Amministrativo

Alla Adunanza plenaria la possibilità di cumulo tra risarcimento del danno ed emolumenti indennitari

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Rimessa all'Adunanza plenaria la questione se sia possibile o meno sottrarre dal complessivo importo dovuto al danneggiato a titolo di risarcimento del danno gli emolumenti di carattere indennitario versati da assicuratori privati o sociali ovvero da enti pubblici, specie previdenziali. Così ha deciso la sezione IV del Consiglio di Stato con l'ordinanza 6 giugno 2017 n. 2719.
I giudici amministrativi hanno ricordato che sul punto si sono formati – soprattutto dinanzi alla Corte di cassazione - due diversi orientamenti, senza che ci sia stata una pronuncia delle Sezioni Unite. L'orientamento tradizionale e maggioritario della Suprema Corte ha dato una rigorosa interpretazione del requisito della unicità (ovvero identità) della causa. Secondo la sentenza della sezione III, 30 settembre 2014, n. 20548, «in tema di risarcimento del danno da illecito, il principio della compensatio lucri cum damno trova applicazione unicamente quando sia il pregiudizio che l'incremento patrimoniale siano conseguenza del medesimo fatto illecito, sicché non può essere detratto quanto già percepito dal danneggiato a titolo di pensione di inabilità o di reversibilità, ovvero a titolo di assegni, di equo indennizzo o di qualsiasi altra speciale erogazione connessa alla morte o all'invalidità, trattandosi di attribuzioni che si fondano su un titolo diverso dall'atto illecito e non hanno finalità risarcitorie». Ha ancora affermato la Cassazione , sezione III, 2 marzo 2010, n. 4950 che «il principio della compensatio lucri cum damno trova applicazione solo quando il lucro sia conseguenza immediata e diretta dello stesso fatto illecito che ha prodotto il danno, non potendo il lucro compensarsi con il danno se trae la sua fonte da titolo diverso»: in applicazione di tale principio, la Corte ha cassato la sentenza impugnata nella parte in cui, ai fini della liquidazione del danno alla persona derivante da un sinistro stradale, aveva detratto dall'importo dovuto la somma versata al danneggiato dal suo datore di lavoro, in aggiunta al trattamento di fine rapporto, quale incentivo di natura contrattuale per anticiparne le dimissioni, giacché, secondo i Giudici della legittimità, tale importo trae titolo dal rapporto di lavoro e non dal fatto illecito causativo del danno.
Un secondo orientamento, minoritario ma che di recente si sta sempre più affermando, ha invece sostenuto che l'indennizzo eventualmente già corrisposto al danneggiato può essere interamente scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno (compensatio lucri cum damno), venendo altrimenti la vittima a godere di un ingiustificato arricchimento consistente nel porre a carico di un medesimo soggetto due diverse attribuzioni patrimoniali in relazione al medesimo fatto lesivo (Cass. civ., sez. III, 14 marzo 2013, n. 6573; id., sez. VI, 24 settembre 2014, n. 20111).

Consiglio di Stato - Sezione IV - Ordinanza 6 giugno 2017 n. 2719

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