Il CommentoSocietà

L’autunno caldo della moda sostenibile fra diritto e sfide di mercato

Il ruolo del diritto come piattaforma abilitante della transizione sostenibile nella moda

di Milena Prisco*

Dati emergenti dallo studio Just Fashion Transition 2025

Lo scorso 23 ottobre, in occasione dell’annuale Venice Sustainable Fashion Forum, è stato presentato lo studio Just Fashion Transition 2025, curato da The European House Ambrosetti, che fornisce uno spaccato significativo del grado di sensibilità delle aziende della moda alle tematiche ESG (ambientali, sociali, di governance) e dei margini di transizione tuttora aperti.

Alcuni dati chiave. La filiera moda UE potrebbe raggiungere un fatturato di circa € 226 miliardi entro il 2030, con una crescita stimata tra il 12 % e il 17 % rispetto al 2024. La produttività del lavoro del settore moda in UE è ancora circa la metà della media manifatturiera europea (€ 40,6 mila vs € 80 mila pro capite) e si prevede una perdita occupazionale nell’Europa orientale pari a circa 293.000 posti di lavoro entro il 2030. Sotto il profilo della transizione sostenibile: in Italia, rispetto al 2023, sono aumentati i presidi aziendali su temi quali cambiamenti climatici (+12 %), rifiuti (+21 %) e acqua (+7 %). Tuttavia, si osserva che la maggior parte delle imprese opera ancora da “compliance” piuttosto che da attore integrato della sostenibilità.

Il report sottolinea che circa il 66 % delle tecnologie “clean disponibili per la moda è già in uno stato maturo, ma l’adozione resta limitata a causa degli elevati costi iniziali e della marginalità ridotta per circa il 60 % delle aziende italiane.

Lo studio evidenzia come vi sia una crescente sensibilità delle imprese della moda verso la sostenibilità, ma anche un forte divario tra consapevolezza e azione integrata. Il contesto geopolitico e competitivo (dazi, reshoring, instabilità) accentua la necessità di trasformare la sostenibilità da “valore aggiunto” a “leva competitiva” vera e propria. Per le imprese della moda, dunque, si apre un bivio: mantenere la sostenibilità come adempimento minimo o elevarla a driver strategico di business e governance. E’ un dato di fatto che, benché molte aziende abbiano avviato pratiche ESG, poche le hanno integrate nella strategia aziendale e nella catena del valore.

Quadro normativo: lo stato dell’arte

Se da una parte si assiste ad una crescente sensibilità del settore, dall’altra emerge una evoluzione delle normative rilevanti per l’industria della moda, in Italia e nell’UE, che nell’ultimo anno da una parte risente del rallentamento di Bruxelles sulle tematiche di sostenibilità ma dall’altra in Italia pone sotto i riflettori la filiera e la necessità della sua trasparenza.

Spunti di riflessione per le aziende e gli operatori del settore emergono dallo stato dell’arte, attesa l’incertezza del quadro normativo che ha ripercussioni dirette sulla operatività e sulla competitività del comparto.

Certificazione di filiera della moda in Italia

In Italia, è stata approvata in prima lettura dalla Commissione IX del Senato un emendamento al DDL n. 1484 (Legge annuale sulle PMI) che prevede l’istituzione di una certificazione unica di conformità della filiera della moda. La certificazione su base volontaria, rilasciata da soggetti abilitati alla revisione legale, verifica la regolarità contributiva, fiscale e giuslavoristica delle imprese (capofila e fornitori/sub-fornitori), l’assenza di condanne, l’adozione di modelli organizzativi ex D.Lgs. 231/2001, e la tracciabilità della filiera. Viene previsto inoltre che l’impresa possa utilizzare la dicitura “Filiera della moda certificata” nella promozione e che la certificazione abbia durata annuale con rinnovo. Ora la parola passa alla Camera dei deputati, che sarà chiamata a valutare ed eventualmente integrare o modificare il disegno di legge.

Regolamento UE sulla deforestazione (EUDR)

Il Regolamento (UE) 2023/1115 — noto come EUDR — impone obblighi di due-diligence, tracciabilità e conformità per materie prime e prodotti collegati alla deforestazione, con impatti diretti sul settore moda per i materiali quali pelle, cuoio (derivanti da bovini), gomma naturale, legno, carta (imballaggi) e derivati. La moda è toccata in modo significativo perché utilizza diversi materiali inclusi o derivati dalle materie prime EUDR. Per i brand e fornitori ciò significa rivedere l’intera catena del valore — dall’allevamento/estrazione, passando per la lavorazione, fino al prodotto finito — e predisporre procedure, database, audit e reporting.

Il 21 ottobre u.s. la Commissione europea ha pubblicato la proposta relativa al Regolamento EUDR volta a introdurre semplificazioni mirate per la filiera a valle, ovvero per operatori che commercializzano prodotti soggetti al Regolamento dopo la loro immissione sul mercato dell’Unione europea. L’entrata in vigore per le grandi imprese resta il 30 dicembre 2025. Tuttavia, per consentire un’implementazione graduale, è previsto un periodo transitorio di sei mesi per i controlli e le attività di enforcement.

