Amministrativo

Enti locali: OIV, ciclo della performance e valutazione risultati, un processo normativo ancora incompiuto

Monitoraggio e valutazione dei risultati, non optional o un costo ma un volano di miglioramento della macchina amministrativa al quale occorre dedicare risorse adeguate e impegno, anche formativo, delle figure professionali. Obiettivo: creare le condizioni per un'azione amministrativa in grado di raggiungere i risultati programmati e conseguire fiducia, credibilità e legittimazione da parte degli stakeholder. Multidisciplinarietà, tecnologie innovative, e rafforzamento mirato delle competenze dell'OIV, questi gli elementi su cui si basa l'efficacia dell'azione amministrativa

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di Michele Petrucci *

Tra le principali obiezioni di metodo che la Commissione UE ha avanzato al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) approvato dal Governo (che ha bisogno di essere "rafforzato" secondo il Commissario agli affari economici, Paolo Gentiloni) c'è la carenza di obiettivi, indicatori e milestone, chiaramente definiti e misurabili.

Con la conseguenza di impedire il puntuale monitoraggio dello stato di avanzamento e la valutazione finale di gran parte dei programmi previsti. Fattori che la "rigorosa" cultura UE considera essenziali per la efficacia della rendicontazione, anche in ottica evolutiva, dell'impatto sociale ed economico del Piano.

Le osservazioni della Commissione riportano d'attualità tematiche, anche "culturali" che caratterizzano l'applicazione di strumenti e processi di valutazione dei risultati delle amministrazioni pubbliche italiane, come ricordato anche da alcuni recenti articoli del Sole 24 ore. E offrono l'occasione per fare il punto, a più di dieci anni dall'entrata in vigore, sul ruolo degli Organismi indipendenti di valutazione, tra le novità più significative del dlgs 150/09 in ordine di tempo l'ultimo importante provvedimento di riordino degli assetti regolativi del lavoro pubblico. (Come non condividere, a riguardo, le brillanti considerazioni di Gianni Trovati a proposito della " riformite ciarliera "?)

La puntuale valutazione dei risultati, dunque, costituisce un prerequisito per l'efficacia gestionale di qualunque ente o impresa, purché integri e vada oltre la mera verifica dell'equilibrio economico, della conformità procedurale-amministrativa e dell'operato della dirigenza. Una evidenza alla quale le amministrazioni pubbliche non sempre hanno dedicato attenzione, né in fase di programmazione (prevalentemente basata sull'andamento "storico", che inevitabilmente finisce per penalizzare le buone pratiche), né in fase di rendicontazione (prevalentemente limitata alla verifica del rispetto dei termini procedimentali, degli adempimenti e della spesa). Anche per effetto della scarsa circolarità delle informazioni: dalla mancata condivisione allargata dei metodi e degli strumenti e, non ultimo, dalla tendenza a considerare la "valutazione" come mero adempimento. Per di più, con la finalità di "controllo", che in ogni organizzazione è tipicamente alla base di conflitti sia interni che esterni.

Da qui, la scelta del legislatore di contemperare vincoli, diritti e merito, affidando la tematica della produttività, della incentivazione e della propedeutica valutazione, a una successione di provvedimenti normativi e regolamentari in materia di controlli interni, che hanno finito per costituire un reticolo di norme in cui i risultati passano in secondo piano rispetto alle procedure. Un' eterogenesi dei fini per una normativa che nasce con l'obiettivo opposto: definire metodologie e strumenti di misura della qualità e dei risultati dell'azione amministrativa, per farne un volano di miglioramento della produttività del lavoro pubblico e dei principali fattori da cui storicamente è penalizzata, anche per le dinamiche del sistema di contrattazione collettiva, come la carenza di responsabilizzazione, produttività e meritocrazia nei processi di incentivazione.

Un processo normativo, peraltro, ancora incompiuto, poiché la disciplina non è direttamente applicabile agli Enti locali, essendo rimasta invariata, nell'ambito della loro autonomia precettiva ed organizzativa, la possibilità di disciplinare il sistema dei controlli interni, anche in deroga ai principi di cui al d.lgs. 286/99, in accordo con quanto previsto dall'articolo 147 del TUEL, nel rispetto del principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione.

