Civile

Stop all’installazione dell’ascensore se lede i diritti di un condomino

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di Augusto Cirla

L’installazione dell’ascensore in un condominio che ne era sprovvisto è vista con favore perché consente di eliminare le barriere architettoniche e di migliorare quindi l’accessibilità dell’edificio. Ma ci sono comunque alcuni aspetti a cui occorre fare attenzione per evitare contestazioni e divieti.

La delibera assembleare
L’installazione dell’ascensore in un condominio può essere richiesta da un singolo condomino, da un gruppo di condomini oppure dall’intero condominio.

È un’innovazione, quindi la delibera dovrebbe essere assunta in assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno due terzi del valore millesimale dell’edificio (articolo 1136, comma 5, del Codice civile). Ma si tratta anche di un’innovazione che permette di eliminare una barriera architettonica, intesa come un qualunque elemento costruttivo che impedisce o limita gli spostamenti o la fruizione di servizi a persone con limitata capacità motoria o sensoriale: si deve quindi considerare indispensabile per permettere l’accessibilità dell’edificio e la reale abitabilità degli appartamenti.

Tale principio è stato recepito, oltre che dalla giurisprudenza, anche dalla legge 220/2012, che, modificando l’articolo 1120 del Codice civile, ha disposto che le innovazioni dirette a eliminare le barriere architettoniche, tra cui appunto l’installazione dell’ascensore, possono essere deliberate con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea portatori di almeno la metà del valore millesimale (Cassazione, ordinanza 20713/2017).

Ma l’installazione dell’ascensore è favorita al punto che, se nella riunione assembleare non si raggiunga la maggioranza prevista dalla legge, ciascun condomino può procedervi direttamente, in base al diritto che gli deriva dall’articolo 1102 del Codice civile in tema di uso particolare del bene comune, senza che siano necessari ulteriori pronunciamenti (Cassazione, ordinanza 31462/2018).

Se l’ascensore viene installato con il consenso unanime di tutti i condomini, l’impianto è di proprietà comune di tutti in proporzione dei rispettivi millesimi e la ripartizione delle spese è regolata dai criteri stabiliti dall’articolo 1123 del Codice civile .

Chi non intende contribuire all’acquisto del nuovo ascensore (così come i suoi eredi o aventi causa) può sempre partecipare in futuro, versando una quota che deve tenere conto del costo dell’installazione iniziale e delle spese nel frattempo sostenute per la conservazione dell’impianto.

Diritti individuali salvaguardati
L’installazione dell’ascensore è ritenuta una innovazione utile, ma è consentita solo se non arreca pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, se non altera il decoro architettonico o se non rende alcune parti dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino. Il concetto di inservibilità della cosa comune non può consistere nel semplice disagio subito rispetto al suo normale utilizzo, ma è costituito dalla sua concreta inutilizzabilità secondo la sua naturale fruibilità. La valutazione è senza dubbio più severa nel caso in cui l’ascensore sia installato all’interno dell’edificio, dove il sacrificio che subiscono le dimensioni delle scale o dell’atrio è certamente più sentito: ciò non esclude però l’insorgere di problemi anche quando l’impianto viene posizionato all’esterno, dato che restano identici i presupposti per ritenere legittima l’opera.

Se dunque l’installazione comporta il sacrificio dei diritti individuali anche di un solo condomino costituisce innovazione vietata e la delibera che l’ha decisa è affetta da nullità. Di conseguenza, l’impugnazione della delibera non è neppure soggetta al termine di decadenza e non ha rilievo che lo stesso condomino impugnante abbia espresso voto favorevole (Tribunale di Milano, pronuncia 6073 del 21 giugno 2019). Esiste in ogni caso un «principio di solidarietà condominiale» che ha un peso nelle decisioni che i condomini devono assumere quando nell’edificio vivono o transitano persone disabili o semplicemente anziane (Tribunale di Belluno, pronuncia 28 del 10 gennaio 2019).

Le indicazioni della giurisprudenza

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