Professione e Mercato

Team multidisciplinari per le Dynasty di famiglia

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di Cristiano Dell’Oste e Valeria Uva

Il capitalismo familiare cerca consulenti per programmare il difficile momento del passaggio generazionale. Non solo Agnelli, Caprotti o Benetton: le Dinasty italiane sono innumerevoli; tante quante le decine di migliaia di aziende a carattere familiare sparse lungo la Penisola (oltre 11mila solo le big che vantano fatturati oltre i 20 milioni censite dall’associazione aziende familiari, Aidaf).

Il tema è diventato urgente, anche per una ragione anagrafica: una sue due di queste aziende è guidata da un imprenditore (spesso il fondatore) con più di sessant’anni (oltre i 70 per la metà di questi casi).

Ad assistere e strutturare questi imprenditori ci sono e ci saranno sempre più i professionisti (notai, commercialisti e avvocati soprattutto) che nel confronto quotidiano con la famiglia si muovono in anticipo. «Il professionista deve suonare per primo il campanello d’allarme quando gode della fiducia dell’imprenditore - spiega il notaio Carlo Marchetti del Consiglio notarile di Milano e professore di diritto comparato alla Statale - perdere tempo nel passaggio vuol dire perdere il mercato».

Le scelte da compiere

In primo luogo bisogna studiare la futura governance e decidere ad esempio se affidarsi a un erede (che va individuato, di solito tra i figli del fondatore) oppure puntare di più sulla manageralizzazione dell’impresa con l’innesto di figure esterne alla famiglia. Per il consulente questa è la fase piu delicata: «Serve un facilitatore che dall’esterno, raccogliendo fiducia e empatia dalla famiglia, sappia trovare le soluzioni mantenendo unità di intenti anche se sappiamo che non è facile » commenta Francesco Casoli, presidente Aidaf e subentrato lui stesso allla guida dell’azienda di famiglia (Gruppo Elica) con la scomparsa del padre. Un po’ di psicologia dunque aiuta: «Il professionista deve mediare tra due aspetti: i tecnicismi del diritto di famiglia e la materia, altrettanto complessa, emotiva e indecifrabile delle relazioni umane con tutto il carico di non detto» spiega Matteo Bonelli, partner di BonelliErede (e successore egli stesso) alla guida del Family companies focus team.

Una volta raggiunto l’equilibrio sulla governance vanno messi a punto gli strumenti, da tarare anche per gli aspetti fiscali. «Di solito all’imprenditore si prospettano le strade dell’usufrutto o della nuda proprietà» - precisa Massimo Giaconia, commercialista, partnere head of tax di Baker&McKenzie. Ma il vero nodo sono le scelte successorie, con i vincoli sulle quote di legittima considerati dagli stessi esperti molto rigidi. Per Marchetti, infatti, «ci sono eccessive protezioni del nucleo familiare, bisognerebbe ammodernare il diritto successorio». Il tutto reso più complicato da famiglie diventate più fluide e dinamiche.  Giaconia suggerisce di fare al più presto dei «gruzzoli di equità». «Ma - avverte - con la legittima anche chi si muove per tempo non è mai al riparo da impugnazioni ».

Proprio per le diverse sfaccettature del passaggio generazionale, tutti concordano sulla necessità di lavorare in team, mettendo insieme le competenze giuridiche, fiscali e contabili. La new entry degli ultimi anni è la specializzazione nel diritto del terzo settore, per assistere quegli imprenditori che scelgono di destinare parte del patrimonio a Onlus, nuove fondazioni e comunque a finalità socio-culturali.

La scelta dei consulenti

Due le strade più battute dalle famiglie. C’è chi sceglie l’esperienza e la rosa di competenze offerte dai grandi studi e chi si affida al professionista-amico sul territorio. Ma spesso le due strade sono già intrecciate. «Per ogni grande famiglia imprenditoriale c’è ormai un professionista, magari amico di vecchia data, o comunque di fiducia in ogni grande studio» conferma Bonelli.

Se la successione è affidata al consulente «locale» questi a sua volta può rivolgersi al grande studio, strutturando una consulenza diretta o indiretta da remunerare dopo un classico preventivo. Quel che è certo è che ogni passaggio generazionale è lungo (da due a 5 anni) e complesso. Con compensi proporzionati all’impegno. «Per le famiglie conta la qualità e il valore aggiunto - conferma Casoli - non sono certo queste le operazioni su cui risparmiare».

Il wealth planning

Più articolato è lo sguardo che al tema hanno dato i commercialisti. Il Consiglio nazionale ha messo a punto un documento sul wealth planning, ovvero la pianificazione di tutto il patrimonio. Perché, come spiega il consigliere Cndcec, Maurizio Grosso,  «il ruolo del commercialista è strategico: è l'unico consulente con una visione globale». «Conosce, infatti, i tre punti di riferimento dell’imprenditore: l’azienda, il patrimonio immobiliare e quello mobiliare».

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