Un tema ancora più centrale, in un momento in cui l'azione amministrativa costituisce il fattore chiave per assicurare che i programmi del PNRR siano realizzati nei tempi previsti e con la efficacia necessaria, senza sprecare le risorse del Recovery plan e con esse un'opportunità di rilancio per il Paese, a causa di una burocrazia non adeguata, la cui azione amministrativa oltre ad essere indirizzata, va monitorata e verificata e, ove necessario, corretta.

L'estensione agli Enti locali può costituisce un'occasione, dunque, per dare anche ai sistemi di valutazione, storicamente connessi al tema dei controlli interni, effettiva efficacia attraverso competenze e processi che l'attuale normativa rende possibili. Senza la necessità, a mio parere, di ulteriori riforme "strutturali e complessive" di complicata realizzazione, quanto, piuttosto, di puntuali integrazioni, oltre che di una corretta applicazione della norma, dettate da considerazioni di buon senso, maturate con l'esperienza in corpore vili


EVOLUZIONE DEL QUADRO NORMATIVO

L'attuale quadro normativo si è andato componendo attraverso il susseguirsi di riforme, semplificazioni, modifiche ed integrazioni (ultima modifica il 6 agosto scorso). Una serie di provvedimenti concernenti, soprattutto, procedure e adempimenti, il cui effetto non assicura certo qualità ed efficienza dell'azione amministrativa, anche perchè quest'ultima presenta forti disomogeneità (anche territoriali) e che necessiterebbe di sistemi e criteri di valutazione in grado di valorizzare i risultati e le capacità sia tecnico-amministrative che gestionali ed organizzative (non solo per le posizioni dirigenziali).

Traguardo ancora lontano (l'Osservatorio dei Conti Pubblici in un recente report ha ritenuto l'efficacia valutativa di tali sistemi "vanificata dai criteri scelti") di un lungo cammino che qualcuno fa risalire addirittura alla legge di contabilità n. 5026 del 22 aprile 1869 sull'amministrazione del patrimonio dello Stato e sulla contabilità generale (con cui la Ragioneria generale dello Stato assunse un ruolo determinante per la dinamica della spesa del Regno).

La fase più rilevante si sviluppa, però, a partire dagli anni Novanta, in un contesto di trasformazione dell'orientamento della pubblica amministrazione "dal compito al risultato".

Difatti, è con i Decreti legislativi 29/1993 e 286/1999 e con la L. 20/1994 di riforma della Corte dei Conti, che il legislatore attribuisce rilievo ai controlli interni, attraverso una più concreta identificazione e assegnazione delle specifiche tipologie di attività, e mediante l'indicazione, in caso di mancato conseguimento dei risultati attesi, anche del soggetto responsabile, aggiungendo alla funzione di valutazione quella di indirizzare e monitorare le attività dei vari uffici in relazione agli obiettivi assegnati ai dirigenti.

In particolare, il Dlgs 3 febbraio 1993, n. 29 ("Razionalizzazione della organizzazione delle Amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego") stabilisce che "Le amministrazioni pubbliche non possono erogare trattamenti economici accessori che non corrispondano alle prestazioni effettivamente rese" (art.7, comma 5) e che ad effettuare il controllo interno siano chiamati (art. 20) "i nuclei di valutazione o servizi di controllo interno", istituiti presso ciascuna pubblica amministrazione e composti da "esperti in tecniche di valutazione e nel controllo di gestione" con il compito di "verificare, mediante valutazioni comparative dei costi e dei rendimenti, la realizzazione degli obiettivi, la corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche, l'imparzialità ed il buon andamento dell'azione amministrativa".

Un orientamento confermato anche dalla L. 20/1994, in virtù della quale, l'attività dei controlli interni deve essere utilizzata dalla Corte dei Conti per accertare "la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell'azione amministrativa").

