Civile

Concordato preventivo e conversione in SFP di finanziamenti postergati del socio

Sul punto è di recente intervenuta l'inedita risposta ad Interpello n. 902-15/2020, resa dalla Direzione Regionale della Valle d'Aosta, che contiene interessanti spunti ricostruttivi e sulla quale vale la pena spendere alcune riflessioni (perlomeno, in base a quanto evincibile dalla risposta).

di Emanuele Artuso e Inge Bisinella*


1. Premessa.

Nella pratica professionale coinvolgente le procedure concorsuali, sempre più di frequente si assiste ad operazioni di "riconversione" del debito in forme di partecipazione al capitale (latamente intese), al fine di "alleggerire" la posizione debitoria del soggetto in crisi.
In tale prospettiva, uno dei profili di maggior criticità è costituito dalle conseguenze fiscali che si producono ad esito delle operazioni in esame.

Sul punto è di recente intervenuta l'inedita risposta ad Interpello n. 902-15/2020, resa dalla Direzione Regionale della Valle d'Aosta, che contiene interessanti spunti ricostruttivi e sulla quale vale la pena spendere alcune riflessioni (perlomeno, in base a quanto evincibile dalla risposta).

2. Il caso.

Il socio vantava un credito per finanziamento di rilevante entità. Al fine di "rafforzare" il patrimonio del soggetto in crisi, si procedeva a deliberare la conversione delle predette partite in apporto patrimoniale, a fronte della sottoscrizione di apposito strumento finanziario partecipativo (SFP). Vale osservare come l'emissione del predetto strumento fosse condizionata all'omologazione del concordato preventivo ai sensi dell'art. 180 della L.F. (si badi: alla mera omologazione, non già alla definitività della stessa).
Ora, dal punto di vista fiscale, il trattamento della conversione del credito postergato in SFP non pare di chiara portata: infatti, oltre ad una formulazione letterale dell'art. 88 Tuir tutt'altro che piana, sussiste allo stato una condizione di incertezza interpretativa, dovuta al fatto che non risultano particolari approdi esegetici che affrontino in modo compiuto e sistematico la fattispecie rappresentata.
Per tentare di fornire un inquadramento, è utile procedere per gradi, così seguendo l'approccio che – alla luce della risposta positiva all'interpello – evidentemente è stato abbracciato anche dall'Amministrazione finanziaria.
Giova sin da ora evidenziare che la "leva fiscale" nella fattispecie in esame è tutt'altro che trascurabile, in quanto solo il conseguimento di una qualche (più o meno "robusta") forma di detassazione dell'operazione di conversione potrà contribuire alla sua appetibilità, a maggior ragione in un quadro di tendenziale carenza di liquidità come può essere quello della procedura concorsuale.

3. I dubbi tributari…in pillole.

Ora, come prima abbozzato, il trattamento fiscale della conversione del credito postergato in SFP è assai dubbio: ciò, sia a causa dell'ambigua formulazione letterale dell'art. 88, sia della già accennata incertezza esegetica.
Riducendo all'osso la questione sotto la lente del Tuir, si pongono una serie di quesiti "a cascata", di cui la domanda nodale è se la conversione dei crediti negli SFP rientri nell'alveo di applicazione dell'art. 88, comma 4-bis e, conseguentemente, determini l'applicazione del principio di detassazione limitata recato dall'art. 88, c. 4-ter con riguardo alle sopravvenienze attive conseguenti alla riduzione dei debiti dell'impresa in sede di concordato. In caso di risposta positiva, va compresa la determinazione della sopravvenienza attiva avente rilievo reddituale. In caso di risposta negativa, va indagato se risulta applicabile il regime di totale detassazione di cui all'art. 88, c. 4, secondo il quale non si considerano sopravvenienze attive gli apporti effettuati dai possessori di strumenti similari alle azioni.