Reporting e due-diligence ESG (CSRD e CSDDD) e il pacchetto Omnibus

La normativa di governance, trasparenza/rendicontazione rappresentata dalla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) e dalla Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) ha subito un notevole rallentamento nella implementazione e rischia un drastico ridimensionamento dei soggetti destinatari della norma a seguito del pacchetto Omnibus, che in queste settimane è in fase di discussione a Bruxelles.

Si ricorda che:

• la CSRD impone alle grandi imprese e alle imprese quotate, l’obbligo di rendicontazione dei fattori ESG secondo il principio della doppia materialità e

• la CS3D introdurrà l’obbligo per le imprese di identificare, prevenire, mitigare e rendicontare impatti negativi su diritti umani e ambiente nella loro catena di fornitura.

La legge 08 agosto 2025, n. 118, di conversione del c.d. Decreto Omnibus, ha recepito, fra le altre misure previste, la Direttiva UE “stop the Clockposticipando:

- di due anni l’applicazione degli obblighi di cui alla Direttiva (UE) 2464/2022, relativa alla rendicontazione societaria di sostenibilità (CSRD) per le grandi imprese che non hanno ancora avviato la rendicontazione e le PMI quotate e

- di un anno il termine di recepimento e la prima fase dell’applicazione, per le imprese più grandi, della Direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità (CSDDD).

Responsabilità Estesa del Produttore EPR Tessile

Il 9 settembre il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva nuove misure per prevenire e ridurre i rifiuti alimentari e TESSILI in tutta l’UE. Gli Stati membri avranno 20 mesi dall’entrata in vigore per applicare le norme nella legislazione nazionale. In base alla presente Direttiva, i produttori che immettono tessili sul mercato UE dovranno sostenere i costi di raccolta, cernita e riciclo, tramite nuovi regimi di responsabilità estesa del produttore, da istituire in ciascuno Stato membro entro 30 mesi dall’entrata in vigore della direttiva. In Italia, la bozza di schema di Decreto Legislativo sulla Responsabilità Estesa del Produttore EPR Tessile è stata pubblicata sul sito del MASE ad aprile 2025. A maggio 2025 si è conclusa la consultazione pubblica e, successivamente al licenziamento del testo da parte del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, si trova attualmente presso l’Ufficio Legislativo del Ministero dell’Ambiente e della sostenibilità energetica. L’adozione definitiva del provvedimento in Italia dovrebbe essere prevista entro la fine del 2025, per essere operativo nel 2026.

Il ruolo del diritto come piattaforma abilitante della transizione sostenibile nella moda

Alla luce dei dati e del quadro normativo, è opportuno riflettere non soltanto su quali norme si applicano, ma su come il diritto possa fungere da proposta e piattaforma abilitante — e non esclusivamente repressiva — per promuovere la transizione della moda.

Il diritto può essere pensato come infrastruttura normativa che crea condizioni chiare, trasparenti e prevedibili affinché le imprese della moda possano innovare, competere e trasformarsi in modo sostenibile. Non si tratta solo di imporre obblighi, ma di definire regole di gioco chiare, garantire parità competitiva e favorire l’adozione di buone pratiche lungo tutta la catena del valore.

La sostenibilità delle imprese della moda dipende sempre più dalla qualità della governance della filiera: contratti, responsabilità dei fornitori, trasparenza dei dati, audit e modelli organizzativi.

In questo senso, il diritto abilitante consente alle imprese di trasformare la compliance in capability strategica: non più solo “rispetto delle regole”, ma “capacità di innovare e operare secondo standard avanzati”.

Il diritto come promozione e protezione degli stakeholder

La filiera della moda coinvolge un ecosistema complesso: brand, fornitori, artigiani, lavoratori, comunità territoriali, consumatori. Il diritto, fissando standard di trasparenza, responsabilità e partecipazione, contribuisce a proteggere gli stakeholder vulnerabili (es. nei paesi produttori), a preservare il valore del Made in Italy e a consolidare la fiducia degli investitori e dei consumatori.

Il diritto come stimolo all’innovazione e alla circolarità

Le nuove normative ambientali e sociali (EUDR, direttive di due-diligence, progettazione ecocompatibile) non devono essere viste come ostacolo ma come driver di innovazione. Il diritto definisce gli obiettivi (ad es. deforestazione zero, trasparenza della filiera, fine vita circolare) e le imprese della moda che sviluppano strategie allineate possono diventare pioniere di un modello industriale nuovo, più efficiente, meno dipendente da materie prime critiche, e più rilevante in un mercato globale sempre più attento ai valori ESG.

Il diritto come garanzia di certezza e competitività

Infine, una componente fondamentale: la certezza del diritto. Un quadro normativo coerente, armonizzato e certo rappresenta un fattore che può rafforzare la posizione dell’industria della moda europea anziché penalizzarla. In questo senso, il diritto svolge una duplice funzione: proteggere (attraverso regole) e abilitare (creando possibilità). Le imprese che interpretano le normative non solo come adempimenti, ma come opportunità, possono convertire la complessità regolamentare in competitività.

_______

*Avv. Milena Prisco, Partner e Head of ESG di Pavia e Ansaldo