Non è molestia fotografare l'auto del condomino parcheggiata fuori posto
Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 18744 depositata oggi
Non integra il reato di molestie l'aver scattato delle foto all'auto del condomino parcheggiata in un'area vietata alla sosta per documentarne il comportamento all'amministratore, anche se a bordo vi erano i figli minori. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 18744 depositata oggi, accogliendo il ricorso di un uomo prima imputato perché "per biasimevole motivo, recava molestia e disturbo ai condomini" e poi assolto in considerazione della "particolare tenuità del fatto". Contro questa decisione tuttavia egli ha proposto ricorso per erronea applicazione dell'art. 660 cod. pen. sostenendo la mancanza del motivo biasimevole richiesto dalla norma incriminatrice per la rilevanza penale del fatto.
Per prima cosa la Corte ribadisce la impugnabilità delle sentenze di assoluzione ex articolo 131-bis del Cp, considerata l'annotazione nel casellario giudiziale e l'idoneità a spiegare effetti nei giudizi civili e amministrativi nei quali è dedotta la risarcibilità del danno derivante dal fatto ritenuto non punibile.
La Prima sezione penale che ha accolto la doglianza ha così affermato che nella ipotesi di un'unica azione, per integrare la fattispecie criminosa, la condotta "deve necessariamente essere particolarmente sintomatica dei requisiti previsti dalla norma incriminatrice". E cioè: "l'atto per essere molesto deve non soltanto risultare sgradito a chi lo riceve, ma dev'essere anche ispirato da biasimevole, ossia riprovevole, motivo, in alternativa, l'atto per essere molesto deve rivestire il carattere della petulanza, che consiste in un modo di agire pressante ed indiscreto, tale da interferire sgradevolmente nella sfera privata di altri".
Nel caso in esame, invece, per un verso, l'abitualità della condotta doveva essere esclusa considerato che la sentenza impugnata si riferiva a un solo episodio; per l'altro, nel comportamento tenuto non erano ravvisabili gli estremi del reato ascritto. Va infatti escluso, spiega la Suprema corte, "il biasimevole motivo a sostegno del comportamento dell'imputato, il quale aveva scattato le foto dell'autovettura delle persone offese perché essa era ferma in area vietata, per segnalare il comportamento scorretto all'amministratore del condominio". Del resto, tale comportamento, come emerso dalla istruttoria dibattimentale, era stato tenuto anche da altri condomini "in ragione della problematica situazione, sussistente all'interno del condominio, relativa alle aree di sosta e all'occupazione, da parte dei veicoli, di aree in cui la sosta era invece interdetta".
Infine, le parole e gli epiteti rivolti ai condomini non rivestivano i tipici elementi della condotta molesta.