Civile

Più spazio per l’introduzione di nuove domande

di G. Ne.

Si può introdurre in giudizio un diritto diverso da quello originariamente fatto valere. Anche oltre l’udienza di prima comparizione delle parti, ma solo a determinate condizioni. Tra queste, il fatto che il diritto deve riguardare la medesima vicenda sostanziale già dedotta, deve coinvolgere le medesime parti, e deve avere come almeno parziale obiettivo l’utilità già fatta valere nel giudizio iniziale. Lo chiarisce la Corte di cassazione con l’ordinanza della Sesta sezione civile 18546 depositata ieri. La Cassazione delimita così i confini e approfondisce i contenuti della cosiddetta «complanarità» che si distingue dalla domanda riconvenzionale disciplinata dall’articolo 183, comma 5 del Codice di procedura civile e che resta legata alle contropretese del convenuto.

La domanda aggiuntiva può così andarsi a sommare a quella originaria senza doverla per forza sostituire. Questa la conclusione cui arriva l’ordinanza dirimendo un dubbio rimasto anche dopo diverse pronunce delle Sezioni unite. L’ordinanza inoltre richiama le conclusioni raggiunte sul tema della modificabilità della domanda originaria. In particolare, la modifica della domanda iniziale può riguardare anche gli elementi identificativi della stessa a condizione che essa riguardi la medesima vicenda sostanziale che si è inteso fare valere in giudizio con l’atto introduttivo o comunque a questa deve essere collegate, traendo gli elementi di connessione dal generale impianto del Codice di procedura civile con particolare riferimento alla connessione per alternatività o per incompatibilità.

Una soluzione come quella individuata dalla Cassazione, su questo coerente con precedenti interventi, appare inoltre ai giudici pienamente rispettosa del tema cruciale dell’economia processuale perché non incide in maniera significativa sui tempi di durata dei giudizi. Anzi, osserva la Corte si tratta di una conclusione che favorisce una soluzione della complessiva vicenda portata davanti al giudice, evitando in questo modo la proliferazione dei processi. Si tratta poi di un esito che è in sintonia con il requisito della stabilità delle decisioni giudiziarie, limitando il rischio di pronunce contrastanti sulla medesima vicenda più che sullo stesso tema, «nonchè della effettività della tutela assicurata, sempre messa in pericolo da pronunce meramente formalistiche». E comunque, si osserva infine, la stessa difesa della controparte non risulta penalizzata da un effetto “sorpresa” , vista la necessità del collegamento con la vicenda principale.

Corte di cassazione, Sesta sezione civile, ordinanza 7 settembre 2020 n. 18546

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