Famiglia

Famiglia e successioni: il punto sulla giurisprudenza dei giudici di merito

La selezione delle pronunce di merito 2022/2023 in materia di diritto di famiglia e delle successioni

di Valeria Cianciolo

Si segnalano in questa sede i depositi della giurisprudenza di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022/2023 . Le pronunce in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni:

1) Immobili ERP e requisiti per il godimento;

2) Rapporti con la banca e validità della procura generale in mancanza di un amministratore di sostegno;

3) Rilascio del permesso di soggiorno in presenza di minori ;

4 ) Imposta di donazione in caso di risoluzione della donazione per mutuo consenso;

5) Scuola e figlio affetto da handicap;

6) Amministrazione di sostegno e interdizione quale misura residuale;

7) Prova dello stato di incapacità naturale del testatore;

8) Addebito della separazione al marito violento e revoca del mantenimento per il figlio che lavora in un call center;

9) Competenza del giudice italiano e divorzio fra coniugi stranieri.

***

1. ALLOGGI ERP - Legittima la decadenza dall'assegnazione dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica se si spaccia [art. 30 della Legge regionale della Regione Emilia - Romagna agosto 2001, n. 24 (Disciplina generale dell'intervento pubblico nel settore abitativo)]
Il permanere del diritto al godimento di un immobile di edilizia pubblica residenziale  è subordinata al rispetto di minime prescrizioni volte a contemperare una pluralità di interessi coinvolti e a garantire una razionale e corretta gestione del patrimonio immobiliare pubblico, a vantaggio di persone meritevoli oltre che in condizioni di disagio sociale. Nel caso in esame, la donna era stata dichiarata decaduta dall'assegnazione dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica (E.R.P.), dove viveva con il marito, poiché all’esito della perquisizione personale e domiciliare era stato rinvenuto un ingente quantitativo di droga, insieme a un bilancino di precisione, materiale per il confezionamento e proiettili illegalmente detenuti.
Tribunale di Bologna, sezione II, sentenza 25 luglio 2022 n. 204 - Giudice Costanzo

2. AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO - La procura generale attribuisce il potere di compiere atti dispositivi se non vi sono prove sul probabile stato di incapacità della mandante (Cc, articoli 411, 1708, 1710 e 1711; Cpc, articolo 700)
Legittimo che il rappresentante volontario, a fronte di una procura generale ma in assenza di una nomina di AdS, richieda alla banca, nell’interesse della madre, correntista di porre in essere operazioni implicanti atti di disposizione sul conto della rappresentata fino ad un ammontare determinato. Il giudice felsineo ha accolto parzialmente il ricorso disponendo al contempo che, a cura della Cancelleria, fossero trasmessi al Pubblico Ministero tutti gli atti del processo (ricorso introduttivo, comparsa di costituzione, verbali di causa, documenti prodotti in via telematica) affinché per la peculiarità del caso, richieda con urgenza al Giudice tutelare la nomina di un amministratore di sostegno alla madre del ricorrente.
Tribunale di Bologna, sezione II, ordinanza 11 dicembre 2022 - Giudice Costanzo

3. STRANIERI - La presenza di familiari in Italia, inclusi i minori, non è un elemento idoneo a garantire automaticamente il rilascio di un titolo di soggiorno (Articolo 19 del Dlgs 25 luglio 1998, n. 286)
In materia di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di famiglia, relativamente al peso dei familiari, la protezione riservata ai titolari dei rapporti familiari (coniuge e figli) non è assoluta, in quanto la Corte di Giustizia ha ritenuto conforme al diritto dell'Unione il diniego del titolo di soggiorno, nonostante la presenza di figli minori cittadini dell'Unione, quando vi sia una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave per l'ordine pubblico o la pubblica sicurezza, tenuto conto dei reati commessi.
Tar Lombardia Brescia, sezione II, sentenza, 3 gennaio 2023, n. 8
- Presidente Massari , Cons. Est. Pedron

4. IMPOSTA E DONAZIONE – La risoluzione per mutuo consenso di una donazione (Articolo 28 del Dpr 22 dicembre 1986 n. 917)
Gli atti di risoluzione per mutuo consenso di donazione senza corrispettivo scontano l'imposta fissa poiché con l'atto avviene solo la restituzione del bene immobile e non il versamento di un corrispettivo. Diversamente, se dalla risoluzione del contratto derivino prestazioni patrimoniali in capo alle parti, ovvero venga pattuito un corrispettivo per la risoluzione del precedente atto di donazione, troverà applicazione l'imposta proporzionale di registro.
Corte di giustizia tributaria di secondo grado Puglia Bari, sezione XXVI, 3 ottobre 2022, n. 2551

