Penale

Taser e uso legittimo delle armi tra proporzionalità, necessità e adeguatezza

ll presente contributo è il frutto della relazione svolta al Convegno promosso dalla Polizia Di Stato di Pescara "L'arma a impulsi elettrici:più sicurezza e maggiori garanzie nella gestione delle situazioni critiche" tenutosi a Pescara il 26.4.2022, alla presenza del Sottosegretario di Stato all'interno On. Molteni

di Francesca Di Muzio e Marianna del Ponte*

L'introduzione del taser in Italia si è avuta con il d.l. 22 agosto 2014, n. 119 , conv. in l. 17 ottobre 2014, n. 146, che ha affidato ad un decreto del Ministro dell'Interno l'avvio dell'utilizzo da parte dell'amministrazione di pubblica sicurezza della pistola elettrica taser. Pertanto, con successivo decreto del 16 marzo 2015, è stato istituito un "Tavolo tecnico interforze" che, nel 2018, ha approvato le "Linee guida operative" per l'avvio della sperimentazione del taser, poi effettivamente iniziata il 4 luglio 2018 e che ha dato esiti positivi. Le pistole ad impulsi elettrici dal 14 marzo 2022 sono già in dotazione alle Forze dell'Ordine di 18 città italiane.

Ma in cosa consiste nel dettaglio tale arma?

Il taser (acronimo di Thomas A. Swift's Electronic Rifle) è un dispositivo in grado di emettere impulsi elettrici proiettando a corto raggio una coppia di dardi che rimane collegata all'arma per mezzo di fili conduttori, al fine di inibire temporaneamente le funzioni motorie del soggetto attinto mediante contrazione involontaria dei muscoli.

È quindi un'arma comune, di deterrenza, definita non letale, strumento di difesa e non di offesa, la quale agisce non già sulla soglia del dolore, ma esclusivamente sull'inibizione della muscolatura. I primi a ricorrere all'impiego di tali armi elettriche sono stati gli Stati Uniti. In Italia, dopo le discussioni e le polemiche avanzate da più parti come Amnesty International sulla portata effettiva dello strumento in parola, si è deciso di introdurre il taser X2 nella versione meno offensiva.

Infatti, le tecniche di funzionamento di tale arma sono due: il dart mode e il drive – stun mode.
Con la prima, vengono lanciate due freccette che sprigionano un impulso elettrico di cinquantamila volt che blocca immediatamente chi lo riceve. Con la seconda modalità, invece, il taser è premuto contro la zona del corpo del soggetto che si vuole colpire e l'effetto che ne consegue non è una paralisi muscolare temporanea, bensì un dolore molto intenso che può lasciare, nei casi più gravi, anche delle bruciature.

È evidente che in tale ultima modalità l'arma incide sulla soglia del dolore divenendo un vero e proprio strumento di tortura. Senza considerare che per effetto della sofferenza provocata il soggetto colpito potrebbe diventare ancora più aggressivo e quindi si otterrebbe l'effetto opposto a quello sperato.

È sulla scorta di tali argomentazioni che Amnesty International si è battuta per denunciare l'utilizzo del taser nella modalità drive – stun mode, soprattutto nelle operazioni di dispersione della folla e in quelle di contrasto al terrorismo, dove l'offensiva è diretta a più di un soggetto e la Polizia non è messa nelle condizioni di conoscere preventivamente le condizioni fisiche dei vari soggetti.

L'introduzione di tale strumento, però, solleva non poche questioni relativamente al rapporto tra scriminate di cui all'art. 53 c.p. e la responsabilità penale dei pubblici ufficiali, qualora si verifichino eventi letali a seguito dell'utilizzo dell'arma.

Il Ministero per scongiurare tali situazioni ha predisposto un protocollo di utilizzo e investito nella formazione delle forze dell'ordine. Il protocollo prevede cinque passaggi obbligatori da parte dell'operatore di polizia:
• individuazione del pericolo,
• dichiarazione di essere armato di pistola elettrica,
• esposizione dell'arma,
• warning arc (scossa di avvertimento con puntamento della pistola),
• lancio dei dardi.

Il protocollo operativo e l'adeguata formazione dovrebbero pertanto prevenire le situazioni o ipotesi in cui il pubblico ufficiale possa essere sottoposto a procedimento penale qualora dalla condotta consegua il decesso o lesioni gravi dell'aggredito.

L' art. 53 del codice penale stabilisce che "non è punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all'Autorità […]".

Per pubblico ufficiale ex art. 357 c.p., la norma intende colui che esercita una pubblica funzione ed è dotato di poteri deliberativi, autoritativi e certificativi.

La norma altresì prevede che il pubblico ufficiale agisca per l'adempimento di una dovere di respingere una violenza o di vincere una resistenza, per finalità personali.

Ma analizziamo i concetti di violenza e resistenza.
Per violenza intendiamo una condotta attiva del soggetto che si frappone all'adempimento del dovere del pubblico ufficiale e ricomprende secondo la giurisprudenza anche una condotta di manaccia, quale violenza psichica.
Per resistenza intendiamo una condotta violenta attiva destinata ad ostacolare il pubblico ufficiale nell'adempimento del dovere.

