Rapporto di conto corrente, sì alla ricostruzione parziale in giudizio
La decisione è possibile nei limiti della ricostruzione
La mancata presentazione in giudizio di alcuni estratti conto del correntista che chiede la ripetizione dell’indebito non impedisce di ricostruire il rapporto di conto corrente anche solo parzialmente ed essere ugualmente oggetto di decisione nei limiti in cui, appunto, può avvenire la sua ricostruzione. Lo ha chiarito la Corte d’appello di Ancona (presidente Marcelli, estensore Giungi) con sentenza del 19 gennaio 2021.
Il fatto
La decisione trae origine dal giudizio di appello in cui una banca impugna la decisione con la quale in primo grado è stata accolta la domanda di ripetizione dell’indebito proposta nei suoi confronti da una società.
La società si costituisce nel giudizio di appello per chiedere la conferma della decisione.
Nel frattempo, i giudici di secondo grado respingono l’istanza della banca appellante volta a ottenere la sospensione dell’efficacia esecutiva della decisione impugnata. Nel suo atto d’appello, la banca contesta la decisione del tribunale perché sarebbe stata assunta in violazione dei principi generali regolatori dell’onere probatorio, dato che la società attrice avrebbe omesso di produrre - come era suo onere, avendo agito in ripetizione dell’indebito - per i due contratti di conto corrente in contestazione gran parte degli estratti di conto corrente, mentre avrebbe documentato soltanto una parte degli estratti e riassunti scalari, peraltro non consecutivi.
Secondo la banca, ciò avrebbe dovuto portare il tribunale a respingere integralmente la domanda della società. Inoltre, la banca critica la sentenza di primo grado per aver ritenuto ingiustamente nulla la pattuizione originaria relativa alla misura degli interessi passivi applicabili ai rapporti di conto corrente in questione.
La decisione
Per la Corte d'Appello, non sono condivisibili le contestazioni della banca appellante sulla validità, al fine della ricostruzione del rapporto, degli estratti e riassunti scalari, dal momento che, al contrario, la documentazione è, comunque, in grado di dare conto degli addebiti e degli accrediti complessivi operati sul conto.
Il tribunale, così come riconosciuto anche da una pacifica giurisprudenza di legittimità, ha correttamente affermato che le lacune probatorie non possono che essere considerate a discapito degli interessi della parte attrice in ripetizione. Non vi è, però, dubbio che lo svolgimento del rapporto di conto corrente possa essere anche solo parzialmente ricostruito ed essere ugualmente oggetto di decisione nei limiti in cui è effettivamente ricostruito (si veda Cassazione 11543/2019).
Peraltro, dall’esame della Ctu si ricava, innanzitutto, che le lacune temporali non sono affatto considerate dal consulente nella ricostruzione dei rapporti di conto corrente in esame, che, pertanto, risultano (correttamente) riconteggiati solo in riferimento ai periodi documentati.
In termini generali, si deve considerare che, laddove il correntista - pur attore in ripetizione e, in tale veste, onerato della prova - abbia dimostrato sia le ragioni di nullità delle clausole pattizie applicate al conto corrente che la presenza (seppure non per l’intero periodo di durata del rapporto) di importi debitori a lui addebitati dalla banca, è poi onere di quest’ultima, nel caso voglia contestare la specifica riferibilità di tali addebiti all’operatività delle clausole dichiarate nulle, quello di provare specificamente sul punto la propria eccezione.
La Corte d’appello rileva come nulla di tutto questo, in realtà, sia stato fatto dalla banca appellante, che si è limitata ad affermare la carenza della documentazione agli atti ai fini della ricostruzione del rapporto.