Civile

Danno tanatologico: se la morte è immediata o non sussiste diritto al risarcimento jure hereditatis

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di Pietro Alessio Palumbo

Il danno da morte, anche definito "danno tanatologico", è il danno che deriva dalla perdita del bene "vita" a seguito dell'azione illecita altrui. È questa una ricorrente figura di danno, complessa, tuttavia oggetto di preziosa evoluzione definitoria giurisprudenziale, soprattutto nei suoi spinosi effetti risarcitori. La recente sentenza n°4146 della terza sezione civile della Corte di Cassazione, si inserisce in questo processo evolutivo, ancorando significativi arresti interpretativi. Il danno da perdita della vita, per rappresentare danno risarcibile, è necessario che sia rapportato a un soggetto idoneo a far valere il relativo credito risarcitorio. Nel caso di morte verificatasi dopo pochissimo tempo dalle avvenute lesioni personali, l'irrisarcibilità e la conseguente ereditabilità del diritto di credito deriva dalla assenza stessa di un soggetto al quale, nel momento in cui si verifica, sia collegabile la perdita, e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo diritto. Valendosi di questi principi, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso degli eredi di un motociclista tragicamente deceduto a seguito d'incidente stradale.

La vicenda - Il motociclista era spirato circa trenta minuti dopo lo scontro frontale con un'automobile che aveva invaso l'opposta corsia. Tra le altre voci di danno, i ricorrenti avevano chiesto il risarcimento del danno biologico subito dal congiunto per invalidità permanente al 100%, patita dal motociclista nel (brevissimo) lasso di tempo dopo il sinistro. Il Tribunale di prime cure aveva condannato i responsabili a risarcire i danni ai parenti della vittima, oltre al 50% delle spese processuali. Successivamente la Corte d'appello aveva condannato i soccombenti a rifondere ai parenti della vittima l'ulteriore 50% delle spese processuali di primo grado, rigettando gli altri motivi di ricorso. I congiunti del motociclista avevano di conseguenza depositato ricorso per Cassazione.

Le ragioni dei ricorrenti - Secondo i ricorrenti, il giudice d'appello avrebbe erroneamente rigettato il gravame sul risarcimento del danno biologico jure hereditatis, poiché il motociclista era sopravvissuto soltanto pochi minuti dopo il sinistro. L'istruttoria aveva infatti verificato che il malcapitato era morto dopo circa mezz'ora: tempo che la Corte aveva qualificato insufficiente per i profili risarcitori appellati. Inoltre il giudice d'appello aveva ritenuto dirimente la qualificazione del diritto alla salute quale diritto personalissimo. Conseguentemente, a parere dei ricorrenti, la Corte avrebbe ritenuto tutelabile anche il diritto alla vita del congiunto, tuttavia lo avrebbe comunque inteso quale mero diritto a restare in buona salute. Sempre secondo i ricorrenti, il diritto al risarcimento del danno da morte sarebbe stato trasmissibile loro nello stesso momento in cui era venuto meno in capo al defunto: a loro dire, "i diritti non vivono in uno spazio temporale ma in uno spazio logico".

La decisione - La Corte di Cassazione ha chiarito che se la morte è immediata o segue alle lesioni entro brevissimo tempo, non sussiste diritto al risarcimento jure hereditatís. L'Ordinamento giuridico pone il danno al centro del sistema della responsabilità civile. Danno che deve identificarsi in perdita provocata dalla lesione di una situazione giuridica soggettiva. In buona sostanza, nel caso di morte per atto illecito, il conseguente danno è la perdita dello stesso bene "vita" che è bene distinto, differenziato, fruibile solo dal titolare e non ristorabile per via equivalente. Deduttivamente la morte non rappresenta la massima offesa possibile del bene "salute". Per altro verso, la perdita di un bene per rappresentare danno ristorabile è necessario che sia correlata a un titolare leso e per ciò stesso legittimato a far valere il possibile credito risarcitorio. Conseguentemente se la sopravvivenza si protrae, il titolare trasferisce agli eredi il proprio diritto di credito originato dal fatto lesivo altrui. Credito che dunque non solo è già entrato, ma è anche stanziato nel suo patrimonio di diritti, come ogni altro diritto successibile appartenente al defunto. In buona sostanza, nel caso di morte verificatasi nell'immediato dell'evento o dopo brevissimo tempo dallo stesso, l'impossibilità di far valere il credito risarcitorio, deriva non dalla natura personalissima del diritto leso, bensì dalla assenza di un titolare al quale, nel momento in cui si verifica, sia collegabile la perdita e nel cui patrimonio possa essere acquisito il credito. Nel caso di specie, la Cassazione ha quindi dedotto che non sussistono i presupposti del legittimo diritto al risarcimento jure hereditatis, considerata la brevità del lasso temporale intercorso tra le gravissime lesioni e il decesso e tenuto conto inoltre della condizione di totale incoscienza in cui il motociclista ha trascorso il suddetto spazio temporale.

Corte di Cassazione – Sezione III – Sentenza 13 febbraio 2019 n. 4146

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