4. L'art. 88, commi 4-bis e 4-ter, del Tuir: breve analisi delle disposizioni.

La questione nevralgica da chiarire è se la conversione in SFP del credito postergato rientra nell'alveo applicativo del comma 4-bis, ultimo paragrafo, dell'art. 88, nella parte in cui si prevede che "nei casi di operazioni di conversione del credito in partecipazioni si applicano le disposizioni dei periodi precedenti e il valore fiscale delle medesime partecipazioni viene assunto in un importo parti al valore fiscale del credito oggetto di conversione, al netto delle perdite sui crediti eventualmente deducibili per il creditore per effetto della conversione stessa".
La risoluzione di tale quesito impone la ricostruzione – avallata dall'Ufficio – che poggia su alcuni passaggi consequenziali e strettamente connessi, di seguito sintetizzati.

L'art. 88, c. 4-bis, primo periodo. In tale ottica, va preliminarmente osservato che il comma 4-bis, primo periodo, dell'art. 88 Tuir disciplina gli effetti impositivi in capo al debitore della rinuncia dei crediti effettuata dai soci. Il primo periodo qualifica sopravvenienza attiva imponibile in capo al debitore la rinuncia dei soci ai crediti "per la parte che eccede il relativo valore fiscale".

L'art. 88, c. 4-bis, secondo periodo. Proprio in ragione del collegamento con la posizione fiscale del socio/creditore, il secondo periodo richiede che il socio, con apposita dichiarazione sostitutiva di atto notorio, comunichi al soggetto partecipato tale valore, pena l'assunzione, in assenza di tale comunicazione, di un valore fiscale del credito pari a zero e la determinazione di una sopravvenienza attiva tassabile, in capo al soggetto partecipato, pari all'intero ammontare del credito.
Nella relazione illustrativa allo schema di d.lgs. n. 147/2015, che da ultimo ha modificato l'art. 88, viene rilevato che "il nuovo regime qualifica <fiscalmente> l'apporto la sola parte di rinuncia che corrisponde al valore fiscalmente riconosciuto del credito (..).. Nei limiti del valore fiscale del credito, il socio aumenta il costo della partecipazione e il soggetto partecipato rileva fiscalmente un apporto (non tassabile); l'eccedenza, invece, costituisce per il debitore partecipato una sopravvenienza imponibile. E ciò a prescindere dal relativo trattamento contabile, con la conseguenza che ciò può generare un fenomeno di tassazione da gestire con una variazione in aumento." La ratio della disposizione è quella di porre rimedio ad una asimmetria presente nell'egida del precedente regime per cui, alle deduzioni fiscali, di svalutazioni o di perdite su crediti, effettuate dal creditore originario o attuale (acquirente o meno il credito) non corrispondeva una equivalente tassazione, bensì la detassazione riservata agli atti di apporti di capitale o patrimonio a favore del soggetto partecipato.

Insomma, vi era una sorta di asistematica "doppia deduzione".

In ipotesi in cui la società partecipante abbia svalutato con rilevanza fiscale il credito, stante il ricorrere di oggettive condizioni di inesigibilità, o il creditore originario in regime di impresa abbia ceduto a sconto il credito poi oggetto di rinuncia, si genera una differenza tra valore nominale e valore fiscale del credito; questa, a propria volta, fa emergere una sopravvenienza tassabile in capo alla società partecipata che beneficia della rinuncia che, simmetricamente, va a compensare la deduzione fiscale della svalutazione o della perdita su crediti realizzata da altro soggetto.

L'art. 88, c. 4-bis, terzo periodo. Tale norma stabilisce poi che il medesimo trattamento previsto per la rinuncia del socio al credito si applica alle "operazioni di conversione del credito in partecipazioni" e che il valore fiscale delle medesime partecipazioni viene assunto in un importo pari al valore fiscale del credito oggetto di conversione.
Al riguardo, la relazione illustrativa al d.lgs. n. 147/2015 precisa che "Analogo trattamento viene previsto nei casi di operazioni di conversione del credito in partecipazioni, a prescindere dalla modalità seguita per il loro compimento (quindi, se realizzate sia mediante sottoscrizione dell'aumento di capitale con compensazione che mediante altre operazioni) e a prescindere dai regimi contabili adottati dai soggetti coinvolti. .. Va da sé che l'aver previsto l'incremento del costo della partecipazione del creditore di un importo limitato al valore fiscale del credito comporta che l'operazione di rinuncia o conversione per il creditore non dà luogo alla differenza rispetto al valore nominale."
Pertanto, la disposizione realizza la seguente, piena assimilazione a fini impositivi reddituali: conversione del credito in partecipazioni = rinuncia al credito; così, determinando in capo alla società debitrice che emette le partecipazioni l'emersione di una sopravvenienza tassabile, costituita dalla eventuale eccedenza del valore nominale del debito oggetto di conversione rispetto al valore fiscale del credito in capo al creditore, a nulla rilevando che lo stesso fosse già socio o che lo diventi per effetto dell'operazione di conversione.

