Consiglio dell’Ordine per tentare la conciliazione o farsi rilasciare un parere di congruità della parcella. Infatti, la parcella ritenuta congrua, ossia equa, acquista valore di prova privilegiata e il legale può usarla per munirsi di decreto ingiuntivo e ottenere il pagamento forzato del dovuto (Tribunale di Rovigo, sentenza 285/2019). Attenzione però: la parcella, anche se corredata dal parere di congruità del Consiglio dell’Ordine, resta una semplice dichiarazione unilaterale del professionista e non vale come prova nel successivo giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo che verta sulla consistenza delle prestazioni eseguite o sulla pertinenza della tariffa a quanto preteso.
Le indicazioni della giurisprudenza