Morte del feto risarcibile come perdita parentale (con le Tabelle milanesi)
Lo ha chiarito la Cassazione, ordinanza n. 26826/2025, affermando tre principi di diritto
Il danno derivante dalla perdita del feto, per malpractice sanitaria, è assimilabile - per la intensa sofferenza patita - al danno da perdita parentale e va risarcito applicando, senza tagli, le tabelle milanesi. Lo ha chiarito con una importante decisione la Terza sezione della Cassazione, ordinanza n. 26826/2025 (Pres. Travaglini; Rel. Cricenti), accogliendo il ricorso incidentale dei genitori e dei nonni di una bambina nata morta.
La vicenda all’esame della Suprema corte
Il Tribunale di Benevento, riconosciuta la responsabilità dei sanitari, ritenne configurabile la fattispecie della perdita non del feto, ma della “piccola neonata” e riconobbe il danno da perdita del rapporto parentale nella misura minima prevista dalle tabelle di Milano all’epoca vigenti (165.000 euro per ciascuno dei genitori) considerata la “brevissima durata del rapporto parentale e la giovane età” dei genitori che gli aveva consentito di generare altri due figli (oltre a 24mila euro ai nonni, nulla ai fratellini in quanto all’epoca non concepiti).
Proposto appello dalla Azienda sanitaria e dalle Compagnie di assicurazione, la Corte di appello di Napoli ha dimezzato il risarcimento, citando un precedente di legittimità ed affermando che “viene ad essere pregiudicata una relazione affettiva non già concreta, bensì potenziale”.
Per i ricorrenti però questa tesi non tiene conto della rilevanza della relazione con il feto, “ossia del fatto che anche con il feto si instaura una relazione parentale vera e propria, e che dunque la sua perdita è fonte di pregiudizi non patrimoniali al pari della perdita di un neonato o di un congiunto”.
Le motivazioni della Suprema corte
Il ragionamento viene fatto proprio dalla Suprema corte secondo la quale può oggi definirsi massima di comune esperienza, grazie all’insegnamento di molte scienze umane, quella secondo cui, di norma, il “rapporto genitoriale viene ad esistere già durante la vita prenatale, per consolidarsi progressivamente nel corso della stessa, a prescindere dal fatto che il feto sia successivamente venuto alla luce”. Infatti, prosegue la decisione, “già durante la gravidanza il genitore comincia a viversi come tale, instaurando una relazione affettiva (oltre che strettamente biologica, da parte della madre) con il concepito, adeguando alla nuova situazione, al tempo stesso attuale e in fieri, la propria dimensione di vita”.
“Ove l’illecito abbia causato la morte del feto – afferma la Corte -, quella che si produce - in capo ai genitori - è, dunque, lesione di un rapporto familiare (non solo potenziale, bensì) già in essere”.
Da qui l’enunciazione di tre principi di diritto in tema di responsabilità sanitaria. Con il primo la Cassazione chiarisce che «il danno da perdita del feto imputabile ad omissioni e ritardi dei medici è morfologicamente assimilabile al danno da perdita del rapporto parentale, che rileva tanto nella sua dimensione di sofferenza interiore patita sul piano morale soggettivo, quanto nella sua attitudine a riflettersi sugli aspetti dinamico-relazionali della vita quotidiana dei genitori e degli altri eventuali soggetti aventi diritto al risarcimento del danno».
Con il secondo afferma che «la perdita del frutto del concepimento prima della sua venuta in vita, imputabile a omissioni e ritardi dei medici, determina la risarcibilità del danno da perdita del rapporto parentale, che si manifesta prevalentemente in termini di intensa sofferenza interiore tanto del padre, quanto (e soprattutto) della madre».
Infine, in tema di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, il terzo principio afferma che «il giudice di merito è tenuto ad applicare le tabelle milanesi, utilizzandone i singoli parametri alla luce dei principi in tema di morfologia del danno da perdita del frutto del concepimento, tenuto conto di tutte le circostanze di fatto portate al suo esame, procedendo altresì, tutte le volte in cui sia possibile, all’interrogatorio libero delle parti ex art. 117 c.p.c.».