Amministrativo

Limiti al subappalto: conformità della normativa italiana alla normativa europea

Con la segnalazione in commento, trasmessa a Parlamento e Governo il 4 novembre 2020, l'AGCM torna sulla questione dei limiti di utilizzo del subappalto

di Francesco Paolo Bello, Emilio Cucchiara*


Ancora due importanti interventi dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) e dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) sui limiti di utilizzo dell'istituto del subappalto.

Più in generale, il settore delle gare si conferma assolutamente centrale tra le priorità di intervento dell'AGCM, come emerge anche dalla Relazione Annuale sull'attività svolta nel 2019, in cui è riportato che, su 9 casi di intese anticoncorrenziali concluse nel 2019, ben 6 riguardano gare pubbliche; su 5 casi di abuso di posizione dominante chiusi nel 2019, 2 riguardano condotte riconducibili al contesto delle gare pubbliche.

Inoltre, sempre in relazione alle gare pubbliche, l'AGCM ha ripetutamente fatto uso dei propri strumenti di advocacy al fine di ottenere la rimozione dai bandi di gara di clausole restrittive della concorrenza, con particolare riferimento alle clausole che ingiustificatamente limitano la possibilità di partecipazione.

Con la segnalazione in commento, trasmessa a Parlamento e Governo il 4 novembre 2020, l'AGCM torna sulla questione dei limiti di utilizzo del subappalto. Pochi giorni dopo, il 10 novembre 2020, l'importante intervento del Presidente dell'ANAC nel corso dell'audizione dinanzi alle Commissioni riunite Ambiente e Politiche dell'Unione europea della Camera dei Deputati.

Premessa
L'articolo 105, comma 2, del D. Lgs. n. 50/2016, nel disciplinare l'istituto del subappalto, prevede che non possa superare la quota del 30 per cento dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture.

La ratio della originaria formulazione normativa di un tale limite quantitativo è da individuarsi nel tentativo del Legislatore di prevenire infiltrazioni della criminalità organizzata nell'ambito dei contratti pubblici.

Nonostante siano intervenute successive modifiche legislative nel tentativo di recepire le direttive europee 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, la Commissione Europea, con lettera di costituzione in mora del 24 gennaio 2019, ha aperto la procedura di infrazione n. 2018/2273 nei confronti del Governo Italiano per la mancata conformità del quadro giuridico nazionale a numerose previsioni di cui alle predette direttive del 2014 in materia di contratti pubblici, incluse le previsioni relative alla disciplina del subappalto.

Secondo quanto sostenuto dalla Commissione Europea, nelle direttive europee infatti non sono presenti disposizioni che prevedono un limite quantitativo al subappalto come prescritto dalla vigente normativa italiana; al contrario, prevarrebbe il favor alla più ampia partecipazione agli appalti pubblici da parte di tutti gli operatori economici (in particolare le piccole e medie imprese).

Invero, l'articolo 63, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE consente alle stazioni appaltanti di introdurre un limite al subappalto soltanto in ragione della particolare natura delle prestazioni oggetto di gara, diversamente dunque dall'intento del legislatore italiano di prevenire infiltrazioni criminali in un appalto pubblico. La Commissione ha dunque concluso che "la normativa italiana viola il diritto UE in quanto essa limita il ricorso al subappalto in tutti i casi, e non solo nei casi in cui una restrizione del subappalto sia oggettivamente giustificata dalla natura delle prestazioni dedotte in contratto".

Con il decreto Legge 32/2019 (c.d. decreto sblocca cantieri), c'è stata una prima risposta del Legislatore italiano alla suddetta procedura di infrazione: inizialmente era stato infatti previsto l'innalzamento della quota subappaltabile al 50%, percentuale che, in sede di conversione in legge del decreto, alla luce delle numerose critiche avanzate da ANAC e dalla dottrina maggioritaria, è stata ridotta al 40% con Legge 14 giugno 2019 n. 55. Quest'ultima, in particolare, ha previsto che: "Nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo18 aprile 2016, n. 50, fino al 31 dicembre 2020, in deroga all'articolo 105, comma 2, del medesimo codice, fatto salvo quanto previsto dal comma 5 del medesimo articolo 105, il subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non può superare la quota del 40 per cento dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture."

In tal modo, il Governo, senza modificare o abrogare le disposizioni del Codice (d.lgs. 50/2016), come espressamente richiesto e auspicato dalla Commissione Europea, ha preferito introdurre un regime transitorio e parallelo valido fino al 31 dicembre 2020.
Segnatamente, le misure provvisorie hanno dunque innalzato il limite per il ricorso al subappalto al 40% dell'importo complessivo del contratto, mantenendo in ogni caso la possibilità per le stazioni appaltanti di indicare nella legge di gara una percentuale delle quote subappaltabili ad esso inferiore, ritenendo, anzi, che l'amministrazione aggiudicatrice sia effettivamente obbligata a specificare e rendere pubblica tale scelta, dovendo pertanto il bando contenere una esplicita indicazione sul punto.