L'art. 88, c. 4-ter. Tale disposizione reca il regime fiscale di limitata detassazione per le sopravvenienze derivanti da riduzioni dei debiti (ossia, la falcidia) dell'impresa nell'ambito di procedure di composizione della crisi d'impresa.

(i) Per i casi di concordato fallimentare e preventivo di tipo liquidatorio, la disposizione prevede la non imponibilità integrale e incondizionata della falcidia del debito, per cui la riduzione dei debiti effettuata in applicazione di tali procedure non costituisce sopravvenienza attiva imponibile per il suo complessivo ammontare (cfr. art. 88, c. 4-ter, primo periodo).

(ii) Di contro, nel caso dei concordati di risanamento – a cui è senza dubbio assimilabile il concordato in continuità aziendale ai sensi dell'art. 186-bis della legge fallimentare (in tal senso si è espressa l'Agenzia delle Entrate nella Risposta n. 85 del 26 novembre 2018) – è contemplato un regime di non imponibilità "relativa", in quanto le sopravvenienze attive da esdebitamento sono escluse da imposizione (solo) per la parte che eccede le perdite fiscali di periodo e pregresse (senza considerare il limite dell'ottanta per cento ed anche se apportate al consolidato qualora la società in crisi abbia optato per l'applicazione di tale regime di tassazione), la deduzione ACE di periodo e l'eccedenza eventualmente riportata, nonché gli interessi passivi di periodo e pregressi (cfr. art. 88, c. 4-ter, secondo periodo).
Per effetto poi del richiamo operato dall'ultimo periodo del comma 4-ter, le disposizioni di quest'ultimo paragrafo si applicano anche alle operazioni di cui al comma 4-bis; con ciò, estendendo il descritto regime agevolativo di detassazione limitata alle operazioni individuate nel comma 4-bis e precisamente (i) alla rinuncia al credito effettuato dal socio e (ii) alle operazioni di conversione del credito in partecipazioni.

La lettura coordinata dei commi 4-bis e 4-ter. La congiunta applicazione delle disposizioni contenute nei commi 4-bis (prima) e 4-ter (poi) dell'art. 88 Tuir, comporta che la sopravvenienza attiva de qua – derivante dalla conversione del credito in partecipazioni – va comunque inclusa nel computo delle sopravvenienze attive da falcidia nell'ambito delle procedure concorsuali destinate alla continuazione dell'attività imprenditoriale di cui all'art. 88, comma 4-ter, secondo periodo, del Tuir, e la stessa vada determinata ai sensi del comma 4-bis, quale differenza tra il valore nominale e il valore fiscale del credito.

5. Il dubbio interpretativo.

Fatto questo inquadramento generale, lo "snodo fondamentale" per il quale è stata presentata apposita istanza di interpello alla Direzione Regionale delle Entrate della Valle d'Aosta, è se la conversione in strumenti finanziari partecipativi del credito postergato sia equiparabile ad una operazione di conversione del credito in partecipazioni (di cui all'ultimo periodo del comma 4-bis dell'art. 88 del Tuir).
Il necessario inquadramento civilistico. Ad avviso di chi scrive, per meglio mettere a fuoco la portata fiscale della fattispecie, appare opportuno muovere dal piano giuridico/civilistico, osservando che l'art. 2346 c.c. riconosce la possibilità alle società per azioni di emettere titoli finanziari – c.d. "strumenti finanziari partecipativi" – di natura "ibrida", ossia contraddistinti da caratteristiche giuridiche ed economiche intermedie tra l'"azione" (capitale di rischio) e l'"obbligazione" (capitale di credito).
Al fine di inquadrare correttamente la natura dell'SFP, necessita una valutazione ad hoc delle singole fattispecie, mediante un approfondito esame dei diritti patrimoniali ed amministrativi previsti dagli specifici regolamenti, inquadrando la sostanza economica dello strumento, per qualificarlo come un'operazione di equity (con variazione del patrimonio netto) o di indebitamento (con appostazione del relativo importo tra le passività del bilancio).
In tale prospettiva, i parametri essenziali per una corretta distinzione tra risorse di terzi e capitale di proprietà sono sostanzialmente riconducibili a due fattori intimamente agganciati tra loro e rappresentati da:

