Penale

Riforma "Cartabia": non subito applicabili le norme di favore sulla procedibilità a querela

È l'effetto del differimento operato dal Dl 162/2022, in corso di conversione alle Camere

di Aldo Natalini

Riforma Cartabia: la disciplina di favore sulla procedibilità a querela dettata dall'articolo 2, comma 1, del Dlgs n. 150/2022 non è immediatamente applicabile in forza del diverso e autonomo intervento legislativo - intervenuto in extremis il 31 ottobre scorso in sede di vacatio legis - di cui all'articolo 6 del Dl n. 162/2022 che, introducendo il novello articolo 99-bis, ha differito l'entrata in vigore del decreto al 30 dicembre 2022 «sulla base di una norma che il giudice non può certo disapplicare».

Così la Quinta Sezione penale che, con la sentenza n. 45104/2022, depositata lo scorso 28 novembre, ha respinto le richieste della difesa di un imputato - condannato, tra l'altro, per il reato (a oggi officioso) di lesioni personali aggravate - che, con motivi nuovi, aveva chiesto agli "ermellini" di Piazza Cavour, dapprima, la subitanea applicazione del regime di favore di cui al Dlgs n. 150/2022 e, dopo il differimento ex lege dello stesso, la remissione in termini in presenza dello ius novum e, in subordine, il rinvio dell'udienza (celebratasi il 4 novembre scorso) a data successiva al 30 dicembre prossimo.

Ma la Suprema corte ha escluso l'immediata operatività del nuovo regime querelatorio che, a fronte dell'intervenuta remissione, avrebbe consentito - nella specie - il dispiegarsi dell'invocato effetto estintivo (peraltro comunque maturato per prescrizione, a fronte di ricorso giudicato ammissibile).
Questa decisione di legittimità giunge lo stesso giorno della coeva sentenza n. 45120/2022 (in NT Plus diritto del 28 novembre 2022) in cui la Suprema corte afferma l'inapplicabilità della nuova condizione di procedibilità della confisca stabilita dall'articolo 1, comma 14, della legge delega n. 134/2021, per i fatti commessi anteriormente alla sua promulgazione; ciò perché le indicazioni del legislatore delegante sono prive di efficacia in assenza della loro attuazione tramite l'adozione dei decreti legislativi delegati (vedi Nt Plus diritto del 30 novembre 2022).
Due pronunce "sincroniche" che, da due angoli visuali diversi ma convergenti nella ratio decidendi, smentiscono senza mezzi termini quella tesi dottrinaria che, all'indomani del varo del Dl n. 162/2022, auspicava una "lettura costituzionalmente orientata" – alternativa alla questione di legittimità costituzionale (frattanto pure sollevata dal Tribunale di Siena, con ordinanza dell'11 novembre 2022: vedi NT Plus diritto dell'11 novembre 2022) – «che porti a ritenere applicabili, anche nel periodo di prolungata vacatio, le leggi penali sostanziali più favorevoli previste dal Dlgs n. 150/2022» (così G.L. Gatta, in Sistema penale del 12 novembre 2022; ibidem, editoriale del 31 ottobre 2022). Soluzione che – si argomentava – troverebbe l'avallo in quella giurisprudenza di legittimità che ha ritenuto applicabile in giudizio lo ius novum più favorevole al reo già durante il periodo di vacatio legis (Cassazione, Sezione I penale, n. 39977/2019, Addis, Ced 276949; Id., n. 53602/2017, Caré e altro, Ced 271639) ma che oggi è espressamente smentita dalla sentenza 45104/2022, per il decisivo rilievo che il caso in esame chiama in causa non già la problematica della vacatio - esauritasi, per il Dlgs n. 150/2022, lo scorso 1 novembre 2022 - bensì la chiara voluntas espressa dallo stesso Dl n. 162/2022, sicché il riferimento alla ratio di garanzia sottesa alla previsione del termine della vacatio volto a permettere la conoscenza della nuova norma (di favore) è reputato del tutto «inconferente rispetto al differimento sancito dal Dl 162/2022».