Nelle more di un chiarimento in materia, è giunta la nota sentenza della Corte di Giustizia UE del 26 settembre 2019 nel caso C-63/18 Vitali, pronunciata a valle della domanda di pronuncia pregiudiziale con cui il TAR Lombardia chiedeva alla Corte di accertare se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del TFUE e all'articolo 71 della Direttiva 2014/24 - che non contempla limitazioni quantitative al subappalto - e al principio di proporzionalità, ostino all'applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana in base alla quale il subappalto non può superare la quota del 30% dell'importo complessivo del contratto.

Nell'ordinanza di rimessione, il TAR Lombardia segnalava che la previsione di un limite generale del 30% per il subappalto, tanto per i contratti di lavori quanto per quelli di servizi e forniture, impedisce agli operatori economici di subappaltare ad altri soggetti una parte consistente delle opere, rendendo così più difficoltoso l'accesso al mercato delle imprese, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni, ostacolando l'esercizio della libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi e precludendo agli stessi committenti pubblici di ottenere un numero più alto e diversificato di offerte.

La Corte di Giustizia ha accolto la questione pregiudiziale sollevata, sancendo che la lotta alla criminalità organizzata non può giustificare una così radicale e sproporzionata limitazione del subappalto, in quanto misure meno restrittive sarebbero ugualmente idonee a raggiungere l'obiettivo perseguito dal legislatore italiano, e il diritto italiano già prevede numerose attività interdittive espressamente finalizzate ad impedire l'accesso alle gare pubbliche alle imprese sospettate di condizionamento mafioso o comunque collegate a interessi riconducibili alle principali organizzazioni criminali operanti nel paese.

A seguito della pubblicazione della sentenza appena menzionata, sul punto ha preso posizione anche l'ANAC, che, in data 13/11/2019, con l'atto di segnalazione n.8, ripercorrendo tutto l'iter giudiziario della questione, giunge ad una duplice e formale richiesta rivolta al Governo italiano di: "(i) modificare con urgenza la disciplina di riferimento affinché la normativa nazionale sia riportata in sintonia con i principi stabiliti dal legislatore e dal Giudice europeo; (ii) fornire alle stazioni appaltanti indicazioni normative chiare, così da scongiurare eventuali contenziosi, prevedendo una rivisitazione dei meccanismi di regolazione del subappalto mediante una opportuna "compensazione" tra i diritti di libertà riconosciuti a livello europeo e le esigenze nazionali di sostenibilità sociale, ordine e sicurezza pubblica, che sono sempre stati alla base della limitazione all'utilizzo dell'istituto."

I recenti interventi di AGCM e ANAC
Più recentemente, in data 4 novembre 2020, come anticipato, l'AGCM ha trasmesso al Parlamento e al Governo una segnalazione ai sensi dell'art. 21 della Legge 287/90, con la quale, oltre a sottolineare la valenza pro–concorrenziale dell'istituto del subappalto, ha richiesto un intervento ai fini dell'eliminazione della previsione della soglia alla luce della contrarietà dello stesso alle norme europee sugli appalti.

Ben note sono ovviamente all'Autorità antitrust le possibilità di uso distorto, anche a fini anticoncorrenziali, dello strumento del subappalto. Al riguardo, per esempio, l'Autorità ha di recente concluso un procedimento per intesa anticoncorrenziale nell'ambito della gara pubblica relativa ai i servizi di facility management in cui, tra gli strumenti utilizzati dai partecipanti alla contestata infrazione, vi è proprio l'istituto del subappalto che, secondo detta autorità, sarebbe stato "utilizzato più volte in maniera distorta e piegato a finalità diverse da quelle proprie dell'istituto, in special modo per aggirare problematiche connesse a una partecipazione "visibile" di una certa impresa a una determinata gara o per ottenere ristori di natura compensativa".Nondimeno, secondo l'AGCM, l'istituto del subappalto ha valenza essenzialmente pro-concorrenziale, come ribadito anche nella recente segnalazione relativa alle Criticità in merito allo sviluppo delle infrastrutture di telecomunicazione fissa e mobile a banda ultralarga (AS1683), in cui detta autorità auspica un maggior ricorso allo strumento del subappalto al fine di permettere una più veloce realizzazione delle reti a banda ultralarga, così da superare i limiti di produzione e aprire un maggior numero di cantieri.