NOTA
E’ opportuno per meglio comprendere la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, inquadrare dal punto di vista civilistico, l’istituto della risoluzione della donazione per mutuo consenso. Gli artt. 1321 e 1372 cod. civ. conferiscono alle parti di un contratto, di costituire, regolare, ma anche “estinguere” rapporti giuridici. In merito allo scioglimento del contratto per mutuo consenso, l’art. 1372 cod. civ. impone  la necessità di una convergenza della volontà delle parti in tal senso , sancendo l’irrevocabilità unilaterale del contratto: ed infatti, se la ritrattazione del negozio avviene tra le stesse parti, non si pone alcun conflitto tra queste. Questo assunto trova riscontro nel principio generale dell’autonomia privata, poiché la facoltà di convenire il mutuo dissenso non è che un riflesso del potere generale di stipulare contratti. Questione dibattuta, in dottrina ed in giurisprudenza, è l’individuazione della natura giuridica dell’istituto del mutuo dissenso e delle sue conseguenze sul piano pratico. Secondo la teoria c.d. del contro-negozio, l'accordo mediante il quale le parti convengono la risoluzione consensuale di un loro precedente contratto, ha una causa uguale ed opposta all'atto i cui effetti si vogliono far venire meno; in altri termini, l'accordo risolutorio di una compravendita avrebbe sempre la causa della compravendita, ma la parte acquirente si trasforma in parte alienante e viceversa, come pure, la donazione può risolversi mediante un nuovo trasferimento, a titolo di liberalità, dal donatario al donante. Altro orientamento sposa la tesi c.d. del negozio solutorio. Tale filone ritiene che l’atto di risoluzione per mutuo consenso sia un atto dotato di propria autonoma causa volto ad elidere il precedente negozio e a ripristinare lo status quo ante, con effetti retroattivi, rimuovendo ab origine il contratto concluso in precedenza. Tale teoria fa leva sull’art. 1321 cod. civ. che, con portata di carattere generale, prevede, tra le figure contrattuali, quella estintiva; sull’art. 1372 cod. civ., che dispone che il contatto non può essere risolto che per mutuo consenso o per le cause ammesse dalla legge e sull’art. 2655 cod. civ. che in tema di trascrizione, dispone che la risoluzione di un contratto costitutivo o traslativo di diritti reali immobiliari deve essere annotata a margine dell'atto stesso e che detta annotazione deve effettuarsi in base alla “sentenza” o alla “convenzione” da cui risulti il fatto della risoluzione.

L’atto di mutuo dissenso del contratto di donazione, applicando la teoria del negozio risolutorio (c.d. «contrarius consensus») riveste dunque, le seguenti caratteristiche:

1) l’efficacia estintiva. Le parti, oltre che costituire e regolare rapporti giuridici patrimoniali, con il loro potere estintivo, possono disporre di «quanto precedentemente pattuito», “ponendo fine al contratto già stipulato» o meglio «eliminandolo dal mondo giuridico”;

2) l’efficacia retroattiva. La donazione si risolve con effetto retroattivo (ex tunc) e il donante è reintegrato nella proprietà e nel possesso del bene donato con decorrenza dall’atto di donazione, continuando – il donante – a rimanere titolare del diritto in base al suo titolo primitivo, con il quale il medesimo donante aveva acquistato e, quindi, ab origine . Nella redigere l’atto di scioglimento volontario della donazione dovrà evidenziarsi la sua efficacia retroattiva e lo scopo perseguito dalle parti – se è questo lo scopo perseguito – di ricostruire la situazione quo ante, eliminando il primo atto (la donazione);

3) la non efficacia traslativa. Se l’atto di mutuo dissenso ricompone la situazione precedente, cancellando il negozio di 1° grado (ossia, la donazione, nel caso prospettato), il mutuo dissenso non determina alcun ri-trasferimento dell’immobile dal donatario al donante, come sostenuto dalla teoria del contrarius actus. Il mutuo dissenso (c.d.  contrarius consensus) non corrisponde ad una retrovendita o ad una retro-donazione, in forza del quale chi ha «ricevuto/acquistato» (il donatario) ritrasferisce al cedente/donante il bene donatogli con il ritorno dell’immobile all’antico proprietario, ripristinando la situazione anteriore al precedente trasferimento con un secondo trasferimento: la particolarità del mutuo dissenso sta nell’essere un contratto diretto a risolvere un precedente contratto ed è provvisto di una sua efficacia retroattiva (ex tunc) che cancella il negozio sottostante, come se non vi fosse mai stato;

4) la partecipazione. All’atto di risoluzione per mutuo dissenso – di tutti i soggetti che sono stati “parti” (o loro eredi) nel contratto da rimuovere e il permanere della fattispecie in capo alle “parti originarie” (o loro eredi).