Che viene poi ribadito dal Dlgs. 286/99, la cui emanazione – su delega conferita al Governo dall'art. 17 della legge 15 marzo 1997, n. 59 – si rende necessaria per meglio delineare, anche a seguito delle difficoltà di attuazione del D.lgs. 29/93, le specifiche tipologie di controllo, i ruoli dei soggetti coinvolti, i metodi e gli strumenti da utilizzare.

Con il Dlgs. 286/99, il legislatore, prendendo a principale riferimento normativo le disposizioni dell'art. 97 comma 1 della Costituzione ("i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari"), separa le funzioni di controllo interno da quelle di controllo esterno e, definendone responsabilità e criteri di incompatibilità, attribuisce a differenti soggetti le funzioni svolte dai nuclei di controllo interno.

Operando una distinzione fra le attività di controllo di natura "collaborativa" o "repressiva". Il sistema dei controlli, così delineato, verifica le capacità dell'organo esecutivo di individuare strumenti e metodi per valutare l'andamento e i risultati della gestione, in relazione agli obiettivi programmati: il controllo interno si configura come un insieme di procedure e strumenti, dei quali il vertice è chiamato a garantire l'operatività attraverso strutture specifiche e metodologie di cui, poi, il controllo esterno valuterà l'adeguatezza e l'efficacia.

Un assetto strutturale modificato ancora sostanzialmente dal successivo dlgs 150/09 che, sulla spinta dell'evoluzione del contesto di riferimento e di una visione più aziendalistica (cd "privatizzazione") del lavoro pubblico, che considera l'efficienza un valore, introduce ulteriori innovazioni, sia concettuali che applicative. A partire dal cd "ciclo della performance", ovvero l'intero processo valutativo che deve necessariamente prevedere le seguenti fasi: individuazione e assegnazione degli obiettivi, monitoraggio costante con attivazione di eventuali interventi correttivi, misurazione e valutazione della performance organizzativa ed individuale, erogazione premi. Un sistema da implementare, adottando metodologie che prevedano la partecipazione dei destinatari dell'azione amministrativa e l'obbligo di pubblicizzarne gli esiti.

La norma stabilisce che il ciclo della performance si conclude con la rendicontazione dei risultati agli organi di indirizzo politico-amministrativo, ai vertici delle amministrazioni, nonché ai cittadini, agli utenti ed ai destinatari dei servizi, a conferma che il parere degli stakeholder è fondamentale per rendere il sistema di valutazione un effettivo fattore di rafforzamento delle capacità dell'amministrazione.

Alla rilevanza del metodo partecipativo, viene infatti data concretezza, con il dlgs 74/2017 ("Modifiche al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, in attuazione dell'articolo 17, comma 1, lettera r, della legge 7 agosto 2015, n. 124". Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 130 del 7 giugno 2017) e con la puntuale definizione inserita nelle Linee guida 2019 del Dipartimento della Funzione Pubblica ("una forma di valutazione della performance che avviene nell'ambito di un rapporto di collaborazione tra amministrazione pubblica e cittadini, coinvolge non solo gli utenti esterni ma anche quelli interni e comprende diversi ambiti e strumenti").

Altra significativa innovazione: con il dlgs 150/09 vengono attribuite alla valutazione anche finalità di promozione di pari opportunità e di benessere organizzativo. Un segnale della consapevolezza che, oltre ai meccanismi organizzativi, la valorizzazione del merito, la salvaguardia del patrimonio di competenze e di capacità professionali, costituiscono leve indispensabili per il miglioramento.


L'ORGANISMO INDIPENDENTE DI VALUTAZIONE: CRITICITA' E PROPOSTE

Con l'introduzione del ciclo della performance, viene dunque attribuita una dimensione più complessiva al sistema della valutazione e, in analogia con il settore privato, una spinta verso l'efficienza, poi rafforzata dal decreto legislativo n. 74/2017. Lo testimonia la previsione (art. 14) di un nuovo soggetto a cui è attribuito un ruolo centrale nel sistema: l'Organismo Indipendente di valutazione, introdotto "in sostituzione del nucleo di valutazione e controllo strategico o altri analoghi organismi di controllo interno comunque denominati previsti dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286".

