Avvocati: contributo minimo integrativo in riscossione dal 19 dicembre
Il Tar del Lazio, con sentenza n. 18854/2023, ha respinto il ricorso di Cassa forense
Il Tar del Lazio, con sentenza n. 18854/2023, pubblicata oggi, ha respinto il ricorso di Cassa Forense contro il provvedimento con il quale i ministeri vigilanti avevano imposto la riscossione del contributo minimo integrativo 2023. Il contributo, dell’importo di 805,00 euro, con scadenza 31 dicembre prossimo, “sarà posto in riscossione a partire da martedì 19.12.2023 a mezzo PagoPa”. Così l’ente di previdenza in una nota.
La vicenda risale al settembre 2022, quando la Cassa Avvocati aveva deliberato di prorogare, anche per l’anno 2023, la temporanea abrogazione del contributo minimo integrativo. Una decisione che successivamente il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali non aveva condiviso negando l’approvazione e invitando Cassa a procedere alla riscossione.
In seguito era stato il Comitato dei Delegati nel marzo scorso a richiedere ai ministeri vigilanti il riesame della propria delibera, contestualmente incaricando Cassa di presentare ricorso al Tar. L’Ente di Previdenza degli Avvocati, infatti, ha sempre ritenuto la decisione dei ministeri basata su motivazioni non condivisibili perché - spiegava all’epoca il Presidente di Cassa Forense, Valter Militi - “dannosa per l’autonomia dell’Ente e tale da provocare effetti vessatori nei confronti degli iscritti”.
Inoltre, prosegue il comunicato della Cassa, la delibera che prorogava l’abrogazione temporanea della riscossione era funzionale all’entrata in vigore, a partire dal 2024, della riforma strutturale della Previdenza forense.
Di diverso parere il Tar. Per la IV Sezione infatti “appare del tutto ragionevole il rilievo del MEF secondo il quale “attesa anche la complessità e la rilevanza di un simile provvedimento, appare poco prudente e inopportuno sospendere, nelle more dell’approvazione dello stesso, la riscossione della misura minima del contributo integrativo”, evidenziando che laddove infatti “la riforma non dovesse entrare in vigore nei tempi auspicati, reiterando la medesima logica alla base del provvedimento in esame, si renderebbe necessaria una nuova delibera di sospensione del pagamento del contributo integrativo minimo, con ulteriore evidente peggioramento dell’equilibrio gestionale del relativo anno”.
Inoltre, prosegue la decisione, “la circostanza che le Amministrazioni vigilanti abbiano in un primo tempo consentito l’adozione di una misura ad alto impatto finanziario quale è l’esenzione dal versamento del contributo integrativo minimo per il quinquennio 2017-2022, non può certo comportare che i medesimi Ministeri siano acriticamente tenuti, mercé una sorta di automatismo, ad approvare successive proroghe della misura ancorché fondate sulla medesima ratio, salvo lo svuotamento delle funzioni ad essi riservate dalla legge, rendendosi non solo necessaria, ma anzi indispensabile, un’accurata indagine sulla sussistenza di condizioni e presupposti”.
Il Tar poi boccia anche il secondo motivo che lamenta una compressione dell’autonomia della Cassa ricordando che le prerogative riconosciute dalla legge ai Ministeri vigilanti obbligano ad una valutazione sull’impatto finanziario “sulla base delle risultanze attuali relative all’annualità di riferimento, non assumendo alcun rilievo elementi analizzati in relazione ad altre annualità e, in ogni caso, non più attuali”. E la Nota ha rilevato che il bilancio attuariale al 31 dicembre 2020 a normativa vigente, trasmesso ai fini della prevista verifica triennale di sostenibilità ai sensi del D lgs n. 509/1994, “mostrava una situazione di squilibrio prospettico della gestione nel lungo periodo”.