(i) grado di certezza della restituzione delle somme trasferite in azienda; e, parallelamente,

(ii) livello di esposizione al rischio di impresa. L'emissione di uno strumento finanziario contraddistinto da una certezza restitutoria e remuneratoria inciderà sull'ambito del capitale di prestito; al contempo, un finanziamento i cui conseguenti flussi in uscita risultino eventuali e meramente aleatori – perché saldamente ancorati ai risultati aziendali e dunque al rischio di impresa – non potrà che interessare l'ambito del capitale di proprietà.

Non a caso, i maggiori interventi della prassi contabile ad oggi sviluppatisi sugli SFP hanno poggiato le proprie ponderazioni sui fattori sopra menzionati (grado di certezza della restituzione delle somme + esposizione al rischio di impresa), reputando che fosse la prevalenza di uno dei due parametri sull'altro a dover orientare il giudizio circa la natura dei tali strumenti (capitale di debito o capitale di proprietà) e la loro conseguente iscrizione nel bilancio delle società emittenti. Si parlerà dunque di strumenti finanziari partecipativi "di rischio" assimilabili, sotto il profilo fiscale, alle azioni, laddove la combinazione dei diritti patrimoniali ed amministrativi ad essi associati – appositamente demandata dal Legislatore all'autonomia negoziale delle parti coinvolte – risponde prevalentemente alle esigenze tipiche di una raccolta di capitale di proprietà e risulta, dunque, strutturata al fine di disporre di risorse finanziarie senza alcun obbligo giuridico di restituzione, con una eventuale remunerazione legata alla partecipazione agli utili e, in ogni caso, subordinata al soddisfacimento dei legittimi interessi dei creditori. All'opposto, si parlerà di strumenti finanziari partecipativi "di debito" similari, dal punto di vista fiscale, alle obbligazioni, in presenza di operazioni di finanziamento caratterizzate dall'obbligo giuridico di rimborso a favore dei possessori degli strumenti finanziari secondo tempi e modalità predefinite.

La questione fiscale.

Sul punto, va osservato che la littera legis dell'art. 88, c. 4-bis, ultimo periodo, parrebbe riferirsi specificamente alle conversioni di crediti in "partecipazioni" e non richiama invece la diversa (ma sostanzialmente assimilabile) figura degli strumenti finanziari similari alle azioni, quale è appunto l'SFP.
Vale notare che nelle varie disposizioni del Tuir la nozione di "partecipazioni" è distinta ed alternativa rispetto a quella di "strumento finanziario similare alle azioni" e mai la prima è impiegata in maniera generica, così da poter includere anche la seconda (ai fini esemplificativi si vedano gli artt. 44, 59, 67, 85, 87 del Tuir). Il dato parrebbe trovare ulteriore conferma nella circostanza che gli attuali commi 4, 4-bis e 4-ter sono stati introdotti dall'art. 13 del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 147. Nel comma 4, il Legislatore si è premurato di specificare che "Non si considerano sopravvenienze attive …. gli apporti effettuati dai possessori di strumenti similari alle azioni", relegando quindi la fattispecie della conversione dei crediti in SFP al solo comma 4.
Al contrario, l'opposta ricostruzione estensiva – cioè quella di ricomprendere nell'alveo del comma 4-bis ultimo periodo anche la fattispecie della conversione dei crediti in SFP – trova il suo fondamento in una interpretazione logico-sistematica della disposizione che valorizza la relativa finalità di introdurre un regime unitario e coerente della rinuncia al credito e delle fattispecie assimilate, quali appunto la conversione del credito in partecipazioni e strumenti similari. Ciò, a ben vedere, in aderenza sistematica anche con gli intendimenti legislativi che la Riforma del diritto societario del 2003 intendeva perseguire (appunto, tra le novità si ricorda anche l'introduzione degli SFP). Vi sarebbe così una razionalità legislativa "trasversale", idonea ad abbracciare in maniera armoniosa le varie branche del diritto.