Le responsabilità attribuite all'OIV vanno, come descritto, ben oltre la mera "attualizzazione" delle funzioni assegnate al Nucleo di Valutazione, rispetto al quale svolge un condivisibile ruolo di supporto più propositivo al vertice politico-amministrativo, da concretarsi attraverso una relazione annuale contenente anche proposte e raccomandazioni.

L' OIV infatti "riferisce direttamente agli organi di indirizzo politico-amministrativo" ed è chiamato a verificare il sistema di valutazione, ma anche a supportarne il miglioramento, finalizzato a rafforzare i risultati dell'azione della macchina amministrativa, con riferimento anche agli aspetti di trasparenza e integrità (Dlgs. 97/2016).

L'OIV verifica, dunque, che il sistema di valutazione tenga conto degli obiettivi connessi all'anticorruzione, alla trasparenza e degli obblighi di pubblicazione, e che le azioni di prevenzione della corruzione siano coerenti con le misure di miglioramento della funzionalità e della performance degli uffici e dei funzionari pubblici. Inoltre, per favorire il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico, l'OIV esprime un parere obbligatorio nell'ambito della procedura di adozione dei codici di comportamento e nel contrasto a comportamenti non virtuosi. All'OIV è assegnato, pertanto, un ruolo centrale di monitoraggio del "funzionamento complessivo del sistema della valutazione, della trasparenza e integrità dei controlli interni", seguendo, per le rispettive competenze, gli indirizzi del Dipartimento della Funzione pubblica e della Autorità Nazionale Anticorruzione (che per tale materia si affianca di fatto al Dipartimento della Funzione Pubblica come riferimento dell'OIV).

In tal modo, il legislatore ha inteso rispondere anche alle istanze di trasparenza e controllo nel contrasto al fenomeno della corruzione, provenienti dall'opinione pubblica, adeguando l'ordinamento giuridico italiano agli standards internazionali di prevenzione e repressione del fenomeno corruttivo, con un approccio che configura gli strumenti sanzionatori solo come uno dei fattori di lotta alla illegalità presente nell'azione amministrativa.

Per svolgere il ruolo attribuitogli, l'OIV necessita quindi di competenze gestionali e capacità manageriali adeguate. Caratteristiche ribadite dal Decreto legislativo n. 74, 25 maggio 2017 (Art 11 - Modifiche all'articolo 14 del decreto legislativo n. 150 del 2009) che dovrebbero essere accompagnate da metodologie e strumenti come l' "elenco nazionale degli OIV" e dal "Portale delle performance".

L'elenco, che riporta i riferimenti dei soggetti professionalmente idonei ad assumere il ruolo di OIV, è regolato dal combinato disposto di provvedimenti che hanno aggiornato la disciplina per adeguarla alle variazioni operate nel frattempo da successivi decreti agli articoli 14 e 14-bis del Dlgs 150/2009: il decreto del Ministro per la semplificazione e la Pubblica Amministrazione del 2 dicembre 2016 ("Istituzione dell'Elenco nazionale dei componenti degli Organismi indipendenti di valutazione della performance") e il decreto del Ministro della Pubblica Amministrazione del 6 agosto 2020 ("Disciplina dell'elenco nazionale dei componenti degli organismi indipendenti di valutazione", G.U. del 07.10.2020 n. 248).

Chi vuole candidarsi al ruolo di componente di OIV deve essere incluso nell'elenco da almeno sei mesi. L'iscrizione, per la cui conferma sono poi previsti obblighi formativi annuali, avviene nel rispetto di requisiti generali "di integrità e competenza" e "sulla base di criteri selettivi che favoriscono il merito e le conoscenze specialistiche".

Il Portale, oltre alla raccolta aggiornata di normativa e regolamenti, riporta in modo trasparente e di semplice fruibilità, sia l'elenco dell'OIV che tutti gli "avvisi pubblici di selezione comparativa" per il conferimento degli incarichi, costituendo una sorta di "portale del reclutamento".

Tali strumenti, però, costituiscono dei presupposti non sufficienti ad assicurare la capacità dell'OIV di svolgere con un reale valore aggiunto il ruolo di "garante" del sistema di valutazione e di mettere la macchina amministrativa in grado di rispondere a una domanda, sempre più complessa e con aspettative crescenti, anche per lo sviluppo delle tecnologie, degli stakeholder.