Con la segnalazione del 4 novembre 2020, in particolare, l'AGCM osserva che gli eventuali limiti al subappalto dovrebbero essere proporzionati all'obiettivo di interesse generale da perseguire e giustificati da casi specifici motivati dalla Stazione Appaltante. Si potrebbe giustificare l'imposizione di un limite al subappalto nel caso in cui, ad esempio il limitato numero di possibili imprese partecipanti ad una gara potrebbe dar luogo a intese spartitorie oppure per ragioni di sicurezza.

L'Autorità ritiene inoltre che, eliminando i limiti al subappalto, i rischi di corruzione e collusione potrebbero essere evitati indicando, già in sede di offerta, la quota di lavori da subappaltare e l'identità dei subappaltatori. In questo modo, la stazione appaltante potrebbe effettuare i dovuti controlli.

In linea con le sentenze della Corte di Giustizia, l'Autorità ha quindi incluso nella segnalazione tre possibili interventi da adottare per modificare il Codice e uniformare la normativa nazionale a quella dell'Unione, e precisamente diretti a:

(i)eliminare la previsione generale e astratta di una soglia massima di affidamento subappaltabile;
(ii)prevedere l'obbligo in capo agli offerenti, che intendano ricorrere al subappalto, di indicare in sede di gara la tipologia e la quota parte di lavori in subappalto, oltre all'identità dei subappaltatori;
(iii)consentire alle stazioni appaltanti di introdurre, tenuto conto dello specifico contesto di gara, eventuali limiti all'utilizzo del subappalto che siano proporzionati rispetto agli obiettivi di interesse generale da perseguire e adeguatamente motivati in considerazione della struttura del mercato interessato, della natura delle prestazioni o dell'identità dei subappaltatori.

Sul punto, come anticipato, è successivamente intervenuto il Presidente dell'ANAC, Avv. Giuseppe Busia, nel corso dell'audizione tenutasi lo scorso 10 novembre 2020 presso le Commissioni riunite Ambiente e Politiche dell'Unione europea della Camera dei Deputati, con oggetto "Ipotesi di modifiche alla normativa nazionale in materia di subappalto conseguenti a recenti sentenze e procedure di infrazione promosse dalla Commissione Europea", in cui lo stesso Presidente ha affermato la necessità di eliminare il limite generale ed astratto del 30-40% per il subappalto, per prevedere invece il subappalto di "una porzione e non dell'intera commessa", posto che la possibilità di subappaltare al 100% le prestazioni oggetto del contratto o comunque di una parte rilevante delle stesse determinerebbe di fatto lo svolgimento della commessa da parte di terzi e non dal soggetto aggiudicatario.

In termini pratici, il Presidente propone un intervento normativo che preveda che, al superamento di una soglia predeterminata di subappalto, venga attribuita al subappaltatore una responsabilità diretta verso la stazione appaltante, analoga a quella di un mandante in RTI – quale impostazione coerente con il dettato dell'art. 71 della Direttiva 24/2014/UE, che, al fine di prevenire violazioni dei principi generali, ammette l'introduzione di meccanismi di responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore. In tale quadro, per evitare condotte elusive di tale ipotetica "soglia di responsabilità" attraverso il frazionamento dei subappalti, il Presidente suggerisce che potrebbe essere chiarito, sempre per via normativa, che ove il valore complessivo della prestazione subappaltata superi una certa soglia dell'importo dell'appalto, siano comunque responsabili direttamente verso la stazione appaltante i singoli subappaltatori a cui è attribuita una percentuale, indicata nella norma, di subappalto.

Inoltre, il Presidente prosegue affermando che si potrebbe valutare di richiedere alla stazione appaltante l'obbligo di motivare adeguatamente un eventuale limite al subappalto in relazione allo specifico contesto di gara; allo stesso modo si potrebbe reintrodurre l'obbligo di indicare i subappaltatori già in fase di gara (in numero facoltativo fino a tre a discrezione dell'operatore economico) al fine di consentire alla stazione appaltante di conoscere preventivamente i soggetti incaricati e di agevolarne le verifiche, ferma restando la necessità di autorizzazione al subappalto di cui all'art. 105, comma 4, del Codice.

Su quest'ultimo punto il Presidente pone in luce le effettive capacità, risorse e mezzi di cui la stazione appaltante dovrebbe essere dotata per porre in essere le necessarie verifiche sui subappaltatori, che spesso si rilevano non sono adeguate soprattutto per i committenti di minori dimensioni, evidenziando pertanto la necessità di un potenziamento in tale direzione, anche con riferimento al sistema di digitalizzazione delle procedure, al fine di raccogliere tutte le informazioni possibili sugli operatori economici in un fascicolo virtuale e facilitarne in tal modo la verifica.

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*Deloitte Tax & Legal

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