Amministrativo

Gara Consip, Antitrust riveda sanzioni Kpmg, Deloitte, E&Y e Pwc

L'Autorità Antitrust dovrà limare le sanzioni comminate nell'ottobre 2017 alle “Big Four” – KPMG (7.6 mln), Deloitte & Touche (5.9mln), Ernst & Young (8.5 mln) e PricewaterhouseCoopers (1.5mln) - per un patto restrittivo della concorrenza in riferimento ad una procedura di gara Consip. Dopo il dispositivo di sentenza del 24 ottobre scorso (n. 10294/2018), il Tar del Lazio con una serie di sentenze datate 14 novembre (nn. 10996-11004), accogliendo in parte i ricorsi, ha fornito le motivazioni ed indicato i criteri da seguire. Per il Collegio il ricalcolo dovrà considerare che l'infrazione è definibile “grave”, quale operazione di “big ridding”, nella misura in cui era tesa alla ripartizione del mercato di riferimento (gara Consip “AdA”), ma non “segreta”, per cui può sì aggiungersi una percentuale sul “valore base” ma nella misura che il Collegio ritiene congruo fissare al 10% (non dunque al 30%). La consistenza soggettiva delle imprese sanzionate e la loro posizione di “leadership” nel settore, unita al valore economico della gara in esame comunque non indifferente, prosegue la decisione, comporta poi che l'AGCM possa applicare a scopo deterrente effettivo anche la cosiddetta “entry fee”, ma, per le stesse ragioni sopra evidenziate, nella percentuale minima del 15% (non dunque del 25%).
Per l'Authority l'intesa restrittiva aveva la finalità di condizionare gli esiti della procedura di gara bandita dalla Consip per l'aggiudicazione dei servizi di assistenza tecnica alle autorità di audit istituite presso le singole amministrazioni pubbliche titolari dei programmi di sviluppo cofinanziati dall'Ue per il periodo 2014-2020, attraverso l'eliminazione del reciproco confronto concorrenziale e la spartizione dei lotti.

Secondo il Tar, che ha sostanzialmente confermato l’impianto accusatorio, l'intesa non può però essere definita “segreta” considerato che le attività relative a una “pratica concordata” si svolgono “naturaliter” in modo non dichiarato, con contatti e riunioni tra le sole parti interessate. Ciò però non vuol dire che sia automaticamente integrato il requisito della “segretezza”, «perché, altrimenti, ogni pratica concordata, in quanto tale, data la estrema rarità della prova piena, quali testo dell'intesa, documentazione inequivoca, confessione dei protagonisti, sarebbe da definirsi “segreta”». Ma ciò entrerebbe in conflitto logico con l'impostazione delle “Linee Guida sulla modalità di applicazione dei criteri di quantificazione delle sanzioni AGCM”, che hanno individuato la “segretezza” quale elemento ulteriore dell'intesa al fine di applicare una maggiorazione percentuale sul valore (base) delle vendite. Devono dunque ricorrere circostanze «idonee a far ritenere la precisa e determinata volontà delle parti di occultare ogni contatto avvenuto per dare luogo all'intesa sanzionata». Ma l'AGCM non ha dimostrato incontri “clandestini” o riunioni in sedi non consone o ancora il rinvenimento di “cifrari” o appunti “a mano” occultati idonei a dimostrare un effettivo intento di “segretezza”, ma soltanto scambi di “e-mail” che «sono strumenti virtualmente “tracciabili” e difficilmente occultabili».

Inoltre, se è vero che non è necessario al fine di giudicare «anticoncorrenziale» una intesa valutarne gli effetti concreti sul mercato, tuttavia proprio l'analisi di tali effetti «ben può incidere sulla valutazione di gravità della intesa e, di conseguenza, sulla quantificazione della sanzione». Cosa non avvenuta nel caso in esame dove solo cinque dei nove lotti risultano aggiudicati alle “big four”, «a testimonianza di un disegno spartitorio solo in parte portato a conclusione» e comunque non reiterato. Infine, questa volta respingendo la domanda delle società, «la mera esistenza di un programma di “compliance” non può essere considerata di per sé una circostanza attenuante, in assenza della dimostrazione di un effettivo e concreto impegno al rispetto di quanto previsto nello stesso programma, secondo valutazione ampiamente discrezionale dell'AGCM».

Il Tar ha anche bocciato, con decisioni separate, la condanna in solido di KPMG con KPMG Advisory; Deloitte Consulting con Deloitte & Touche, Ernst & Young con Ernst&Young Financial Business Advisors; PricewaterhouseCoopers con PricewaterhouseCoopers Advisory. Secondo il tribunale l'AGCM ha applicato «troppo empiricamente il concetto di “unica entità economica” ai “network” presi in considerazione, ricorrendo, peraltro, non alla condanna “diretta” delle due società ma alla responsabilità solidale, istituto, questo, che il Collegio ritiene sussistente essenzialmente a fini di “garanzia” piuttosto che a fini di configurazione di una responsabilità per illecito “antitrust” di stampo “minore”, operando comunque la previsione sulla responsabilità personale di cui all'art. 6 l. n. 689/81».

Tar Lazio - Sentenze 14 novembre 2018 nn. 10996-11004

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