Lavoratori, il cambio di azienda non configura un atto di concorrenza sleale
Il passaggio di un lavoratore da una società ad un'altra operante nello stesso settore non configura di per sé un atto di concorrenza sleale, né porta automaticamente a configurare gli estremi di un illecito extracontrattuale a danno dell'ex datore di lavoro, a meno che non vi sia la prova della sottrazione di informazioni o l'utilizzo di specifiche tecniche di lavoro che diano spessore all'illecito. Questo è quanto affermato dal Tribunale di Velletri nella sentenza 1907/2019.
Il caso - La controversia prende le mosse dalla scelta, da parte del coordinatore dell'ufficio estero di una società operante nell'export, di passare a lavorare per un'impresa concorrente. La società ex datrice di lavoro non accettava però di buon grado le dimissioni e citava in giudizio l'ex dipendente accusandolo di concorrenza sleale e chiedendo altresì un risarcimento del danno. Secondo l'impresa, infatti, il lavoratore non solo era passato ad un'azienda competitor, ma aveva anche posto in essere un comportamento complessivo «teso a denigrare e infondere discredito» sulla medesima, attraverso la diffusione di false informazioni circa la sua situazione finanziaria e sulla presunta inefficienza della rete di servizi, nonché attraverso l'utilizzo della sua rete di contatti, il tutto per avvantaggiare il nuovo datore di lavoro.
La decisione - Dopo la decisione del Tribunale del lavoro sulla non configurabilità di una concorrenza sleale ex articolo 2598 c.c. – ontologicamente impossibile tra l'impresa e un lavoratore – il giudice civile respinge anche la richiesta risarcitoria, non avendo l'ex datore di lavoro fornito la prova dell'illecito commesso dal suo ex dipendente. Ad ogni modo, il Tribunale aggiunge anche che seppur sia astrattamente possibile che la diffusione di false informazioni e l'utilizzo indebito della rete dei contatti producano un danno ingiusto, tuttavia non può precludersi del tutto la possibilità per un ex dipendente di svolgere qualsiasi attività lavorativa nello stesso settore professionale.
In altri termini, chiosa il giudice, l'aver avuto rapporti lavorativi con una società concorrente nel periodo successivo alla cessazione del rapporto di lavoro «non porta, di per sé, a configurare gli estremi di un illecito extracontrattuale, a meno che tale condotta non risulti integrata da altre circostanze in grado di dare sostanza e spessore all'illecito, come la sottrazione di informazioni, di know how, di tecniche specifiche di lavoro o quant'altro»; comportamenti che, però, nella fattispecie non risultano dimostrati.
Tribunale di Velletri - Sezione II civile – Sentenza 11 settembre 2018 n. 1907