5. SCUOLA – Il PEI priva l'amministrazione scolastica del potere discrezionale di sacrificare il supporto integrativo individuato dal piano . (Cpc Articoli 700 e 669 octies)
La predisposizione di un piano educativo individualizzato, elaborato con il concorso di insegnanti della scuola di accoglienza e di operatori della sanità pubblica, che abbia indicato il numero di ore necessarie per il sostegno scolastico dell'alunno che versa in situazione di handicap particolarmente grave, priva l'amministrazione scolastica del potere discrezionale di rimodulare o di sacrificare in via autoritativa, in ragione della scarsità delle risorse disponibili per il servizio, la misura del supporto integrativo come individuato dal detto piano. L'Amministrazione ha, di conseguenza, il dovere di assicurare l'assegnazione, in favore dell'alunno interessato, del personale docente specializzato, anche ricorrendo all'attivazione di un posto di sostegno in deroga al rapporto insegnanti-alunni. Ove si verifichi l'omissione o l'insufficienza nell'apprestamento, da parte dell'amministrazione scolastica, della sua attività doverosa, si configura la contrazione di un diritto fondamentale del disabile che si concretizza, ove non sia accompagnata da una equivalente contrazione dell'offerta formativa riservata agli alunni normodotati, in una discriminazione indiretta, vietata dall'art. 2 della L. 1 marzo 2006 n. 67, per tale intendendosi pure il comportamento omissivo della P.A. preposta all'organizzazione del servizio scolastico, che metta la bambina od il bambino con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto agli altri alunni. La giurisdizione in materia spetta al giudice ordinario, senza che il ricorrente debba esplicitamente dedurre nella sua domanda di tutela l'esistenza di un comportamento discriminatorio dell'amministrazione interessata.
Tribunale Varese, ordinanza 7 gennaio 2023 – Giudice Fumagalli

6. AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO – L’interdizione quale misura di sostegno residuale . (Legge 9 gennaio 2004 n. 6)
L'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Nell'applicazione di tale criterio deve tenersi conto in via prioritaria del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario. Nel caso in esame, la domanda di interdizione è stata rigettata.
Tribunale Crotone, sentenza, 5 gennaio 2023, n. 12 – Pres. Marchianò, Giud. Rel. De Santis

7. SUCCESSIONI - La prova dello stato di incapacità naturale del testatore è a carico della parte che chiede l'annullamento del testamento . (Cc, articolo 591 e 2697)
La domanda rivolta ad ottenere la dichiarazione di nullità del testamento olografo per incapacità di intendere e di volere del de cuius deve qualificarsi quale azione per l'annullamento dell'atto viziato, posto che il codice annovera tassativamente le cause di nullità dell'atto di ultima volontà nella mancanza dell'autografia e della sottoscrizione. Differentemente per l'annullabilità del testamento per incapacità naturale, ai sensi dell'art. 591, co. 3 c.c., occorre che il soggetto, a causa di un'infermità transitoria o permanente o di altra causa perturbatrice, sia privo in modo assoluto, nel momento della redazione del testamento, della coscienza dei propri atti oppure della capacità di autodeterminarsi, non essendo sufficiente una qualsiasi anomalia o alterazione delle facoltà psichiche e intellettive. Il Tribunale ha seguito l’orientamento della Suprema Corte secondo il quale “laddove, nonostante la malattia, il testatore non abbia perduto la capacità di autodeterminarsi ovvero la capacità di porre in essere atti di ordinaria e/o straordinaria amministrazione, la prova di un eventuale stato di incapacità naturale del testatore ai sensi dell'art. 428 c.c. è a carico della parte che chiede l'annullamento del testamento e non, invece, a carico del convenuto.” Nel caso in esame, il Tribunale ha rigettato la domanda attorea gravando su di essa l'onere di fornirne in modo rigoroso e con ogni mezzo la prova dell’incapacità di testare alla data di redazione del testamento, della de cuius, malata di Alzheimer, così contrastando la presunzione di capacità di intendere e di volere operante nel nostro ordinamento.
Tribunale di Bergamo, 4 gennaio 2023 n. 9 – Pres. Caprino, Giud. Rel. Costanzo