Inoltre, l'approccio estensivo risulterebbe coerente con quanto disposto dall'art. 113 del Tuir in punto di partecipazioni acquisite dagli istituti di credito per il recupero dei crediti bancari: al riguardo, l'Agenzia delle Entrate nella circolare n. 42/2010 ha precisato che ai fini dell'art. 113 del Tuir (che tratta di "partecipazioni acquisite nell'ambito degli interventi finalizzati al recupero di crediti o derivanti dalla conversione in azioni di nuova emissioni di crediti verso imprese") gli strumenti finanziari partecipativi sono assimilabili, sotto il profilo fiscale, alle azioni, sempre che siano rappresentati da certificati o titoli, purché idonei alla circolazione presso il pubblico e che la loro remunerazione sia costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente.

Peraltro, in questa prospettiva, si segnala che l'Agenzia delle Entrate, seppure incidentalmente, nella risposta n. 85/2018 ha in conclusione evidenziato che il meccanismo di parziale detassazione previsto dal comma 4-ter - applicabile alle operazioni di cui al comma 4-bis in forza del rinvio contenuto nell'ultimo periodo dello stesso comma 4-ter - trova applicazione per i "componenti positivi di reddito che emergono a seguito della conversione di crediti in strumenti partecipativi".

6. Lo Strumento Finanziario Partecipativo dell'interpello in esame.

Tanto illustrato in via generale e ricognitiva, nel caso concreto dell'interpello n. 902-15/2020, Direzione Regionale della Valle d'Aosta, si evince che il regolamento dell'SFP prevedeva inter alia quanto segue:

- che lo SFP non costituisce titolo di credito, è privo di valore nominale e non può essere trasferito;

- che l'apporto viene effettuato senza diritto di rimborso e viene contabilizzato in un'apposita riserva indisponibile del patrimonio netto;

- che la titolarità dello SFP, fatti salvi i diritti patrimoniali all'uopo disciplinati, non attribuisce alcun diritto alla restituzione di quanto oggetto di apporto, né di quanto confluito nella apposita riserva, nemmeno nel contesto della liquidazione della Società;

- che fino alla data di estinzione dello SFP, lo stesso attribuisce al suo titolare pro tempore il diritto di partecipare, su base paritaria rispetto ai titolari di azioni ordinarie della Società, a: (a) la distribuzione degli utili di cui l'assemblea dei soci della Società abbia accertato l'esistenza e deliberato la distribuzione; (b) la distribuzione delle riserve da utili o comunque di natura distribuibile di cui l'assemblea dei soci della Società abbia deliberato la distribuzione; (c) il riparto del residuo attivo di liquidazione della Società, quale risultante al netto del pagamento di tutti i creditori della Società, nonché al pagamento delle spese relative alla procedura di liquidazione e al compenso dei liquidatori;

- che, in riferimento alle perdite, l'apposita riserva dovrà essere utilizzata per ultima, prima della riserva legale, nell'assorbimento delle perdite stesse;

- che nel caso di riduzione volontaria del capitale sociale della Società che sia attuata senza annullamento di azioni e mediante il rimborso del capitale ai soci, lo SFP attribuisce, inoltre, al suo titolare pro tempore il diritto di ricevere un importo in denaro pari all'importo che avrebbe dovuto essere distribuito al titolare;

- che al titolare spetta il diritto di opzione in caso di emissione, da parte della Società, di ulteriori SFP, nonché, se del caso, in conformità e nel rispetto di quanto deliberato dalla deliberazione assembleare di emissione, il diritto di sottoscrizione su azioni, obbligazioni convertibili o altri strumenti finanziari;

- che l'SFP ha durata pari a quella della Società.
Alla luce di tali disposizioni, in definitiva, l'SFP può essere equiparato a tutti gli effetti ad uno strumento di equity, ciò in quanto i diritti patrimoniali riconosciuti pongono il sottoscrittore di tali strumenti al pari di un azionista, e pertanto lo stesso di qualifica, dal punto di vista fiscale, come "titoli o strumenti finanziari similari alle azioni" ex art. 44, c. 2, del Tuir.