Frattanto, sul fronte parlamentare, l'esame del Ddl 274 di conversione del Dl 162/2022, con un corposo fascicolo di emendamenti di Commissione, è atteso nell'aula del Senato il prossimo 12 dicembre.

La tesi (affossata) della retroattività della lex mitior applicabile (già) nel periodo di vacatio
La Suprema corte, con la sentenza in commento, ha preso in esame l'evocato indirizzo espresso dalle succitate sentenze di legittimità (che erano state richiamate dal ricorrente nei motivi nuovi), secondo le quali, in tema di abolitio criminis, è legittima la sentenza d'appello che non confermi la condanna per un reato che, al tempo della decisione, risulti abrogato, nonostante al momento dell'adozione della decisione non sia ancora interamente decorso il periodo di vacatio legis ai sensi dell'articolo 10 delle preleggi e dell'articolo 73, terzo comma, della Costituzione, in quanto la funzione di garanzia per i consociati, che è perseguita dalla previsione del suddetto termine volto a permettere la conoscenza della nuova norma, non comporta anche il perdurante dovere del giudice di applicare una disposizione penale ormai abrogata per effetto di una successiva norma già valida (Sezione I penale, n. 53602/2017, Carè, Ced 271639, in tema di depenalizzazione del reato di ingiuria ex articolo 1, comma 1, lettera e, del Dlgs n. 7/2016; conforme Sezione I penale, n. 39977/2019, Addis, Ced 276949, in tema di nuovi limiti scriminanti della legittima difesa ex articoli 52 e 55 Cp introdotti dall'articolo 1 della legge n. 36/2019).

La Quinta sezione penale – con la sentenza in commento – mostra di non condividere l'indirizzo espresso da queste due decisioni per plurime (condivisibili) ragioni.
In primo luogo, il riferimento alla ratio della disciplina della vacatio legis non può sterilizzare la chiara formulazione dei suoi effetti, ossia la "non obbligatorietà" della legge prima del decorso del termine della vacatio, secondo la formula di cui all'articolo 10, primo comma, della preleggi, ovvero, la più puntuale dizione dell'articolo 73, terzo comma, della Costituzione, in forza del quale, di regola e salvo regolamentazione da esse stesse stabilita, la legge «entra in vigore» il quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione. L'univoco tenore dell'articolo 10 delle preleggi e quello, ancor più perspicuo, dell'articolo 73, terzo comma, della Costituzione rendono ragione dell'autorevole opinione dottrinale secondo cui il periodo di vacatio costituisce il riferimento essenziale per fissare il momento in cui la legge entrerà in vigore.
Del resto – rammentano i Supremi giudici, con ciò smentendo quell'opinione dottrinaria di recente intervenuta in senso contrario – «non è dubbio che, durante la vacatio legis, il legislatore possa intervenire per modificare la legge già approvata e promulgata, ma ancora non entrata in vigore» (contra G.L. Gatta, editoriale del 31 ottobre 2022, il quale dubita che il Governo possa «adottare disposizioni integrative o correttive ricorrendo alla decretazione d'urgenza, senza seguire la procedura indicata dal Parlamento con la legge delega» ex articolo 1, comma 4, della legge n. 134/2021).