8. SEPARAZIONE DEI CONIUGI – Addebito della separazione al marito violento e revoca del mantenimento per il figlio che lavora in un call center. (Cc articoli 156 e 337 sexies)
Le reiterate violenze fisiche e morali inflitte da un coniuge all'altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all'autore di esse. Il loro accertamento esonera il giudice del merito dal dovere di procedere alla comparazione, ai fini dell'adozione delle relative pronunce, col comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei. Il mantenimento da parte dei genitori del figlio maggiorenne, che sia stato sostenuto nel percorso di studi e nella ricerca di lavoro, non può essere protratto sine die, ma serve a garantire il soddisfacimento dei bisogni primari sino a che il figlio non riesca ad inserirsi nel mondo del lavoro. Una volta che la prole abbia tutti gli strumenti necessari per svolgere una attività remunerativa ed abbia trovato un primo impiego, magari non del tutto soddisfacente o corrispondente alle proprie aspirazioni, non si può ritenere sussistente il diritto all'assegno di mantenimento.
Tribunale di Cosenza, sentenza 2 gennaio 2023 n. 3 – Pres. Sammarro

9. DIVORZIO – Giurisdizione del giudice italiano se i coniugi stranieri risiedono in Italia (Articolo 3 del Regolamento Ce 2201/2003; articolo 8 del Regolamento CE 20 dicembre 2010, n. 1259/2010; Legge 31 maggio 1995, n. 218)
Sussiste la giurisdizione del Tribunale italiano adito ai sensi dell'art. 3 del regolamento CE 2201/2003, avendo i coniugi stabilito la residenza abituale in Italia. E’ inoltre applicabile la legge italiana ex art. 8 lett. d) del regolamento UE n. 1259/2010 in quanto legge dello Stato di residenza abituale dei coniugi nel momento in cui è stata adita l'Autorità Giurisdizionale, in mancanza di scelta ad opera delle parti e attesa l'inapplicabilità degli altri criteri previsti dalla citata disposizione regolamentare.
Tribunale Pisa, sentenza 2 gennaio, n. 3 – Pres. Civinini, Giud. Rel. Spina

NOTA

Occorre ricordare che il Reg. CE 27 novembre 2003, n. 2201/2003 è stato abrogato, a decorrere dal 1 agosto 2022, dall’art. 104, par. 1 del Reg. 25 giugno 2019, n.  2019/1111/UE, entrato in vigore il 22 luglio 2019, ai sensi di quanto disposto dall’art. 105, par. 1 del medesimo  Reg. n. 2019/1111/UE. Il regolamento (CE) n. 2201/2003 (Bruxelles II-bis) impiega il titolo di giurisdizione della residenza abituale sia nelle disposizioni relative alle azioni di divorzio, separazione personale e annullamento del matrimonio, sia in quelle relative alle azioni in materia di responsabilità genitoriale. Quanto alle prime, viene in rilievo innanzitutto l’art. 3, che prevedeva una serie di fori esclusivi e tra loro alternativi, presso i quali tali azioni potevano esperirsi basati quasi esclusivamente sul titolo della residenza abituale di uno o di entrambi i coniugi. Era di tutta evidenza una norma suggerita dal favor divortii perché attraverso la designazione di fori alternativi tra loro, si garantiva uno stretto collegamento tra il foro e il soggetto interessato, garantendo al contempo, l’esigenza di mobilità dei coniugi e agevolando la proposizione della domanda di divorzio, di separazione o di annullamento del matrimonio, da parte del coniuge che avesse abbandonato lo Stato in cui si trovava la residenza abituale comune. La stessa impostazione è peraltro confermata anche nella rifusione del reg. n. 2019/1111/UE, entrato in vigore il 1 agosto 2022, pertanto le considerazioni svolte con riferimento al Reg. Bruxelles II-bis valgono allo stesso modo per il regolamento Bruxelles II-ter. Anche le disposizioni in materia di responsabilità genitoriale si basano sul titolo di giurisdizione della residenza abituale, in questo caso riferita al minore.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©