Al riguardo si è ricordato in apertura come la efficacia delle funzioni di monitoraggio e valutazione dei risultati sia strettamente dipendente dalla capacità di individuare, in fase preventiva, obiettivi, indicatori e target. Basta però una semplice ricognizione della documentazione sul portale delle performance per rendersi conto che tali condizioni non sono ancora adeguatamente soddisfatte, in buona parte dei casi. Ad esempio nella definizione degli obbiettivi, che non sempre sono direttamente associati a parametri di efficienza e di impatto e in alcuni casi presentano target "troppo prudenti" e "poco motivanti".

Così come appaiono scarsamente correlati alla quantità e alla qualità delle risorse disponibili anche per la carenza della mappatura dei processi. Oppure per indicatori che hanno una formulazione generica, non rappresentativa del risultato programmato, e sono strutturati in modo da non determinare un significativo miglioramento della qualità operativa.

Criticità che l'OIV dovrebbe rilevare e contribuire a superare mettendo in campo competenza, indipendenza ed autorevolezza. Di cui non sempre nella realtà dispone adeguatamente per una serie di fattori.

A partire dalle procedure di affidamento degli incarichi, che non garantiscono, salvo eccezioni, selettività ed esito meritocratico, pur a fronte dell'obbligo di pubblicizzazione di ciascun avviso pubblico di selezione sul Portale.

Suscita infatti perplessità, oltre alle tempistiche discrezionali, la circostanza che l'OIV "è nominato dall'organo di indirizzo politico-amministrativo", ovvero che la nomina di un soggetto che ha responsabilità anche di "controllore" sia in capo al "controllato".

Anche perché, la formula della "manifestazione di interesse" consente di individuare "una rosa di candidati qualificati e idonei", che può portare poi alla nomina di un candidato non necessariamente in possesso dei titoli migliori. Permettendo di attribuire l'incarico "all'esito di un processo valutativo tra i candidati risultati idonei effettuato dall'Organo politico-amministrativo competente, che tende ad approfondire gli elementi ritenuti maggiormente rilevanti, con un colloquio teso a mettere in ulteriore evidenza i profili attitudinali e professionali di particolare interesse rispetto alle funzioni da svolgere".

Tutto ciò, in un contesto in cui i requisiti richiesti appaiono poco sfidanti (anche se, occorre dirlo, è sempre più di quanto richiesto per gli Organismi di Vigilanza, per i quali sono previsti requisiti generici di onorabilità e professionalità, non meglio definiti dal Legislatore). Per l'OIV, infatti, oltre ai consueti requisiti di integrità, si richiede il "possesso di comprovata esperienza professionale di almeno cinque anni, maturata presso pubbliche amministrazioni o aziende private nella misurazione e valutazione della performance organizzativa e individuale, nella pianificazione, nel controllo di gestione, nella programmazione finanziaria e di bilancio e nel risk management". Requisiti che, non meglio precisati, appaiono poco sfidanti (ma, occorre dirlo, in questo caso la PA è più rigorosa dei privati visto che per l' Organismo di Vigilanza di una impresa sono previsti requisiti di onorabilità e professionalità, non meglio definiti dal Legislatore).

La scelta di consentire una procedura selettiva ed un incarico sostanzialmente fiduciario, probabilmente originata dalla volontà di privilegiare la funzione di supporto, piuttosto che di mera verifica, finisce, salvo eccezioni, per impattare sulla qualità delle capacità professionali reclutate con ricaduta sulla reale efficacia dell'azione dell'OIV, peraltro sovente penalizzata anche dalla carenza di commitment da parte dell'organo di vertice politico-amministrativo, che dovrebbe essere invece il più diretto beneficiario. Nonché dallo scarso supporto che riceve dalla struttura tecnica preposta.

