Civile

Niente rinuncia tacita se il convenuto solleva una diversa causa di estinzione del diritto azionato dall'attore

Questo il principio ribadito dalla Sezione II della Cassazione con l' ordinanza 21 marzo 2022 n. 9134

di Mario Finocchiaro

Poiché la rinuncia tacita alla prescrizione, a norma dell'articolo 2937 Cc, deve risultare da un comportamento del tutto incompatibile con la volontà di opporre la causa estintiva del diritto altrui e, cioè, non altrimenti interpretabile se non nel senso di considerare tuttora esistente e azionabile quel diritto che era, invece, estinto, non può configurarsi rinuncia tacita nel caso in cui il convenuto sollevi, in principalità, una diversa causa di estinzione del diritto azionato dall'attore. Questo il principio ribadito dalla Sezione II della Cassazione con l' ordinanza 21 marzo 2022 n. 9134.

I precendenti
Conforme a costante giurisprudenza.
Sempre nello stesso ordine di idee della pronunzia in rassegna, in particolare, si è affermato, tra l'altro:
- una rinuncia tacita alla prescrizione non si configura quando il debitore, pur insistendo nell'eccezione di prescrizione, ponga in essere una difesa nel merito, Cassazione, sentenza 14 settembre 1992, n. 10480.
- la rinuncia tacita a far valere la prescrizione presuppone un comportamento processuale in cui sia necessariamente insita la univoca volontà di non sollevare la relativa eccezione; pertanto, se la parte si difende nel giudizio di primo grado sul merito della causa senza eccepire preliminarmente la prescrizione, non per questo tale condotta assume la valenza di un comportamento univoco, incompatibile con la volontà di sollevare tale eccezione, la quale, oltretutto, nella vigenza del testo originario dell'articolo 345 Cpc - applicabile alla fattispecie ratione temporis - poteva essere dedotta per la prima volta anche in appello, Cassazione, 4 gennaio 2011, n. 99;
- la prescrizione triennale del diritto del lavoratore alle prestazioni previdenziali, prevista dall'articolo 112 Dpr 30 giugno 1965, n. 1124, può formare oggetto di rinunzia tacita da parte dell'Inail, per effetto di un comportamento inequivocamente incompatibile con la volontà di avvalersi della prescrizione già maturata; pertanto, poiché è sempre necessario al riguardo un comportamento dell'istituto assicuratore di riconoscimento di un presupposto di fatto del diritto in modo inequivoco, in nessun modo può costituire rinuncia tacita ad avvalersi della prescrizione la doverosa trattazione istituzionale della patologia e la reiezione della domanda nel merito, anziché per prescrizione, Cassazione, 12 dicembre 2005, n. 27323. (Sempre in margine alla prescrizione triennale del diritto del lavoratore alle prestazioni previdenziali, prevista dall'articolo 112 Dpr 30 giugno 1965, n. 1124, peraltro, Cassazione, sentenza 3 febbraio 2004, n. 1976, ha cassato la decisione di merito che, con riguardo alla domanda di un lavoratore diretta al riconoscimento della esistenza di postumi di carattere permanente derivatigli da una patologia contratta per causa di lavoro, non aveva valutato, ai fini della sua efficacia per la configurabilità di una rinuncia tacita ai sensi dell'articolo 2937 Cc, la circostanza dell'avvenuta liquidazione da parte dell'Inail della indennità temporanea successivamente al decorso del termine prescrizionale);
- non può configurarsi rinuncia tacita nel caso in cui il debitore abbia accettato di discutere nel merito le pretese avanzate dalla controparte, giacché il debitore potrebbe avere interesse in un primo tempo a contestare l'esistenza dell'obbligazione, riservandosi di eccepire successivamente, se necessario, l'intervenuta prescrizione. Cassazione, sentenza 3 giugno 2000, n. 7447.