La giurisprudenza si è interrogata se per resistenza possiamo intendere anche quella passiva, ovvero se le armi possano essere utilizzare anche in caso di fuga.
Secondo la giurisprudenza l'uso delle armi è possibile tutte le volte in cui la fuga viene realizzata attraverso atti positivi di aggressione o di minaccia idonei a porre in pericolo soggetti terzi e non sia finalizzata esclusivamente a conservare il proprio status libertatis.

Fatta la premessa sui presupposti oggettivi della scriminate, occorre richiamare ai fini dell'operatività i concetti di proporzionalità, necessità e adeguatezza.

In relazione al requisito della proporzionalità che mutuiamo dalla scriminate della legittima difesa, la giurisprudenza evidenzia come questa operi in relazione al bilanciamento tra mezzi impiegati e mezzi a disposizione per neutralizzare la violenza o la resistenza e tra i beni in conflitto, l'adempimento del dovere imposto dalla legge e il bene salute e vita dell'aggredito. La proporzionalità nell'utilizzo del taser deve tener conto altresì dei suddetti criteri che la giurisprudenza e la dottrina individuano: mezzi utilizzati reciprocamente, beni giuridici che entrano in conflitto, livello di ingiustizia perpetrato, effettiva attualità ed inevitabilità del pericolo, rapporti di forza tra aggredito e aggressore, tempo e luogo dell'azione, caratteristiche dell'aggredito, valore dei bene minacciato dall'aggressore.

In questa direzione il protocollo operativo del taser prevede che l'arma ad impulsi elettrici debba tener conto della condizione di vulnerabilità di alcuni soggetti donna incinta, minori e anziani, malati di cuore o di mente, persone che soffrono di dipendenze, che debba essere scongiurato l'utilizzo nei confronti di parti vitali della persona quali testa, collo, occhi e genitali e altresì considerare i rischi di precipitazione del soggetto attinto, nonché di evitare l'utilizzo in luoghi a rischio incendi ed esplosioni.

Oltre che il requisito della proporzionalità, anche il requisito della necessità va adeguato alle linee guida di operatività che imporrano al pubblico ufficiale di valutare se vi sono altre alternative all'uso della forza, che deve rimanere sempre l' estrema ratio in quanto essa ha un evidente impatto sulla limitazione della libertà personale di cui all'art. 13 Cost., atteso che le armi elettriche hanno come effetto proprio quello di immobilizzare il bersaglio e ad esse la Polizia fa ricorso quando deve procedere all'arresto o al fermo di indiziati di reato.

Oltre che sulla libertà personale l'utilizzo di tale arma incide evidentemente anche sul diritto alla salute, dal momento che è dimostrato che le scosse elettriche possono provocare danni temporanei e permanenti e financo la morte di colui che ne viene attinto. Corollario della proporzionalità e necessità è il requisito di adeguatezza che impone che la condotta del p.u debba essere calibrata sulla base della situazione concreta, di pericolo attuale e persistente.

Dato che l'introduzione del taser è pressoché recente, l'attività esegetica della giurisprudenza è ancora scarna e le pronunce della Corte Europea dei diritti dell'uomo ci permettono di chiarire l'operatività dei concetti di proporzionalità e necessità dell'utilizzo dell'arma ad impulsi elettici.

La prima pronuncia rilevante è relativa ad un caso avvenuto in Bulgaria, in cui la Corte condanna lo Stato bulgaro in quanto l'utilizzo del taser non risultava essere proporzionato all'azione condotta dai pubblici ufficiali in considerazione del fatto che il risultato che gli agenti avrebbero voluto conseguire poteva essere effettuato attraverso l'utilizzo di metodi meno invasivi. La Bulgaria peraltro, si precisa, non aveva neppure adottato delle linee guida operative per l'utilizzo dell'arma, ma questo per la Corte non basta ed esentare da responsabilità degli agenti: nella pronuncia contro la Polonia del 2019 ( Kancial c. Polonia) la Corte evidenzia come lo Stato, sebbene abbia adottato un protocollo o delle linee guida, risponde comunque per violazione dell'art. 3 CEDU, quando non vi è il rispetto del requisito della proporzionalità e della necessità.

Quali sono dunque i rischi a cui potrebbero essere esposti i pubblici ufficiali nell'utilizzo del taser in Italia?

Fatte le dovute precisazioni sull'operatività della scriminate, qualora si verificasse un evento letale o una lesione grave del soggetto attinto dall'arma, il pubblico ufficiale potrebbe rispondere per eccesso colposo ex. art. 55 c.p., per errore – motivo o errore - inabilità. L'imputazione dell'evento, morte o lesione, deve comunque sempre essere valutata sulla base dei parametri di cui all'art.40 c.p. (nesso di causalità) e art.41 c.p. per ciò che concerne le concause sopravvenute. Sarà interessante attendere le prime pronunce e valutate come l'autorità giudiziaria si orienterà in quest'opera di bilanciamento di contrapposti interessi.

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*A cura degli Avv.ti Francesca Di Muzio, docente a contratto di diritto e procedura penale IUSVE VERONA, Partner 24 ORE Avvocati e Marianna del Ponte, Foro di Chieti.

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