L'analoga vicenda legislativa in tema di sicurezza alimentare
Del resto – come ricorda oggi opportunamente la Cassazione – era già accaduta una simile evenienza in materia di sicurezza alimentare.
Il Dlgs n. 27/2021 - di adeguamento della normativa interna al regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio sui controlli ufficiali, basati sul rischio, sugli alimenti - all'articolo 18 aveva stabilito l'abrogazione di una serie di quasi tutti le contravvenzioni igienico-sanitarie contenute nella fondamentale legge n. 283/1962 (vedi NT Plus diritto del 13 marzo 2021), ma, prima della sua formale entrata in vigore (il 26 marzo 2021), "approfittando" dell'ordinario periodo di vacatio, il governo Draghi intervenne varando il Dl n. 42/2021 il cui articolo 1 ha "ripristinato" i reati previsti dall'articolo 18 come destinati all'abrogazione.
Si tratta di una vicenda analoga a quella odierna registratasi col differimento della riforma Cartabia rispetto alla quale la giurisprudenza di legittimità non ha ravvisato alcun fenomeno di successione di leggi, sostenendo, infatti, che la condotta di chi pone in vendita alimenti in cattivo stato di conservazione costituisce tuttora reato, sebbene l'articolo 5, lettera b), della legge 283/1962 (vedi Cassazione, sezione III penale, n. 34395/2021, Dragotto, 282365, secondo cui la condotta di chi pone in vendita alimenti in cattivo stato di conservazione costituisce tuttora reato, sebbene l'articolo 5, lettera b), della legge 30 aprile 1962, n. 283, sia stato abrogato dall'articolo 18 del Dlgs n. 27/2021, n. 27, vigente a far data dal 26 marzo 2021, in quanto il precedente 25 marzo 2021 è entrato in vigore il Dl n. 42/2021, convertito, con modifiche, nella legge n. 71/2021, che ha modificato l'articolo 18 cit., ampliando il novero delle disposizioni delle legge n. 282/1962 sottratte all'abrogazione, tra le quali il suddetto articolo 5).

Il dictum: la decisività del contrarius actus
In conclusione, per la Quinta sezione penale, è la voluntas legis espressa dal Dl 162/2022 ad aver determinato il differimento dell'entrata in vigore del Dlgs n. 150/2022, sicché il riferimento alla ratio di garanzia sottesa alla previsione del termine della vacatio volto a permettere la conoscenza della nuova norma - ratio su cui si fonda l'orientamento giurisprudenziale espresso dalle citate sentenze Carè e Addis sopra richiamate (ed oggi "rinnegato" dagli "ermellini") – è del tutto inconferente rispetto al differimento sancito dal Dl 162/2022). Qui è il legislatore che ha statuito un differimento temporale dell'entrata in vigore del Dlgs n. 150/2022, sulla base di una norma che il giudice non può certo disapplicare.
Si tratta di un approdo ermeneutico, oltreché inedito sul fronte giurisprudenziale, del tutto condivisibile poiché la diversa soluzione di attribuire rilievo a norme mai entrate in vigore, rispetto al fenomeno della successione delle leggi penali nel tempo non trova reale fondamento nella giurisprudenza di legittimità: essa costituisce, invero, una forzatura delle regole che disciplinano l'efficacia delle norme legislative – e sullo stesso affidamento che i consociati possono fare sulla vigenza delle stesse – non ha alcun senso quando, per effetto di un contrarius actus intervenuto in data antecedente all'entrata in vigore di una legge (o di un atto avente forza di legge), si sia proceduto all'abrogazione dello stesso o sia previsto il differimento dell'entrata in vigore delle norme più favorevoli (ciò che non paralizza il potere di abrogarle). Come pure è stato di recente affermato, «non ha senso rispetto alla rilevanza penale delle condotte serbate nel periodo di vacatio, dal momento che esse, alla stregua della legge vigente, sono penalmente illecite, sicché non si capisce che affidamento dei consociati si dovrebbe tutelare; non ha senso, rispetto ai processi in corso, per l'elementare ragione che una legge non entrata in vigore non realizza affatto un fenomeno di successione di leggi penali nel tempo. Allo stesso modo in cui non si realizza – quanto alla sorte dei processi aventi ad oggetto condotte poste in essere al fuori della vigenza del decreto-legge - siffatto fenomeno nel caso di decreti legge non convertiti (vedi Corte costituzionale n. 51/1985)» (G. DI MARZIO, in ForoNews- Il Foro italiano, 1° novembre 2022).

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