Divieto di anatocismo: la Cassazione fa (ancora) il punto
Commento all’ordinanza della Suprema Corte di Cassazione, prima sezione civile, del 14 ottobre 2025 n. 27460
Commento all’ordinanza della Suprema Corte di Cassazione, prima sezione civile, del 14 ottobre 2025 n. 27460, a cura dell’avv. Antonino La Lumia e dell’avv. Claudia Carmicino (Lexalent)
La prima sezione della Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27460 del 14 ottobre 2025, ritorna sul tema della capitalizzazione degli interessi anatocistici che è, da sempre, uno dei più dibattuti nel contenzioso bancario: la materia è stata oggetto di numerosi interventi legislativi e la giurisprudenza ha assunto (e continua ad assumere) posizioni spesso molto contrastanti, alimentando - da anni - un costante susseguirsi di percorsi argomentativi alternativi.
Come noto agli operatori di settore, l’anatocismo costituisce una delle pratiche contestate delle Banche e consiste nel metodo di capitalizzazione composta con periodicità trimestrale degli interessi e delle altre competenze liquidate sul conto corrente.
Gli interessi e le altre competenze imputate vengono capitalizzate, ovvero sommate con il capitale prestato, a ogni chiusura trimestrale: i nuovi interessi vengono calcolati, quindi, non solo sul capitale prestato, ma anche sugli interessi e sulle competenze liquidate in precedenza che sostanzialmente si trasformano in capitale, producendo un aumento degli interessi richiesti.
L’effetto economico-contabile va evidentemente a svantaggio del cliente, determinando un notevole aggravio del costo reale sostenuto per il rimborso del credito erogato dalla Banca, e tale circostanza ha determinato il proliferare del contenzioso bancario sul punto.
Il caso specifico esaminato dalla Corte riguarda proprio la contestazione di un cliente in merito all’applicazione di interessi anatocistici in relazione ad un contratto di conto corrente stipulato nel 1992 e dunque prima dell’entrata in vigore della delibera CICR del 9 febbraio 2000; il giudice di primo grado aveva ritenuto di accogliere la domanda dell’attore (ricalcolando gli interessi al tasso legale) rilevando la mancanza di pattuizione scritta dei suddetti interessi anatocistici nel contratto di conto corrente depositato dalla banca.
La Corte d’Appello di Milano aveva ribaltato tale decisione, ritenendo la legittimità della capitalizzazione degli interessi pur in assenza di una espressa pattuizione scritta in quanto le condizioni applicate erano “… conformi alla delibera CICR del 9 febbraio 2000 e non era stata fornita prova che le condizioni iniziali fossero difformi”.
La Suprema Corte cassa tale decisione, prendendo sul punto una posizione netta e - in continuità con alcuni precedenti richiamati nella medesima pronuncia (Cass. n. 7105/2020, Cass. n. 3861/2020 e Cass. n. 26769 e n. 26779) - afferma il seguente principio di diritto: “Ai fini dell’applicazione dell’anatocismo bancario a termini della delibera CICR del 9 febbraio 2000 in applicazione dell’art. 25, comma 2, d. lgs. n. 342/1999, ai contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della suddetta delibera non assume rilievo né l’applicazione de facto delle condizioni anatocistiche pattuite in precedenza - per effetto della nullità che affligge le stesse - né l’eventuale modifica unilaterale disposta dalla banca a termini dell’art. 7, comma 2, Del. CICR cit., occorrendo una modificazione pattizia delle stesse a termini dell’art. 7, comma 3, Del CICR cit., non essendo possibile stabilire che la modificazione successiva non sia peggiorativa”.
La Corte, nell’affermare tale principio, prende le mosse dalla declaratoria di incostituzionalità dell’art. 25, comma 3, D.lgs. n. 342/1999 e dalla conseguente nullità delle clausole anatocistiche inserite nei contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della Delibera CICR da cui discende la necessità di “una espressa pattuizione” della clausola di capitalizzazione degli interessi, che deve essere formulata nel rispetto dell’art. 2 della predetta delibera, non potendo l’adeguamento alla nuova disciplina avvenire per fatti concludenti o tramite modifica unilaterale da parte della banca.
La conseguenza è che per i contratti antecedenti l’entrata in vigore della Delibera CICR del 9 febbraio 2000 “… è necessario che il correntista esprima la propria volontà circa l’introduzione, nel contratto, della clausola di capitalizzazione con pari periodicità, giacché sul punto non è previsto alcun automatismo, ma è rimesso all’autonomia delle parti decidere se il contratto debba produrre, alla detta condizione, interessi anatocistici”.
Ad avviso della Corte, infatti, la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 25 citato ha determinato la “… caducazione parziale della delibera CICR che aveva fatto salvo l’anatocismo ove vi fosse pari periodicità degli interessi creditori e debitori” ribadendo la nullità delle clausole anatocistiche stipulate prima del decreto e sanate da questa norma, sul presupposto della pari periodicità di interessi debitori e creditori pattuita nei contratti.
Attesa la nullità di tali clausole e la necessità di disporre una nuova regolamentazione del rapporto bancario, precisa la Corte che “… resta salva l’attribuzione al CICR del potere di regolamentare il «transito» dei vecchi contratti nel nuovo regime normativo” secondo quanto previsto dall’art. 7, comma 2, della medesima delibera che consente la modifica unilaterale, da parte della Banca, delle clausole anatocistiche solo ove le nuove condizioni non siano peggiorative, pena la necessaria approvazione pattizia (art. 7, comma 3).
Sul punto, la Corte decide di aderire all’orientamento già espresso dal Supremo consesso secondo cui “… la pattuizione anatocistica con pari periodicità debba ritenersi tendenzialmente («costantemente»: Cass., n. 9140/2020) se non «evidentemente» (Cass., n. 7105/2020, cit.) peggiorativa delle precedenti condizioni contrattuali, così rendendo necessario che il correntista esprima il proprio consenso all’anatocismo con pari periodicità”.
La Cassazione non si esime dal dare atto del diverso orientamento espresso dalle ordinanze gemelle n. 5054/2024 e n. 5064/2024 che - nel tentativo di salvare le clausole anatocistiche che prevedono pari periodicità di capitalizzazione - ha ritenuto che la valutazione circa la natura peggiorativa delle pattuizioni applicate andrebbe effettuata tra le nuove e le vecchie condizioni del contratto e non tra le nuove condizioni e quelle anteriori epurate da ogni forma di capitalizzazione.
Tale prospettiva viene censurata dall’ordinanza oggi in esame che, anche in questo caso richiamando il diverso orientamento della Corte, chiarisce “… che la natura peggiorativa non può essere espressione di una valutazione comparativa delle nuove condizioni rispetto a quelle precedenti, «in virtù della impraticabilità di una siffatta comparazione discendente proprio dalla mancanza di uno dei termini di raffronto a causa della nullità della relativa previsione negoziale» (Cass., n. 28215/2024; conf., Cass., n. 13669/2025; Cass., n. 7377/2025)”.
Dalla nullità della clausola anatocistica e dalla impossibilità di valutare l’eventuale peggioramento rispetto alle condizioni precedentemente applicate discende la necessaria approvazione espressa del correntista ai sensi dell’art. 7, comma 3, della Delibera CICR delle condizioni contrattuali che prevedono l’applicazione dell’anatocismo bancario con pari periodicità di capitalizzazione.
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*Avv. Antonino La Lumia e Avv. Claudia Carmicino (Lexalent)