Rinuncia tacita alla prescrizione
Tra le altre, nel senso che la rinuncia tacita alla prescrizione si verifica solo allorquando il comportamento del debitore risulti del tutto incompatibile con la volontà di avvalersi della causa estintiva del diritto altrui, senza la possibilità di una diversa interpretazione, Cassazione, sentenza 29 novembre 2012, n. 21248, in Foro it., 2013, I, c. 911, che - non diversamente rispetto alla pronunzia ora in rassegna - ha escluso che possa qualificarsi come rinuncia alla prescrizione il rifiuto, opposto da un assicuratore privato, di pagamento dell'indennizzo per motivi diversi dal decorso del termine di prescrizione, nonché sentenza 15 maggio 2012, n. 7527, in Nuova giur. civ. commentata, 2012, I, p. 972 (con nota di Nicolini M., Pagamento parziale e rinuncia tacita nella prescrizione presuntiva), secondo la quale non può avvalersi della eccezione di rinuncia tacita alla prescrizione il debitore che sostenga di aver estinto l'obbligazione mediante il pagamento di una somma minore di quella domandata, poiché in tal modo egli nega parzialmente l'originaria esistenza del credito. (In quest'ultimo senso, altresì, Cassazione, 7 aprile 2005, n. 7277, ivi, 2006, I, p. 402 (con nota di Rizzieri A., Pagamento parziale e prescrizione presuntiva) per la quale, tuttavia tale comportamento processuale, incompatibile con l'eccezione di prescrizione presuntiva, restando interno all'eccezione in questione, non impedisce al debitore di sostenere altre eventuali eccezioni o di contestare sotto diversi profili l'obbligazione controversa e, in particolare, la misura di essa).

Quando ricorre e quando non ricorre
Sempre al riguardo, con riferimento a casi di specie si è affermato:
- in tema di imposta sulle successioni, la presentazione, da parte del contribuente, della denuncia di successione, quando ormai è prescritto il credito del fisco, costituisce, ove non sia sollevata eccezione di prescrizione, comportamento obbiettivamente incompatibile con la volontà di avvalersi della causa estintiva della pretesa fiscale, derivandone l'inequivoca volontà di rinunziare alla prescrizione già maturata e di considerare come tuttora esistente ed azionabile quel diritto che si era, invece, estinto, Cassazione, sentenza 6 dicembre 2016, n. 24927; resa in una fattispecie nella quale, da un lato, il dies a quo per il computo della prescrizione è stato individuato nella data di presentazione di dichiarazione di revoca della rinuncia all'eredità e, dall'altro, la successiva denuncia di successione è stata considerata tacita rinuncia alla prescrizione;
- correttamente il giudice del merito esclude che la dichiarazione di disponibilità all'acquisto di un immobile, fatta dopo il decorso del termine per usucapire, possa configurarsi come rinuncia all'usucapione, potendosi da essa desumere anche soltanto una volontà del possessore di regolarizzare la propria posizione e di eliminare il contenzioso in atto, pur senza perdere il diritto ormai acquisito, Cassazione, sentenza 31 agosto 2015, n. 17321;
- la rinunzia alla prescrizione è un atto negoziale che implica la volontà di dismettere definitivamente il proprio diritto alla liberazione di un obbligo; ne consegue che la mera dichiarazione del proprietario del fondo servente, resa al momento dell'acquisto del bene, avente ad oggetto la conoscenza dell'esistenza della servitù (nella specie di lume di grotta) non vale ad integrare rinunzia tacita ad avvalersi della prescrizione del diritto stesso, Cassazione, sentenza 1°agosto 2013, n. 18425;
- non sussiste una rinuncia tacita alla prescrizione del diritto del chiamato ad accettare l'eredità nella proposizione dell'eccezione di usucapione di un bene ereditario da parte dell'acquirente del medesimo bene, Cassazione, sentenza 21 marzo 2011, n. 6397;
- non configura una rinuncia tacita alla prescrizione il comportamento del debitore che promuove giudizio per la risoluzione del contratto dal quale il diritto trae origine, Cassazione, sentenza 22 ottobre 2010, n. 21798;
- non ricorre rinuncia tacita alla prescrizione, nel caso in cui il debitore abbia richiesto alla controparte di fornire informazioni sull'entità delle pretese creditorie vantate, ma soltanto dopo aver già espresso la volontà di far valere in giudizio la causa estintiva del medesimo diritto di credito in precedenza maturata, Cassazione, 2 aprile 2007, n. 8217;
- sussiste la rinuncia ad eccepire la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da occupazione appropriativa da contegni di organi comunali, integrati da informative scritte del sindaco ai proprietari, volte a rispondere «alle giuste aspettative dei proprietari dalle pratiche giacenti da anni afferenti agli espropri di terreni», Cassazione, 20 dicembre 2005, n. 28524.

