Clandestini, non è favoreggiamento essere accompagnati da minori di cui si è affidatari
E anche lo stesso straniero, che sia privo di permesso, se fa domanda di protezione internazionale non è considerato in stato di irregolarità almeno fino alla definizione della sua domanda in primo grado
La persona proveniente da un Paese terzo e priva di un titolo di soggiorno nella Ue non è imputabile anche di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per il fatto che sia in compagnia di un figlio minorenne o di altro minore di cui sia affidatario.
La Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza sulla causa C-460/23 ha offerto la corretta interpretazione sia della norma Ue che ha previsto l’introduzione negli ordinamenti degli Stati membri del reato di favoreggiamento di ingresso illegale nei loro territori sia della normativa italiana di recepimento.
In primis, la Cgue analizza l’eventuale illegittimità dell’articolo 1 della direttiva 2002/90/Ce dove prevede appunto l’introduzione della fattispecie penale che era stata contestata nel caso risolto dalla Corte a una donna che senza titolo aveva attraversato la frontiera italiana essendo giunta in aeroporto accompagnata dalla figlia minorenne e dalla nipote, anch’ella minore, ma di cui aveva l’affidamento a causa della morte della madre. La previsione della direttiva – secondo la Cgue – non è in sé violativa dei diritti fondamentali della persona se applicata tenendo conto di tali diritti. Per cui nel caso di accompagnamento di minori stranieri va tenuto conto se l’adulto irregolare sia genitore del bambino o ne abbia il legale affidamento, poiché in tal caso prevale il fatto che egli eserciti la responsabilità che gli incombe. Da ciò discende che in tal caso allo straniero che fa ingresso illegale nella Ue non possa essere contestato anche il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina se ha condotto con sé minori di cui abbia la responsabilità.
Inoltre, spiega la Corte di giustizia che la persona proveniente da un Paese terzo se all’atto di presentazione alla frontiera esercita il proprio diritto di asilo chiedendo protezione internazionale non è ella stessa in situazione irregolare fino almeno al primo grado di giudizio del procedimento con cui i giudici nazionali valutano la domanda presentata.
Da questa interpretazione data dalla Cgue in materia di favoreggiamento dell’ingresso illegale deriva la linea interpretativa che i giudici nazionali dovranno seguire nell’applicare la norma del Testo unico dell’immigrazione che ha introdotto il reato nel nostro ordinamento.
Il caso concreto da cui è derivato il rinvio pregiudiziale del giudice italiano riguardava il caso di una donna extracomunitaria che era stata arrestata alla frontiera all’arrivo in aeroporto priva di titolo di ingresso utilizzando per sé, per la figlia e per nipote dei passaporti falsi. Alla donna a causa della circostanza di aver accompagnato con sé due minori le era stato contestato il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Al contrario, come suddetto, la Corte dell’Unione ha precisato che, avendo la straniera, presentato al momento dell’arresto in aeroporto domanda di protezione internazionale non poteva ella stessa essere considerata uno straniero irregolare, cioè clandestina, fino alla prima definizione dell’esame per decidere sull’accoglimento o meno della sua domanda. Invece, per quanto riguarda il favoreggiamento dell’ingresso illegale contestato per via della presenza della figlia e della nipote affidata va affermato che il reato è escluso in radice dal rapporto genitoriale o di esercizio della responsabilità verso il minore di cui lo straniero risulta legittimamente affidatario.