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Avvocato, il compenso per la fase istruttoria non richiede attività specifiche

Sì, invece, al taglio di un 1/3 dei compensi per l’avvocato d’ufficio di imputato irreperibile. I due principi sono stati chiariti dalla Cassazione con le ordinanze nn. 25711 e 25712 depositate oggi

di Francesco Machina Grifeo

Il compenso per la “fase istruttoria” spetta all’avvocato anche quando non si sono svolti atti probatori in senso stretto. Mentre la riduzione di un terzo della parcella del difensore d’ufficio (art. 106-bis Dpr 115/2002) si applica anche al caso degli imputati irreperibili. Lo ha chiarito la Corte di cassazione con due ordinanze depositate oggi.

Nel primo caso, la II Sezione civile, ordinanza n. 25711/2025, ha accolto il ricorso di un avvocato contro la decisione del Tribunale di Patti che aveva liquidato in suo favore oltre 5mila euro per l’attività difensiva svolta a favore di due sorelle, escludendo però dagli onorari la fase istruttoria, perché non svolta.

L’art. 4, co. 5, del Dm n. 55 del 2014 – ricorda la Cassazione - prevede che la liquidazione del compenso per l’attività difensiva svolta dall’avvocato nel processo civile debba prendere in considerazione diverse fasi: a) quella di studio della controversia, b) di introduzione del giudizio, c) la fase istruttoria e d) quella decisionale. “Da questa articolazione – continua – è agevole rilevare che la fase istruttoria comprende tutte le attività di trattazione della causa, che si svolgono tra la fase introduttiva e quella decisionale, che inizia con la precisazione delle conclusioni”. Come del resto confermato anche dalle tabelle allegate al decreto, che fissano i minimi e massimi in relazione al valore della controversia, ove questa fase è denominata “Fase istruttoria e/o di trattazione”.

“La conseguenza – prosegue il ragionamento - è che il compenso professionale per la fase istruttoria, previsto in misura unitaria, spetta anche a prescindere dall’effettivo svolgimento, nel corso del grado del singolo giudizio di merito, di attività a contenuto strettamente istruttorio, essendo sufficiente la semplice trattazione della causa, vale a dire la partecipazione del difensore ad una o più udienza davanti al giudice o il deposito di memorie illustrative, modificative o integrative delle domande e difese proposte”.

E allora la decisione impugnata, laddove ha escluso il compenso del difensore per la fase istruttoria, con la perentoria affermazione che essa non si era svolta, “appare pertanto in contrasto con la lettera della disposizione normativa da cui può ricavarsi la conclusione che nel giudizio di cognizione, almeno in primo grado, la trattazione della causa costituisce un’attività necessaria”.

Con la seconda ordinanza, n. 25712/2025, la Corte ha invece accolto il ricorso del Ministero della Giustizia contro la decisione del Tribunale di Ancona che dando ragione all’avvocato, difensore di ufficio di imputato irreperibile, aveva escluso l’applicabilità della riduzione prevista dall’art. 106 bis Dpr 115/2002.

Per i giudici di legittimità, infatti, va riaffermato che l’art. 106 bis “costituisce disposizione speciale, applicabile alle liquidazioni del compenso previsto per il difensore di ufficio dell’imputato irreperibile”. Anche in questo caso, infatti, precisa la Corte, “sussistono le medesime esigenze di contemperamento tra la tutela dell’interesse generale alla difesa del non abbiente ed il diritto dell’avvocato ad un compenso equo, ragioni che avevano già condotto questa Corte a ritenere manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 130 in tema di gratuito patrocinio”. Il taglio, prosegue la Seconda sezione, realizza infatti un “contenuto sacrificio delle aspettative economiche del professionista, che non ne svilisce il ruolo e non integra alcuna violazione del minimo tariffario, posto che la riduzione prevista dall’art. 106 bis citato non riduce il compenso ad un valore meramente simbolico, né esso viene determinato a prescindere dalla valutazione della natura, contenuto e pregio dell’attività difensiva svolta”.

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