Il caso delle imposte di successione
Nel senso che in tema di imposta sulle successioni, la presentazione, da parte del contribuente, di una denuncia integrativa e rettificativa della precedente, in relazione all'epoca di presentazione della quale sia ormai prescritto il credito del fisco, costituisce, qualora non venga sollevata l'eccezione di prescrizione, comportamento univocamente qualificabile come obbiettivamente incompatibile con la volontà di volersi avvalere della causa estintiva della pretesa fiscale; ciò in quanto, in base all'articolo 2937 Cc, affinché possa sussistere una rinuncia tacita alla prescrizione, è necessaria una incompatibilità assoluta fra il comportamento del debitore e la volontà dello stesso di avvalersi della causa estintiva del diritto altrui, occorrendo che nel detto comportamento sia necessariamente insita, senza alcuna possibilità di diversa interpretazione, l'inequivoca volontà di rinunziare alla prescrizione già maturata e di considerare come tuttora esistente ed azionabile quel diritto che si era, invece, estinto; al fine di stabilire se un determinato comportamento del debitore integri rinuncia tacita per l'incompatibilità con la relativa eccezione, deve farsi riferimento all'obbiettiva consistenza di esso ed alle circostanze nelle quali è stato posto in essere, restando irrilevante l'eventuale ignoranza in ordine alla maturazione del termine prescrizionale; Cassazione, sentenza 14 marzo 2007, n. 5966 (fattispecie di successione apertasi nel 1971 e di denuncia di successione presentata nel medesimo anno, nel vigore dell'articolo 86, 3º comma, regio decreto 30 dicembre 1923 n. 3270, prevedente un termine di prescrizione di tre anni dalla denuncia, e perciò spirato nel 1974, molti anni prima della presentazione della denuncia integrativa, risalente al 1985, cui seguiva, nel 1986, la notificazione dell'avviso di liquidazione dell'imposta, avverso il quale il contribuente proponeva ricorso, eccependo, solo allora, la prescrizione della pretesa fiscale ex art. 86 regio decreto n. 3270 del 1923).

I crediti di lavoro
Nel senso che in tema di crediti di lavoro, aventi causa in un rapporto di pubblico impiego, la possibilità di rinuncia (espressa o tacita) alla prescrizione contemplata dall'articolo 2937 Cc è preclusa, per l'amministrazione, dall'articolo 3 regio decreto legge 19 gennaio 1939 n. 295, conv. dalla legge 2 giugno 1939 n. 739, (a norma del quale ove risulti effettuato il pagamento di somma prescritta «l'amministrazione per conseguire il rimborso può trattenere il pagamento delle rate successive») e prima ancora dai principi di contabilità pubblica che escludono tale potere dispositivo, non derogabili per effetto della privatizzazione del pubblico impiego; ne consegue che, una volta maturato il termine di prescrizione, l'amministrazione ha l'obbligo di farla valere senza che sussista alcuna discrezionalità di avvalersi o meno della stessa, Cons. Stato, sez. V, sentenza 18 gennaio 2011, n. 303, in Finanza locale, 2013, fasc. 1, p. 87 nonché Cons. Stato, sez. V, sentenza 23 gennaio 2008, n. 157, in Ragiusan, 2008, fasc. 295, p. 364

Il risarcimento del danno
In tema di estinzione del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito - si è affermato in diverse occasioni - le trattative per comporre bonariamente la vertenza, le proposte, le concessioni e le rinunce fatte dalle parti a scopo transattivo, se non raggiungono l'effetto desiderato, non avendo come proprio presupposto l'ammissione totale o parziale della pretesa avversaria e non rappresentando, quindi, riconoscimento del diritto altrui, ai sensi dell'articolo 2944 Cc, non hanno efficacia interruttiva della prescrizione, nel possono importare rinuncia tacita a far valere la prescrizione stessa, perché non costituiscono fatti incompatibili in maniera assoluta con la volontà di avvalersi della causa estintiva del diritto altrui, come richiesto dal disposto dell'articolo 2937, comma 3, Cc, Cassazione, sentenza 6 marzo 2008, n. 6034, che ha escluso che la visita medica disposta in via cautelativa dalla compagnia di assicurazione in favore del danneggiato integrasse un riconoscimento dell'altrui diritto al risarcimento). (Nello stesso ordine di idee, altresì, Cassazione, sentenza 19 dicembre 2006, n. 27169, che ha confermato la sentenza impugnata rilevandone l'adeguatezza della motivazione con cui era stato escluso che sia nell'invito alla parte a sottoporsi a visita medica, sia nelle successive trattative per la determinazione del danno si fosse potuta riscontrare la ricognizione della pretesa risarcitoria dedotta dalla parte ricorrente).