Anche se nell'esercizio delle sue funzioni, l'OIV ha accesso "a tutti gli atti e documenti in possesso dell'amministrazione, utili all'espletamento dei propri compiti, nel rispetto della disciplina in materia di protezione dei dati personali" nonché a tutti "i sistemi informativi dell'amministrazione, ivi incluso il sistema di controllo di gestione, e può accedere a tutti i luoghi all'interno dell'amministrazione, al fine di svolgere le verifiche necessarie all'espletamento delle proprie funzioni, potendo agire anche in collaborazione con gli organismi di controllo di regolarità amministrativa e contabile dell'amministrazione".

Per essere incisivo, l'OIV finisce per farsi carico anche di attività di non diretta competenza, peraltro con compensi professionali che, a fronte delle responsabilità assunte, nella maggior parte dei casi non appaiono adeguati ad attrarre le professionalità più qualificate. Un limite(ulteriore residuo, forse, di un approccio tra responsabilità e retribuzione teso a connotare gli incarichi pubblici come una missione più che una professione). Un limite ancora più evidente se l'ente conferente è situato territorialmente lontano dalla sede del professionista (poiché non sono previste, di norma, le spese di trasferta aggiuntive).

Tali criticità, come è intuitivo, restringono la platea e la qualità dei candidati e favoriscono, di fatto, l'assegnazione degli incarichi a soggetti vicini (non sempre solo territorialmente) all'organo di vertice delle amministrazioni conferente. Per evitarlo, basterebbe stabilire requisiti professionali più stringenti ed attuare procedure di reclutamento maggiormente selettive, con tempistiche predefinite obbligatorie ed esito a graduatoria, prevedendo l'obbligo di assegnazione ai professionisti valutati più qualificati e titolati. Oltre che, prevedere criteri altrettanto trasparenti per la definizione dei compensi, correlandoli alla rilevanza, non solo dimensionale, dell'amministrazione conferente.


CONCLUSIONI

Pur essendo miope la semplice trasposizione dei modelli privatistici d'impresa, non c'è dubbio che la mancata definitiva affermazione nella PA di una "cultura organizzativa" orientata al risultato, e che consideri quantità e qualità dimensioni non fungibili, costituisce un fattore penalizzante anche in termini di rendicontazione sociale.

Monitoraggio e valutazione dei risultati, quindi, non deve essere considerata un optional o un costo per l'amministrazione, ma un volano di miglioramento della macchina amministrativa al quale occorre dedicare risorse adeguate e impegno, anche formativo, delle figure professionali ai diversi livelli. Una leva organizzativa essenziale per creare le condizioni per un'azione amministrativa in grado di raggiungere i risultati programmati e conseguire fiducia, credibilità e legittimazione da parte degli stakeholder.

Occorre, pertanto, innovare i modelli di valutazione della performance, spostandone il focus sulla organizzazione e sui risultati attraverso metodologie, strumenti e criteri improntati a partecipazione, concretezza, multidisciplinarietà ed adozione di tecnologie innovative, per ridurre le risorse dedicate e l'eccesso di burocrazia, senza dimenticare di adeguare le capacità, con un rafforzamento mirato delle competenze dell'OIV, per implementare i nuovi sistemi di valutazione.

Solo a tali condizioni, il sistema di valutazione può concretamente contribuire all'efficacia dell'azione amministrativa, oggi ancora più necessaria, per realizzare nei tempi previsti i programmi di NGEU e conseguire quegli obiettivi di crescita digitale e modernizzazione che, come riportato nel Recovery Plan Italia, costituiscono la chiave di rilancio del sistema Paese.
Un obiettivo per il quale occorre ancora lavorare, a cominciare dalla rapida estensione agli Enti locali, nella convinzione che la PA rappresenti un bene comune da valorizzare nell'interesse di tutti gli stakeholder, in primis i cittadini.

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* Michele Petrucci
Ingegnere, ricopre l'incarico Organismo di valutazione monocratico dell'Istituto Italiano Studi germanici. In precedenza ha ricoperto l'incarico di componente del SECIN e dell'OIV di IAO Firenze (oggi confluito Agenzia Italiana Cooperazione e sviluppo) e di Presidente del Nucleo di Valutazione di Laziodisu (oggi confluito in DiSCo Lazio)

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