7. Conclusioni.

In considerazione di quanto precede, l'istante ha offerto (e la Direzione Regionale abbracciato) le seguenti ricostruzioni:


- gli SFP in esame recano caratteristiche del tutto analoghe a quelle delle partecipazioni, sotto il profilo sostanziale; è quindi ragionevole ascriverli a SFP assimilabili ad equity;

- pertanto, l'ultimo periodo del comma 4-bis dell'art. 88 del Tuir può trovare applicazione anche all'ipotesi di conversione di crediti in strumenti finanziari partecipativi, assimilabili ad equity;

- in considerazione di tale inclusione, ai fini della determinazione della sopravvenienza imponibile derivante dalla conversione del debito in SFP, trova applicazione il primo periodo del comma 4-bis dell'art. 88, del Tuir, di talché emerge una sopravvenienza attiva tassabile nei limiti della parte del valore nominale del debito che eccede il valore fiscalmente riconosciuto del credito oggetto di conversione in capo al creditore;

- nel caso in cui dall'applicazione del comma 4-bis emerga una sopravvenienza tassabile dalla conversione, questa va cumulata alle altre sopravvenienze da falcidia e va assoggettata alla disciplina del comma 4-ter dell'art. 88, del Tuir e per l'effetto al meccanismo di parziale detassazione ivi recato (scomputandovi le perdite pregresse e gli altri componenti negativi di reddito colà richiamati).

La ricostruzione, proposta dall'istante è stata pienamente accolta dall'Amministrazione finanziaria, che ha confermato l'applicabilità dell'ultimo periodo del comma 4-bis dell'art. 88 del Tuir all'ipotesi di conversione dei crediti in strumenti finanziari partecipativi.

Infatti, l'Amministrazione finanziaria ha osservato quanto segue: "lo strumento in oggetto presenta numerosi e concordi elementi riconducibili alla natura di equity. In particolare, la remunerazione degli SFP in questione appare esclusivamente collegata ai risultati economici della società come richiesto dall'articolo 44, comma 2, lettera a) del TUIR. Considerato, inoltre, che tali strumenti finanziari, come indicato nel Regolamento, rappresentano uno strumento di rischio, sono emessi senza obbligo di rimborso e conferiscono esclusivamente diritti patrimoniali specificamente indicati, si ritiene che gli SFP in esame possano essere assimilati alle azioni.
In conclusione, si concorda con la soluzione prospettata dalla società istante di ritenere applicabile l'ultimo periodo del comma 4-bis e 4-ter dell'art. 88 TUIR, subordinatamente alla omologazione del concordato preventivo
".

Di talché, l'eventuale sopravvenienza attiva derivante dalla conversione del credito in SFP, determinata quale differenza fra il valore nominale ed il valore fiscale del credito, va inclusa nel computo delle sopravvenienze attive da falcidia nell'ambito delle procedure concorsuali destinate alla continuazione dell'attività imprenditoriale di cui all'art. 88, comma 4-ter, secondo periodo, del Tuir.

Ad avviso di chi scrive, il caso qui trattato e la condivisibile impostazione dell'Amministrazione finanziaria potrebbero contribuire ad operare un primo squarcio al velo di fitte incertezze che obnubila una materia contrassegnata da farraginosità normativa e da una ancora (parzialmente) inesplorata ricostruzione interpretativa; per l'effetto, rappresentando un volano per l'utilizzo della conversione dei crediti in strumenti finanziari partecipativi nei procedimenti di ricomposizione delle crisi d'impresa.

* a cura di Emanuele Artuso e Inge Bisinella dottori commercialisti - studio Bogoni

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Articolo 88, commi 4-bis e 4-ter del TUIR di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 - Trattamento fiscale della sopravvenienza attiva da falcidia concordataria ALFA

Altri provvedimenti

Articolo 88 - Sopravvenienze attive [testo post riforma del 2004]

Decreto Presidente della Repubblica