Altri precedenti
Sempre con riferimento alla questione specifica si è precisato, altresì:
- le trattative per comporre bonariamente la vertenza, non avendo quale precipuo presupposto l'ammissione totale o parziale della pretesa avversaria, e non rappresentando, quindi, riconoscimento del diritto altrui ai sensi dell'articolo 2944 Cc, non hanno efficacia interruttiva, né possono importare rinuncia tacita a far valere la prescrizione medesima, perché non costituiscono fatti incompatibili in maniera assoluta - senza, cioè, possibilità alcuna di diversa interpretazione - con la volontà di avvalersi della causa estintiva dell'altrui diritto, come richiesto dall'articolo 2937, comma 3, Cc, a meno che dal comportamento di una delle parti non risulti il riconoscimento del contrapposto diritto di credito, e si accerti che la transazione è mancata solo per questioni attinenti alla liquidazione del credito e non anche all'esistenza di tale diritto, Cassazione, sentenze, 8 marzo 2007, n. 5327, in Arch. circ. ass. e resp., 2007, p. 1042, resa in una fattispecie in cui la ricorrente aveva lamentato che la corte di merito avesse dichiarato prescritta la sua domanda di risarcimento per i danni patiti a causa di un investimento stradale in quanto, nel periodo di corrispondenza telefonica ed epistolare, vi erano state trattative per addivenire ad un accordo amichevole sulla liquidazione del danno: sulla base dell'enunciato principio la suprema corte ha confermato la sentenza impugnata; 13 novembre 2003, n. 17134, secondo trova applicazione l'art. 2937, comma 3, Cc qualora dal comportamento di una delle parti risulti il riconoscimento del contrapposto diritto di credito e si accerti che la transazione è mancata solo per questioni attinenti alla liquidazione del credito e non anche all'esistenza di tale diritto;
In termini generali:
- colui che intenda avvalersi della rinunzia tacita alla prescrizione, deve dimostrare non solo che tale rinunzia vi sia stata, ma anche che la stessa sia stata manifestata, sia pure implicitamente, da soggetto abilitato ad esplicitarla, Cassazione, sentenza 19 febbraio 2019, n. 4021;
- il compito di stabilire se un determinato comportamento possa costituire rinunzia tacita alla prescrizione è riservato al giudice del merito ed il relativo apprezzamento, essendo fondato su indagini e valutazioni di mero fatto, è incensurabile in sede di legittimità, sempre che sia congruamente e correttamente motivato, Cassazione, sentenze 20 dicembre 2005, n. 28254, che ha desunto la rinuncia ad eccepire la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da occupazione appropriativa da contegni di organi comunali, integrati da informative scritte del sindaco ai proprietari, volte a rispondere «alle giuste aspettative dei proprietari dalle pratiche giacenti da anni afferenti agli espropri di terreni»; 22 ottobre 2002, n. 14909 e 15 luglio 2002, n. 10235, in Giustizia civile, 2003, I, p. 1597, resa in una fattispecie nella quale il giudice di merito, con la sentenza confermata dalla suprema corte, aveva ravvisato gli estremi della rinuncia tacita ad avvalersi della prescrizione già maturata in relazione ai diritti derivanti da una promessa unilaterale di vendita, nella scrittura privata con la quale il promittente venditore, confermato in ogni sua parte il precedente impegno, si era obbligato a sottoscrivere il rogito entro un dato termine;
- il creditore che, per paralizzare l'eccezione di prescrizione del suo diritto, eccepisca a sua volta l'esistenza, da parte del debitore, di una rinuncia tacita alla prescrizione stessa, deve dimostrare non solo il compimento di fatti esplicitanti una volontà incompatibile con quella di avvalersi della prescrizione, ma anche che i fatti medesimi siano stati posti in essere dal soggetto in cui favore la prescrizione sia maturata, e cioè dal soggetto che ha acquisito il diritto a farla valere e, quindi, anche a rinunciare ad essa; ne consegue che, ove la prescrizione sia maturata in favore di un ente pubblico che l'abbia ritualmente eccepita, il creditore che, a sua volta, ne controeccepisca la rinuncia deve provare anche che il comportamento esplicitante la volontà abdicativa sia stato posto in essere dal soggetto che, secondo la normativa vigente al momento di tale comportamento, era legittimato a disporre del diritto ad eccepire la prescrizione ovvero a rinunciarvi, Cassazione, sentenza 19 maggio 2014, n. 10955, che ha ritenuto non configurabile la rinuncia tacita ad avvalersi della prescrizione da parte di un comune, atteso che l'avvio, su istanza degli interessati, della complessa procedura per determinare il prezzo di retrocessione a termine ormai decorso non era frutto dell'iniziativa del consiglio comunale, unico organo legittimato, ma della commissione stime.

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