Darsi alla fuga in mare non è condotta susseguente ma parte del reato contro la sicurezza marittima
La rilevanza data al comportamento tenuto dopo la commissione dell'illecito è stata introdotta dalla riforma Cartabia
Darsi alla fuga in mare dopo aver violato la sicurezza marittima non è condotta susseguente che attenua la fattispecie prevista dall'articolo 1231 del Codice della navigazione, bensì costituisce la realizzazione di un ulteriore pericolo a danno del corretto svolgimento delle attività marittime. Il ricorrente pretendeva invece di far passare la fuga come condotta "susseguente" alla commissione del reato e che la riforma Cartabia ha inserito come elemento da valutare ai fini del riconoscimento o dell'esclusione della tenuità del fatto.
La Corte di cassazione con la sentenza n. 28033/2023 ha infatti rigettato il ricorso con cui si lamentava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto. In particolare il ricorso richiamava l'applicabilità della novella legislativa attribuendo alla fuga una forma di desistenza dalla condotta illecita. Condotta illecita che inizialmente consisteva nell'aver realizzato immersioni e attività di pesca in uno specchio di acqua interdetto per motivi di sicurezza.
La Corte risponde infatti che l'inseguimento determinatosi in mare ha di fatto prolungato la violazione della sicurezza marittima, in quanto costituiva un perpetrarsi ulteriore del pericolo opposto al corretto svolgimento delle attività di navigazione.
Non è quindi la mancata presa in considerazione della condotta susseguente a essere un vulnus della sentenza impugnata bensì è un errore del ricorrente ritenere la fuga come condotta susseguente e non come un atteggiamento che insisteva gravemente nella commissione del reato.