Penale

Truffa, l'età senile della vittima è sempre da considerare come aggravante

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di Andrea Alberto Moramarco

Nelle ipotesi di truffa in casa ai danni di anziani, l'età senile delle vittime è sempre indicativa della condizione di minorata difesa delle stesse. La circostanza aggravante prevista dall'articolo 61 n. 5 del Cp richiede, infatti, ai fini della sua configurabilità, che vi sia una particolare vulnerabilità delle persone, della quale il reo possa trarre consapevolmente vantaggio. Ad affermarlo è la Corte d'appello di Trento con la sentenza 108/2017.

I fatti - Protagonista della vicenda è un uomo, incaricato della dimostrazione e vendita di apparecchi rilevatori di gas, il quale si era recato presso le abitazioni di due anziani convincendo questi ultimi, anche facendo leva sulla presunta obbligatorietà prevista dalla legge, all'acquisto e all'installazione di tali congegni. A seguito della denuncia di uno dei soggetti raggirati, l'uomo veniva tratto a giudizio per rispondere del delitto di truffa aggravata dalla minorata difesa delle vittime, nonché condannato in primo grado.
A questo punto, la difesa cercava di attenuare il trattamento sanzionatorio inflitto all'imputato contestando l'applicabilità nella fattispecie della circostanza aggravante di cui all'articolo 61 n. 5 del Cp. Il giudice di primo grado, infatti, aveva ritenuto sussistente l'aggravante sulla sola base dell'età di 68 anni della persona offesa, non tenendo conto «della sua lucidità al momento di riferire i fatti in dibattimento». Per la difesa, cioè, ciò che fa scattare l'aggravante non è l'età in sé considerata, bensì la scarsa lucidità o incapacità a orientarsi da parte della vittima, che nella fattispecie non sussisteva.

La decisione - La Corte d'appello, tuttavia, non condivide l'assunto difensivo ritenendo che, ai fini della configurabilità dell'aggravante in esame, l'anzianità della persona offesa è un aspetto determinante, senza il quale, probabilmente, lo stesso reato non sarebbe stato consumato. Per i giudici, infatti, la condotta dell'imputato «non avrebbe avuto le medesime capacità di riuscita con riguardo alla ipotetica percezione e reattività di una persona più giovane, considerato che è stata certamente agevolata dalla scarsa lucidità e dalla sostanziale incapacità di orientarsi da parte delle vittime nella comprensione degli avvenimenti secondo criteri di normalità». E, in particolare, la capacità delle stesse persone offese di riferire lucidamente la vicenda anche nel corso del dibattimento «non appare incompatibile con un deficitario approccio critico alla realtà al momento della consumazione del reato».

Corte d'appello di Trento – Sezione penale - Sentenza 22 maggio 2017 n. 108

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